Il boss finale

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"È uno scherzo?"

"No, Chuck."

Sbattei la porta alle mie spalle, il mio stomaco si annodò.
Questo era il culmine della mia sopportazione. Il mio primo pensiero fu che mi stesse prendendo in giro, uno dei suoi soliti bluff, ma qualcosa mi diceva che c'era molto di più sotto, e che finalmente tutti i nodi sarebbero venuti al pettine. Sebbene non sapessi a quale costo.

"Esigo una spiegazione."

"Più che felice di fornirtela" si accese una sigaretta "da dove vuoi che inizi?"

"Tanto per cominciare, dicendomi cosa cazzo significa!" Lo apostrofai.

"Okay, sei arrabbiato, lo capisco. Ma non prendertela con me, non ho scelto io di ingannarvi tutti."

"E chi, allora?" Stavo per avere un esaurimento nervoso. "Perché nessuno, al Bureau, mi ha detto niente?"

"Perché eccetto io, altri tre agenti speciali e l'ex direttore Jones, non lo sa nessuno."

Ragazzi, mi sembrava di ricevere un calcio in culo dietro l'altro.

"Jones?" Mi guardai in giro, spaesato.  "Il capo dei Servizi Segreti prima di mio zio?"

"Precisamente. Quando Andrew Rodgers aveva preso il suo posto, lui aveva capito subito che c'era qualcosa che non andava."

"Intendi..." ero sconvolto, ma dovevo mantenere la lucidità mentale "...quando ti eri dato alla criminalità organizzata?"

"Quando quel bastardo di mio padre mi aveva incastrato per associazione a delinquere, sì."

Lo disse con una tale ostilità, che non faticai minimamente a credergli.

"Ma lui in quel periodo non era a Vaulsey, che diamine è successo?"

"Quando ancora lavoravo ai Servizi Segreti, avevo arrestato uno dei suoi, un pezzo grosso. Dopo svariate ore di interrogatorio fece il suo nome. Io avevo dei sospetti, ma quando ebbi la conferma, sentii il mondo cadermi addosso. In quel periodo avevo pure cominciato a uscire con Revell, ma non le avevo ancora parlato della nostra parentela, per ovvi motivi."

"Certo. Quindi lo hai affrontato?"

"Sì, e mi raccontò tutto. Incluso ciò che aveva fatto a Revell. Io andai su tutte le furie, tanto che avevo persino pensato di arrestarlo, ma poi lui mi ricattò dicendomi che l'avrebbe denunciata per il tentato omicidio di sette anni prima, così dovetti rinunciare."

"E l'ha avuta vinta, così?"

"Più o meno. Io gli avevo comunque assicurato, bluffando, che ero in possesso delle prove della sua colpevolezza, così lui mi fece una proposta: avrebbe lasciato la città se io avessi distrutto quelle fantomatiche prove."

"Proposta che hai accettato."

Cristo, era la conversazione più surreale che avessi mai avuto.

"Non avevo altra scelta; dovevo proteggere Revell."

"Quindi" cercai di rimettere in ordine i pensieri "George le aveva rifilato la scusa che non gli andava che voi due usciste insieme, quando invece se l'era data a gambe perché lo avevi scoperto?"

"In parole povere."

"Non ci sto capendo un cazzo", gli confessai, con tutta la dovuta sincerità. "Allora, quando tutti noi, compreso me, pensavamo che fossi corrotto..."

"Stavo già lavorando sotto copertura per l'FBI, appunto. Appena mio padre se ne andò, alcuni suoi affiliati che erano rimasti qui, tra i quali il famoso Traslocatore, mi avevano avvicinato, proponendomi di unirmi a loro. Io, chiaramente, rifiutai. Ma capii subito che quel rifiuto mi sarebbe costato caro. Come ben sai, George è sempre stato uno che le cose se le lega al dito, e un figlio che ricusa le sue azioni e le sue offerte sarebbe stato un duro colpo per lui. Così misi subito le mani avanti e dissi tutto a Jones, il quale chiamò immediatamente Washington."

The enforcer - Sventure di un insolito sicarioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora