Capitolo 4

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Martedì 15 maggio 2012 d.C.
Il suono della sveglia mi strappa dal mondo dei sogni troppo bruscamente. Faccio una smorfia e allungo il braccio per disattivare quel suono infernale. Guardo l'orologio; le 06:50. La stanza è al buio e sono tentata di continuare a dormire, ma non posso saltare la scuola il giorno della verifica di storia. Non sto simpatica a quella professoressa, e lei non sta simpatica a me. Parla troppo. Sbuffo e mi metto a sedere stropicciandomi la faccia. Scosto la coperta dalle gambe e appoggio i piedi sulla moquette. Mi alzo e attraverso la stanza fino ad arrivare alla porta finestra davanti al mio letto. Premo un pulsante e le persiane iniziano a salire e, attraverso le tende bianche, la debole luce del sole fa capolino nella mia camera dando colore ad ogni cosa. Butto fuori l'aria e mi giro. I miei occhi si posano sul quadretto appoggiato sulla mensola bianca sopra il mio letto. Le due ragazzine mi sorridono. Sembrano così felici. «Auguri sorellina.»
Vado all'armadio e mi inizio a preparare per la scuola.
Ogni anno la stessa storia. Mi sveglio, faccio gli auguri alla mia sorellina e poi scendo in salotto dove mi aspettano i miei genitori. Oggi compio 17 anni. Eppure non mi sento felice.
Scendo lentamente le scale di casa ed apro la porta del salotto.
«Auguri tesoro!» Il coro dei miei genitori è fin troppo stridulo per le 7 del mattino.
Sorrido per compiacerli, come faccio ogni anno e vado ad abbracciarli. Dietro di loro due palloncini argento rappresentano il numero diciassette. Dietro di essi, acconto al camino, i miei genitori hanno allestito un altarino per Stacy. Stacy era la mia gemella. Nella foto appoggiata sul tavolo lei sta ridendo. Rideva sempre. Lei era identica a me, ma più bella. Aveva dei lunghi capelli castani e non aveva le lentiggini. Era come io avrei sempre voluto essere. Purtroppo non è vissuta abbastanza per far federe al mondo la sua bellezza. Degli uomini la hanno rapita quando avevamo 9 anni. Hanno ritrovato il suo corpo in un lago cinque settimane dopo. Chi fa questo ad una bambina così piccola? La risposta: gli umani.
«Abbiamo pensato che avrebbe voluto festeggiare con noi quindi...» mia mamma sta trattenendo le lacrime, lo capisco dalla sua voce.
Non la lascio finire di parlare e la abbraccio. Pianto la testa tra i suo boccoli rossi e le lacrime che ho cercato di trattenere fino a questo momento iniziano a bagnarmi le guance.
«Lo so,» all'abbraccio si unisce anche mio padre. «Lo so.»

Dopo aver fatto colazione mia madre mi ha accompagnato alla Handry High School, il liceo privato di Tecani. Vivo in una cittadina nelle campagne inglesi. Non ci vive molta gente qui, ma molti turisti la scelgono come meta per i loro viaggio. Se devo essere sincera non ne ho ancora compreso il motivo. Non ci sono molte attrazioni. Solo qualche museo sulla caccia alle streghe. Alla gente, a quanto pare, piacciono queste cose. Loro visitano un museo e pensano di sapere cosa sia successo realmente; anche se, in realtà, non sanno assolutamente nulla sul nostro conto. Noi streghe non siamo come i libri di storia ci descrivono. Non siamo cattive, siamo solo incomprese. Alle persone non piace ciò che è diverso.
La giornata è passata abbastanza veloce. Alla quarta ora abbiamo avuto la verifica e dopo sono andata in mensa a mangiare con la mia migliore amica Sarah. Giochiamo a pallavolo insieme nella squadra femminile della Handry. Sarah è stupenda. Le onde bionde le circondano il viso ovale privo di imperfezioni e perennemente abbronzata. Gli occhi a mandorla spiccano per il loro colore; un grigio chiaro con venature scure. Sotto quest'ultimi il naso dritto sovrasta le carnose labbra rosate. Sarah è più bassa di me ed ha un corpo perfetto. Tutti i ragazzi la desiderano, ma nessuno desidera me. Certe volte mi chiedo come faccia la ragazza più popolare della scuola a stare con me. Ci penso spesso e ormai sono arrivata ad una conclusione: a differenza delle altre persone, a Sarah piace ciò che è diverso; e io sono diversa, e questo lei lo sa. Sarah sa esattamente che non sono come le altre persone, e sa anche dell'esistenza di altre persone che sanno fare le cose che posso fare io. Lo sa da anni. Alle 3 e mezza del pomeriggio mia mamma mi ha riportato a casa, anche se durante il tragitto era strana. Non ha detto una parola. Non penso di averla mai vista più seria di allora. «Vai in camera, mettiti qualcosa di comodo e poi scendi in salotto.» Sono le uniche parole che mi ha detto appena arrivate casa.
Era troppo seria e io ho iniziato a preoccuparmi. Quindi ho fatto ciò che mi ha detto e adesso sto scendendo le scale per raggiungerla. Lascio la cucina sulla destra e entro in salotto. Mi guardo intorno muovendo solo la testa e rimango ferma sulla soglia. Le luci sono tutte spente a parte un lampada che emana una luce soffusa e le tende sono state tirate. Mia madre è seduta per terra a gambe incrociate e tiene in grembo un piccolo libro di pelle nera apparentemente molto vecchio.
«Vieni tesoro, siediti davanti a me.» La sua espressione e il suo tono di voce non sono cambiate da quando eravamo in macchina. Ma cosa sta succedendo? Batte la mano sulla mouquette davanti a lei.
Mi muovo lentamente alcuni passi verso di lei e, riluttante, mi siedo imitando mia madre e incrociando le gambe. «Mamma, cosa succede?» Il cuore mi batte velocemente nel petto. Ma lei non mi risponde e inizia a parlare. «Quasi quattrocento anni fa un tuo antenato si è suicidato a causa della vergogna. Era impazzito dopo aver dato l'ordine di bruciare sette streghe sul rogo. Quest'uomo si chiamava Oscar. Egli conobbe Rosemary, una strega, e se ne innamorò. Ebbero una figlia, Lucinda. Con la sua nascita iniziò la nostra stirpe. Devi sapere che la nostra famiglia discende direttamente da uno dei padri fondatori di questa città.» Mia madre non accenna ad alcuna emozione.
Sapevo che la mia famiglia abitava in questa città da molti anni ma non avrei mai pensato che avesse partecipato addirittura alla sua fondazione. Rimango in silenzio aspettando il resto della storia.
«Oscar scrisse questo diario» alza il piccolo libro e me lo allunga, mentre con la testa mi fa cenno di prenderlo. Così faccio e inizio a rigirarmelo tra le mani, prima di appoggiarlo tra di noi. «Negli ultimi mesi della sua vita.» Riporto la mia attenzione a lei. «In quegli anni sono state uccise molte donne anche se non erano streghe, questo lo sai.» Annuisco. «Prima di morire, Oscar, lasciò una lettera a sua moglie e alla sua futura figlia. In essa, egli chiedeva alla moglie di prendersi cura della loro figlia, e di tramandare nelle generazioni future il suo diario allo scopo di ricordare.» Si ferma e rimane in silenzio a guardare il libro per qualche secondo. «Gli esseri umani possono essere molto cattivi; molti di loro neanche se ne rendono conto.» Anche se non lo dice so che sta pensando a sua figlia, a Stacy. Lo so perché anche io ci sto pensando. «Ma molti di loro, come Oscar, si possono redimere. Alcuni di loro sono buoni.» Mia madre si alza e vedo lentamente ritornare la luce negli occhi, anche se non è ancora completamente mia madre. «Vorrei che tu lo leggessi e provassi a comprendere cosa hanno passato quelle povere donne. Ho letto quel diario quando avevo la tua età, e così feci tua nonna e la tua bisnonna e tutte le tue antenate. È un cimelio di famiglia molto importante e mi piacerebbe che tu lo donassi a tua figlia in futuro.»
Abbasso la testa e guardo il diario. Annuisco.
«Bene, adesso puoi andare. Inizialo quando meglio credi, non ne riparleremo quando lo avrai finito.» Sento i suoi passi attutiti allontanarsi e chiudere la porta.
Rimango da sola in quel salotto per un tempo indescrivibilmente lungo. Solo io e il diario.

Non moriremo maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora