Il procuratore del diavolo

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Ovviamente non ero stata sulla luna boscosa di Endor, e Chuck non aveva alcun diritto di arrabbiarsi visto che, mentre io attuavo un piano (che in effetti faceva acqua da tutte le parti) per salvarci le chiappe, lui se la stava beatamente cazzeggiando in ospedale con dell'ottima morfina.
La sensazione del freddo acciaio che mi premeva contro la giugulare, ad ogni modo, non mi provocò quel senso di timore che mi avrebbe indotto in altre circostanze, bensì confermò ciò che avevo sospettato sin dal primo momento in cui lo avevo visto freddare una delle guardie carcerarie in seguito alla rivolta.
La sua totale mancanza di sensibilità, la mia incapacità di vedere attraverso quella corazza di rabbia e indifferenza e, cosa più importante, la sua infallibile mira, non avevano lasciato spazio ad alcun dubbio alla mia mente analitica: il mio agente di custodia era anche il mio predecessore.
Potrei dire di averlo trovato paradossale, ma questa è la vita; cosa non lo è?

"Non me la bevo, Davis."

"Non è un mio problema."

"Chi cazzo te l'ha detto?"

"Tu. Giusto un secondo fa."

Tecnicamente era vero; quelle parole non erano uscite dalla bocca di nessuno, prima di quel momento.
Uno a zero, palla al centro.
Chuck, comunque, non reagì affatto sportivamente, infatti spinse la pistola ancora più a fondo nel mio collo.

"Potrei squarciarti un'arteria e uscirne indenne. Lo sai questo, vero? Quindi dammi una buona ragione per cui non dovrei farlo."

"Perché, e non ne ho ancora scoperta la vera ragione, se io muoio, tu sei fottuto."

"Quella fottuta sarai tu, se non mi dici immediatamente cosa diamine hai a che fare con la scomparsa del procuratore." Cercare di cambiare discorso con lui non era un'impresa da poco, questo è sicuro. Quella capacità di concentrazione avrebbe certamente giocato a mio sfavore, come il fatto che sapeva tenermi testa.

"Se te lo dico, prometti di non arrabbiarti?"

"Assolutamente no."

"Hey! Voi due, smettetela di fare le porcate nello sgabuzzino e riportate i vostri culi in sala riunioni!" I colpi alla porta, seguiti dalle errate supposizioni di Moran, furono per me un salvataggio in corner.
E ora, ve lo giuro, la smetto con le metafore sportive.

"Non finisce qui." Rimise la pistola nella fondina.

Rientrammo dai nostri compagni, dove Striker era ancora intento a inveire contro chiunque fosse in disaccordo con lui.
Nel frattempo Moran continuò a mandarmi occhiatacce, spostando lo sguardo da me a Chuck ripetutamente. Gli feci capire, gesticolando, che era decisamente fuori strada.
Mentre Carl cercava di calmare Anne, la quale esponeva le sue opinioni poco lusinghiere sugli Affari Interni, Gal spiegava a Larson come ricavare la vodka dalle patate, e Vargas si stava gustando un gelato al doppio cioccolato (dove diamine l'aveva preso?), un eccentrico e spavaldo vecchio amico, con la camicia più turchese che avessi mai visto in vita mia, fece il suo trionfale ingresso.
Non ci potevo credere, il mio piano aveva funzionato.

"Il sostituto procuratore è qui, mezze calzette!" Parafrasai; non aveva detto esattamente "mezze calzette".

Scattai in piedi ed esultai come... giusto, niente più metafore sportive.
Striker, invece, si lasciò cadere all'indietro sulla sedia. Il panico nei suoi occhi.

"Porca troia."

"E questo chi è?" Jensen era sconvolto.

"Eric Wheeler; avvocato penalista, fiscalista e divorzista. Ma potete chiamarmi Atticus fighissimo."

So cosa starete pensando: "Ma da che pulpito arriva la predica!", ma credetemi; Eric Wheeler era il peggior depravato di Vaulsey. E non lo dico per via del suo lavoro, almeno, non del tutto, ma perché si era reso complice delle peggiori scorribande e dei peggiori traffici mentre qualche volta svolgeva anche la sua professione.

The enforcer - Sventure di un insolito sicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora