Capitolo 26

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A quattro passi dalla porta dell'aula di storia Sarah si ferma e mi si gira verso di me. «Buona fortuna.» Dice seria prima di iniziare a ridacchiare.
La imito. «Anche a te.»
Ridacchia e poi si volta. Sarah si gira e riprende a camminare ma, pochi istanti dopo, la fermo prendendola per un braccio.
Mi guarda incuriosita aspettando di sapere cosa le devo dire. «Ti prego, non ti addormentare come l'anno scorso ok?» Cerco di rimanere seria ma fallisco e un sorriso deforma le mie labbra. «Storia senza te è peggio di essere torturata per un anno intero.» Dico supplichevole.
Ridiamo e, insieme, varchiamo la porta.
Tutti i nostri compagni sono già seduti al loro posto. Una ventina di teste si girano verso di noi quando la porta si richiude alle nostre spalle.
«Siamo in ritardo?» Mi chiede Sarah con un sussurro. «Non penso...» Le rispondo per poi guardare l'ora sull'orologio posto sopra la lavagna. Gliela indico. «Solo di pochi minuti.» Mi guardo intorno e mi accorgo che in aula manca solo la professoressa. «Manca la prof.» Le faccio notare.
«Spero non venga.» Mi fa l'occhiolino.
Ridacchio e ci andiamo a sedere in prima fila negli ultimi due posti liberi della classe. Tiriamo fuori i libri e dopo qualche minuto la professoressa fa il suo ingresso in classe. Porta un vestito verde bottiglia orribile. Quel colore non le dona affatto.
«Buongiorno ragazzi.» Dice posando la borsa rosa cipria sulla cattedra.

Un coro di "buongiorno" e "salve prof." riempe la stanza. «Scusate per il ritardo ma avevo dimenticato la borsa in aula insegnanti.»
Un classico. La professoressa Richards è anche nota tra gli studenti come "La prof della borsa dimenticata.". Non importa cosa l'abbia trattenuta e fatta arrivare in ritardo- cosa che succede molto spesso- lei dirà sempre che ha lasciato la borsa in aula insegnanti. Non prova neanche a inventarsi una nuova scusa.
Batte le mani e posa velocemente lo sguardo su tutte le persone presenti in classe. «Bene ragazzi, ci siamo tutti?» Annuiamo come degli automi e la professoressa Richards riprende a parlare. «Bene.» Si appoggia alla cattedra e si posa le mani in grembo. «Come ben sapete, oggi è la giornata della preparazione alla gita.»
E come dimenticarselo. Sarah mi lancia un sguardo annoiato e alza gli occhi al cielo in modo plateale. Trattengo a stento una risata e torno a prestare attenzione alla professoressa.
«Volevo informarvi che sono venuta a conoscenza del modo in cui avete svolto questa "lezione" negli scorsi anni. Beh, oggi non si farà lezione come negli scorsi anni.» Si è guadagnata l'attenzione di tutti. Eh brava signorina Richards. «Sinceramente credo che ripetere le stesse cose ogni anno sia controproducente; voi alunni non state attenti, e noi insegnanti ci annoiamo. Quindi vi spiego brevemente come si svolgerà la lezione di oggi: per prima cosa ci sarà un breve spiegazione di quello che è l'argomento principale della lezione, dopodiché sarete voi a parlare. Sono curiosa di sapere cosa ne pensate riguardo a quanto successo, quindi iniziate a pensare a cosa vorreste dire alla classe già

da ora.»
La classe è rimasta a bocca aperta e, intorno a noi, il silenzio è diventato quasi palpabile. Un ragazzo in terza fila starnutisce rompendo l'atmosfera e tutti iniziano a bisbigliare.
Mi giro verso Sarah che sta attirando la mia attenzione muovendo la mano destra. «Che ne pensi?» Mi chiede sussurrando.
«Penso sia fantastico!» Dico sorridendo. «E tu cosa...»
La mia domanda rimane sospesa nell'aria quando la voce della signorina Richards rompe il brusio creato dagli studenti.
«Possiamo cominciare?» Chiede con voce autoritaria.
Tutta la classe annuisce e la lezione comincia.
«Come ben sapete, nel periodo che va dal 1450 e il 1750 persero la vita tra le 35000 e le 100000 donne che, accusate di essere streghe o di praticare la stregoneria, vennero uccise, torturate e/o arrestate. Questo fenomeno viene comunemente chiamato "caccia alle streghe", e interessò prevalentemente Francia, Germania, Italia settentrionale, Svizzera, Inghilterra e Americhe. Tutto incominciò quando il 5 dicembre del 1484 papa Innocenzo VIII emanò una bolla che condannava la stregoneria. Non c'era bisogno di prove per accusare qualcuno di stregoneria. Non ci sono dubbi, infatti, che molte persone abbiano utilizzato la caccia alle streghe come scusa per liberarsi di alcuni personaggi scomodi. Vi faccio un esempio semplice: immaginate di vivere nel 1600 e di volervi vendicare di una vostra vicina di casa a causa di un torto fatto nei vostri confronti e, per risolvere il problema, la denunciate per stregoneria; la donna adesso e morta e voi vi siete vendicate.» Si ferma e

Non moriremo maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora