Il Vecchio

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Senza ombra di dubbio, Revell Davis era umana. Ma quest'ultimo era un appellativo fin troppo generico, e relativo ad ogni persona residente sul Pianeta Terra. Quindi non ebbi nemmeno il minimo dubbio riguardo al fatto che, situato in una galassia a milioni, o anche miliardi, di anni luce dalla Via Lattea, fosse esistito un esopianeta omonimo al nostro, sul quale era stata generata e che infine aveva distrutto.
Era grazie a lei se, per riuscire a godermi un caffè in un ambiente che non fosse stato paragonabile alla Groenlandia, mi ero dovuto trasferire nella sala pausa del Dipartimento della Difesa, dato che aveva sfasciato il riscaldamento giocando a hockey in casa.
Ero andato su tutte le furie, e lei si era giustificata affermando che stava studiando per il test di "storia della National Hockey League".

"Indovinate chi è appena stato promosso a Detective?" La versione davisiana di James Bond aveva stroncato i miei ultimi momenti di tranquillità di quella giornata. Erano le otto e mezza; lo considerai un discreto traguardo.
Ad ogni modo, sembrò piuttosto deluso della poca affluenza all'evento della sua rivelazione. "Oh, Chuck, ci sei solo tu?"

"Mi dispiace, Davis", gli risposi sarcasticamente.

"Non ti preoccupare." Sul serio?

"Come diavolo è possibile che ti abbiano promosso? Passi più tempo qui a cazzeggiare, che a fare il poliziotto." Non stavo mentendo, non avevo mai sentito la sua radio suonare e, soprattutto, non lo avevo mai sentito menzionare il fatto che avesse effettivamente lavorato.

"L'importante è far credere che ti impegni più del dovuto senza far sapere che, in realtà, non è per niente così."

"Ma tu non ti impegni affatto!"

"Appunto."

Ormai ero colato a picco nella modalità Vaulsey, quindi non me ne stupii affatto, e mi limitai a ridere.

"Congratulazioni, allora."

"Grazie, amico. Come sta andando la missione?" Quello era un tasto dolente.

"Revell a scuola fa schifo, e la situazione con Foster è in completo stallo." Mi ero limitato a sintetizzare, e a indorargli la pillola; Revell a scuola faceva più che schifo, ero convocato dal preside un giorno sì e l'altro pure, e il verme non aveva dato segni di vita da quando mi aveva chiamato il giorno dopo l'evasione.
Evidentemente il bastardo si sarebbe degnato di farsi sentire solo una volta che si fosse assicurato che avessi ucciso il Gremlin. Quest'ultimo fattore, per ovvie ragioni, non avrei mai potuto approfondirlo con Carl Davis.

"Situazione in completo stallo?" Arguto, il Detective.

"È una lunga e complicata storia." Era arguto pure l'agente dell'FBI.
Non avevo idea di cosa gli avesse raccontato sua sorella, ma avevo come la sensazione che volesse tenerlo il più lontano possibile da tutto ciò.
Da quando avevamo firmato quell'assurdo accordo, mi sembrava sentirsi logorata dai sensi di colpa. E me lo confermò pure, mentre era intenta a lanciare coltelli contro una foto di Dan Foster attaccata al muro, dicendomi quanto la facesse incazzare il fatto che ci fossero andati di mezzo tutti. Notate bene il pronome che aveva usato: loro.
Certo, io mi stavo divertendo un mondo.

"Capisco. Invece da Jackson hai notizie?" Altro tasto, più che dolente, terrificante.

"Nessuna, non so nemmeno se ha scoperto che lavoro per l'FBI. Non sapere niente mi sta facendo impazzire." Dal giorno di quella maledetta fuga, lo avevo visto in ufficio solo un paio di volte, ma non mi aveva né convocato, né detto niente di diverso dal solito. L'unica cosa che aveva fatto fu chiedermi cosa mi fosse successo alla spalla, dato che avevo ancora il tutore. Gli risposi che mi ero preso una storta, sperando che non sapesse che stavo mentendo.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, poi sembrò avere l'illuminazione: "Sai cosa dovremmo fare?"

The enforcer - Sventure di un insolito sicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora