Dolo terapeutico

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Mi districai da quel groviglio di panico e imbarazzo lasciandomi alle spalle i miei piccoli Francesco e Ferdinando.
Stranamente, Chuck non mi sottopose all'interrogatorio con conseguente cazziatone che mi ero aspettata per il fatto di aver preso delle adorabili creature marine senza averlo prima consultato. La nostra era una convivenza libera, ma con poche semplici regole, e su quella riguardante l'acquisto o l'adozione di animali domestici il mio coinquilino era inflessibile.
Tuttavia non mi sentii fuori pericolo. Dovevo svignarmela prima che potesse dirmi o farmi qualsiasi cosa che avrebbe potuto indurmi a lasciar trasparire la mia inquietudine e il mio disagio, e perciò tradirmi. Anche se ero quasi sicura che mi avesse sgamata, visto che era un agente dannatamente bravo.
Quando, senza proferire parola, mi avviai verso la porta, percepii il suo sguardo perplesso accompagnarmi fino all'uscita.

"Revell, aspetta."

"Devo andare", farfugliai, senza voltarmi.

"Ti devo parlare."

Quella sua affermazione accrebbe ulteriormente la mia volontà di darmela a gambe.

"Non adesso."

"Ma.."

Accaparrai la prima scusa che mi venne in mente: "Ho lasciato una cosa nel forno!"

Sbattei la porta alle mie spalle, ma lo udii comunque urlare esasperato: "Ma è qui il forno!"

Pensai inoltre che quella scusa non se la sarebbe bevuta nemmeno tra mille anni, visto che in cucina ero una schiappa.

...

C'era molto di più delle scimmie di mare, e c'era molto di più della premeditazione dell'acquisto delle scimmie di mare, ne ero sicuro.
Ormai si era fatto tardo pomeriggio, ed era da tutto il giorno che facevo avanti e indietro come un pirla da casa mia al Dipartimento della Difesa, cercando invano di trovare Revell ed esporle il piano d'attacco per sabato. Niente da fare. Mi sfuggiva sempre. Nemmeno al telefono mi rispondeva. Cosa diamine le avevo fatto?! Dio, non credevo che mi sarei trovato in questo tipo di situazione con lei; ne avevo già una di ragazza che mi rispondeva "niente" quando le chiedevo cosa ci fosse che non andava.
A quel giro, però, la fortuna fu per una volta dalla mia parte. Intravidi la bestiolina bionda nel corridoio del Dipartimento, a una decina di passi da me. Sapevo che, se l'avessi chiamata, sarebbe scappata da qualche parte, così decisi di prenderla di sorpresa arrivandole alle spalle.
Pessima idea.

"Oh Dio, Chuck, scusami! Ma non devi arrivarmi alle spalle, lo sai che ho un'ottima vista periferica!" Si giustificò, leggermente mortificata, guardandomi dall'alto dopo che con una presa mi aveva scaraventato sul pavimento.
Ad ogni modo, era seria?!

"Quindi sapevi che ero io?!"

"No, l'avevo solo intuito", replicò con fare innocente.

Piccola, strana, sfuggente creatura.

"Possiamo parlare come due adulti, ora?" Avrei voluto chiederglielo in tono meno seccato, ma quando mi stendono non mi sento troppo diplomatico.

"Non posso."

Mi alzai di scatto e, a dir poco spazientito, la caricai di peso su una spalla.

"Mettimi giù!"

"Se ti comporti come una bambina, io ti tratto come una bambina."

Dopo svariati tentativi di negoziazione per tornare a terra, tutti ignorati da parte del sottoscritto, la portai in sala pausa.
Credevo che saremmo stati soli, invece lo spazio era già occupato da Vargas e Foley, i quali erano intenti a strofinare qualcosa con una spugna.
Io avevo smesso già da tempo di fare domande, quindi lasciai l'onere a Revell, che nel frattempo avevo rimesso a terra.

The enforcer - Sventure di un insolito sicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora