Memorie di una serata folle

59 3 0
                                    

Quando la mattina seguente, alle prime luci dell'alba, io e Revell ci ritrovammo alla centrale di polizia, dietro le sbarre, non mi sentii arrabbiato o preoccupato, bensì alquanto divertito, dato che eravamo entrambi ancora ubriachi persi.
Era stata una notte a dir poco folle, e ne avremmo pagate le conseguenze. Ma in quel momento non mi importava. Mi importava solo del fatto che io e il piccolo demone non riuscivamo a smettere di ridere come idioti mentre gli agenti, che stavano entrando a dare il cambio a coloro che avevano svolto il brutale turno di notte, ci passavano davanti fissandoci perplessi. Probabilmente avevano ancora in circolo l'alcol della sera prima.

"Hey, Revell." La sua testa era appoggiata sulla mia spalla.

"Sì?"

"Non ti dà fastidio il fatto che qui dentro sia così luminoso?"

"Da morire, ma c'è una cosa che mi dà fastidio più di qualunque altra."

"Quale?"

"Dormire con i calzini."

Scoppiai a ridere. "Dormire con i calzini?"

Si mise a ridere pure lei. "Te lo giuro, non lo sopporto. Mi sembra di avere i piedi intrappolati in una crisalide, tipo come due bachi da seta. Poi non è pratico; come fai a goderti il calore e la morbidezza della coperta, se hai i calzini che fanno da barriera?"

Il suo ragionamento, sebbene insolito, stava in piedi. "Certo che sei proprio strana."

"Lo so."

"Allora, vi siete ripresi?" Un parecchio scocciato Carl Davis piombò davanti a noi. Ci prese alla sprovvista, perciò ci mettemmo a urlare per lo spavento come due idioti. Revell mi saltò in braccio come avrebbe fatto Scooby-Doo con Shaggy.

"Rilassati, Carl. La notte è ancora giovane!" Urlò Revell, agitando le braccia in aria come il pupazzo gonfiabile che saluta come uno scemo.

"Davis" tentai di instaurare un dialogo con lui "è inaccettabile il fatto che ci abbiano arrestati. Devi assolutamente trovare il poliziotto responsabile e fargli capire che ha commesso un grave errore."

"Mi stai prendendo per il culo?!" Si adirò.

"No, perché?"

"Vi ho arrestati io, pezzenti!"

"Oh, cazzo, è vero." Era successo solo un paio d'ore prima, davanti al locale che, per colpa di un piccolo incidente causato da una sigaretta accesa e un bicchiere rovesciato su un tavolo, aveva quasi preso fuoco. Davis era incazzato nero. Io avevo cercato di farlo ragionare, ricordandogli che avevamo guardato insieme Comunismo d'Amore, ma lui non la prese come avevo previsto, e mi minacciò con la sua pistola. Sperai che Revell non avesse ascoltato, ma la avevo strillare "cosa?" con tono sorpreso, quindi non mi rimaneva che sperare che se ne sarebbe dimenticata.

"Era davvero necessario?" Gli domandò Revell, indignata.

"Sì, per la sicurezza nazionale."

"Che esagerato."

"Non sto esagerando, sorellina. Avete fatto un macello stanotte! È tutto nelle mani della procura, quindi uno di voi due dovrà passare in ufficio da Wheeler."

"Dove sono quei due disgraziati?!" In quel momento, il mio cuore si fermò. La voce furiosa di Lucy rimbombò per tutte le pareti della stazione di polizia, e ogni singola cellula del mio corpo venne pervasa da puro terrore.

"Ora sì che sei fottuto." Intanto Revell se la stava sghignazzando spudoratamente.

Mi rivolsi a Carl: "Ti prego, dimmi che è Striker che sta usando un commutatore vocale." Avrei preferito mille volte un cazziatone del Generale, piuttosto che un'altra ramanzina di Lucy.
Mi ero evidentemente illuso; quest'ultima si aggiunse alla fila, che si stava lentamente formando, di gente delusa dal nostro sconsiderato comportamento.

The enforcer - Sventure di un insolito sicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora