Vetri frantumati

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"Hey Revell! Quando riuscirai a lavorare senza sporcarti l'intero guardaroba?" La voce tuonante del mio caro gemellino, intento a guardare qualche programma idiota alla tv, mi assalì come un leone assale una gazzella. Come se non gli avessi mai detto che quando torno a casa mi servono almeno quattro ore di silenzio e tranquillità per lavare, o bere, tutti i miei peccati.

"Presumibilmente mai." Dannazione Carl, fatti i dannati affaracci tuoi.

"Giornataccia?" Anche se devo dire che recupera sempre punti con la sua premura.

"Ne ho avute di peggiori."

Carl mi guardò con un'espressione a metà tra il circospetto e il divertito. "E quali?"

"Ah ma non lo so Carl, è una frase di circostanza. Sai, come 'andrà tutto bene' o 'voglio morire'."

"Capito."

Dato che avevo passato l'intera giornata sotto copertura in un bar (si potrà poi dire "sotto copertura" quando il tuo lavoro è uccidere?) senza aver ingerito niente se non whisky e nicotina, decisi che darmi una lavata, soprattutto ai denti, non sarebbe stata la peggiore delle idee. Inoltre del sangue mi era entrato in bocca e, sapete, no?
Successe tutto in una frazione di secondi.
Prima che potessi raggiungere lo spazzolino, un assordante rumore di vetri rotti ruppe le riflessioni sul mio alito (e anche le finestre. Sì, diamo a Cesare quel che è di Cesare) e mi costrinse a buttarmi a terra in cerca dell'arma più vicina.
Vi vedo confusi, facciamo un piccolo passo indietro.
Il mio nome è Revell Davis, ma questo, immagino, lo avevate già intuito. Mi guadagno da vivere lavorando come sicario e, immagino, avevate già intuito anche questo.
Be', non preoccupatevi, miei cari cervelloni, perché sono sicura che ci sono ancora un'infinità di domande a cui non siete ancora riusciti a dare una risposta.
Dovete sapere che il posto in cui vivo, Vaulsey, non è una normale cittadina in cui il sistema giudiziario e le forze dell'ordine operano come la costituzione impone, au contraire, fanno un po' quel cavolo che gli pare. Non lo dico per dare aria alla bocca, lo dico più che altro perché il Generale del nostro esercito, quel mattacchione di Glenn Striker, era nientemeno che il mio capo. Sì, avete capito bene. Sappiate solo che lui soleva difendere le sue, le mie, azioni affermando che esse non sono altro che "metodi leggermente anticonvenzionali per servire il paese e togliere di mezzo i pezzi di merda". Aveva combattuto in Iraq, non gli interessava se a qualcuno potesse urtare la sua scurrilità. Ovviamente sapevamo solo io, lui, mio fratello Carl e altri pochi eletti ciò che succedeva "dietro le quinte".
Torniamo a noi.
Ero accovacciata sul pavimento del bagno, che per fortuna non avevo pulito quella mattina,  perché in quel caso mi sarebbero girate parecchio le palle (sì, divento scurrile anche io in alcune occasioni; ad esempio quando mi sparano addosso). I vetri mi cadevano addosso quasi come proiettili, quasi come i proiettili che mi stavano bersagliando in quel momento.
Riuscii a prendere la calibro 38 nascosta nel cassetto sotto il lavandino e aspettai che quel simpaticone del dirimpallottolaio si fermasse per ricaricare quello che immaginavo fosse un fucile di precisione. Aspettai, aspettai, e aspettai ancora...
Doveva essersela data a gambe.

Carl spuntò da ciò che rimaneva della porta. "Stai bene?"

"Cosa diavolo era quello?!"

"Se è quello che penso io sorellina, abbiamo un bel problema."

Prima che potessi anche solo accennare una domanda, un'altra porta si spalancò, questa volta quella principale. 

"Ragazzi, ho delle novità e non vi piaceranno per niente."

Era Anne Van Houten, la mia angelica amica e talpa dalla chioma di fuoco nei Servizi Segreti.

The enforcer - Sventure di un insolito sicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora