Chapter 12 - Oh immature Bad guy

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ADDIRITTURA IN ANTICIPO PERCHE' DEVO STUDIARE E SCRIVERE L'EPILOGO DI SERENDIPITY. AIUTO!

Canzone del capitolo: God damn, I.M

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"Kookie...Jungkook!"

"Cosa?"

"Santissimi numi, vuoi calmarti?" sbottò Yugyeom, afferrandolo per un polso e bloccandolo dal distruggere l'intero salone. A furia di provare a fermarlo era stanco anche lui, ed era lì da nemmeno mezz'ora, ma il suo migliore amico non accennava a calmarsi. Anzi, più passavano i minuti e più sembrava andar peggio. E Yugyeom si era presentato a casa di Jungkook non appena aveva chiuso una telefonata proprio con quest'ultimo. Perché Yugyeom lo conosceva bene il suo migliore amico, meglio di chiunque altro, e non c'erano voluti che pochi secondi per capire che qualcosa non andasse nel tono di voce dell'altro. Jungkook era sembrato troppo freddo dall'altro capo del telefono, troppo distaccato, troppo lontano. E quando succedeva voleva solamente dire che qualcosa l'aveva turbato, così tanto da portarlo ad esplodere come una bomba ad orologeria. Dieci minuti. Quello era il tempo che Yugyeom aveva impiegato tra l'aver chiuso la telefonata ed essere corso a casa del suo migliore amico. Dieci minuti in cui aveva sicuramente preso più di una multa che l'avrebbe portato a litigare con Bambam, ma...ma lui semplicemente aveva un sesto senso, riusciva a percepire quando c'era qualcosa che non andava in Jungkook. E quando accadeva, ovunque fosse, con chiunque fosse, Yugyeom mollava qualsiasi cosa per correre dal moro. E avrebbe continuato a farlo, proprio come in quel momento. E dieci minuti potevano essere un tempo brevissimo per chiunque altro, ma non per lui, non per chi era consapevole di cosa volesse dire un Jungkook che esplodeva. E da quando era piombato in casa del cantante, Yugyeom aveva già perso il conto delle cose rotte che si ritrovava attorno. Una mensola, dei libri, una sedia, la chitarra...

"Non voglio calmarmi" ringhiò quasi, il moro, e Yugyeom inspirò profondamente, prima o poi avrebbe finito per colpirlo ne era sicuro.

"Invece ti calmerai e mi dirai che diavolo ti prende! – sbottò, Yugyeom, sapendo che l'unico modo per sedare la furia dell'altro era urlare più forte di lui – Adesso, Jungkook!"

"Non vogl..."

"Adesso, Jungkook. O ti calmi con le buone o con le cattive. Scegli" indurì lo sguardo, il ballerino, osservando attentamente come le mani del suo migliore amico si stringessero in due pugni, uno dei quali teneva ancora stretto un pezzo della chitarra che giaceva distrutta sul pavimento. Yugyeom non abbassò lo sguardo, continuò a fissarlo negli occhi, a dividerli solo un soffio. Jungkook era un animale in gabbia quando esplodeva e se abbassavi lo sguardo allora non avevi modo di calmarlo. E per un attimo Yugyeom pensò anche che stavolta non sarebbe bastato guardarlo, imporsi, perché Jungkook non scoppiava da così tanto che quasi aveva dimenticato quanto potesse essere pericoloso se perdeva il controllo. Non seppe per quanto tempo restarono in quel modo, in una sfida silenziosa fatta di soli sguardi e silenzio, forse per minuti, ore...finché Jungkook non lasciò andare il pezzo di chitarra che ricadde sul pavimento con un tonfo sordo. Fu solo in quel momento che Yugyeom si rilassò del tutto, emettendo un sospiro e afferrando il suo migliore amico per il polso trascinandolo in cucina e spingendolo verso uno degli sgabelli vicino all'isolotto al centro della stanza. Yugyeom ignorò la vista di alcuni piatti distrutti sul pavimento, ignorò un'altra delle sedie fatta a pezzi e si portò vicino al lavello, aprendo il rubinetto e bagnando uno straccio, per poi riavvicinarsi a Jungkook. Qualunque cosa l'avesse fatto scattare ed esplodere, stavolta era stato molto meno delle altre, e la cosa più che sollevarlo lo preoccupava. Sarebbe esploso di nuovo? Stava imparando a calmarsi da solo? Troppe domande, troppi punti interrogativi. E lui credeva che non sarebbe più successo, ci aveva sperato con tutto se stesso. Restando in silenzio prese la mano sinistra di Jungkook con la sua, tamponandogli piano le nocche appena graffiate, per poi controllare che qualche scheggia della chitarra non gli si fosse infilzata nella mano, ma fortunatamente sembrava star bene. Yugyeom continuò a pulirgli i tagli con calma, in silenzio, l'unico rumore a fare da sottofondo erano i loro respiri; una calma così piatta ed elettrica al tempo stesso che avrebbe spaventato chiunque altro, ma non lui. Quando finì, mise via lo straccio, poggiandolo sul bancone della cucina e alzando finalmente lo sguardo sul volto di Jungkook. Il moro teneva la testa bassa, ma Yugyeom gli alzò il mento, scostandogli le ciocche nere dagli occhi, così da poter incrociare lo sguardo con il suo. Quel buio della notte sempre così tormentato era lì, a fissarlo, un misto tra rabbia, frustrazione e voglia che tutto attorno a lui si zittisse. Ed era così semplice per lui leggere Jungkook che a volte si spaventava da solo. E Yugyeom portò le braccia attorno al suo collo, stringendolo forte e nascondendo il volto contro il suo collo, prendendo a carezzargli i capelli con infinita calma, come aveva sempre fatto dopo ogni volta che l'altro esplodeva in quella bolla di rabbia che sembrava soffocarlo dall'interno. Ed era una rabbia che portava cicatrici così profonde che Yugyeom si chiedeva in continuazione se esistesse qualcuno al mondo in grado di colmarle, curarle e prendersene cura con ogni fibra di sé.

You Calling My Name |Taekook  Jinson  SopeminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora