Sabato 19 maggio 2012 d.C.
Il fastidioso suono della sveglia mi strappa dalle braccia di Morfeo bruscamente. I miei occhi si spalancano e si piantano fuori dalla finestra che ieri sera ho lasciato aperta; l'oscurità avvolge ancora la città come un pellicola e non lascia trapelare un filo di luce. Il mio braccio si muove involontariamente in direzione della sveglia che si spegne mentre i miei occhi sono ancora persi nel vuoto. Lotto contro le palpebre per non farle richiudere. Il letto morbido e caldo mi attira a se cercando di inghiottirmi e chiedendomi di restare a fargli compagnia; il mio corpo intorpidito sarebbe d'accordo. Rimango immobile per un po' dando tempo al mio cervello di svegliarsi completamente e, quando finalmente sono convinta di essere pronta per affrontare questa giornata, mi metto a sedere e scopro le gambe lasciando che l'aria fredda della stanza entri in contatto con la stoffa rossa dei pantaloni del pigiama. Un brivido mi sale lungo la schiena mentre mi alzo e cammino verso il bagno con il favore delle tenebre. Apro la porta bianca e allungo la mano destra per attivare l'interruttore della luce. Mi copro gli occhi quando la bianca luce artificiale mi colpisce. Contraggo la faccia e strizzo gli occhi un paio di volte prima di abbassare la mano. Avanzo verso il lavello di marmo bianco, giro la manopola dell'acqua calda e di quella fredda contemporaneamente; aspetto che l'acqua sia abbastanza fresca per svegliare il mio povero volto ancora lievemente addormentato ma non troppo calda da ustionarlo. Rimuovo delicatamente i rimasugli del sonno dalle estremità degli occhi, mi tampono la faccia asciugandola con un asciugamano azzurro e alzo
lo sguardo sullo specchio e i miei occhi incrociano quelli della ragazza stanca riflessa nello specchio. Fisso il mio riflesso e i miei occhi si soffermano sulle occhiaie viola così evidenti sulla mia pelle chiara e sui capelli disordinati racchiusi in una crocchia disastrata dalla notte da cui sfuggono delle ribelli ciocche rosse. Chiudo gli occhi e sospiro; mi aspetta una giornata piena. Esco dal bagno lasciando la porta accostata. Accendo le luci di camera mia e mi preparo per la scuola. Ieri sera ho impostato la sveglia un'ora prima del solito per ripassare algebra. Una volta vestita e preparata, infatti, mi siedo alla scrivania e prendo il libro di algebra e inizio a ripassare la teoria. Poco più che un'ora dopo finisco di ripetere tutti gli argomenti e controllo l'orario sperando di non ritardare: ho ancora quindici minuti prima che mi madre mi chiami per accompagnarmi a scuola e, puntuale come una sveglia, quindici minuti dopo sento la sua voce entrare nella mia stanza attraverso il legno della porta ancora chiusa. Raccolgo lo zaino da terra e me lo metto in spalla dopo essermi messa un piumino nero. Apro la porta e scendo le scale.
«Ti ho lasciato i pancake!» Mi urla dalla cucina mentre scendo gli ultimi gradini delle scure scale marmoree. «Non ho fame.» Le urlo di rimando con un sorrisetto sulle labbra.
«Allora te li incarto e li porti a scuola.» Entro in cucina e lei mi da ,le spalle mentre con le mani armeggia già con della carta trasparente e i dolci dischi dorati.
Il mio sorriso si allarga. «Grazie.» Sussurro sull'uscio della cucina. Sa quanto io ami i pancake.
Si gira verso di me e ricambia il sorriso.
La guardo mentre finisce di impacchettarli e li mette in unabusta di carta marrone. Viene verso di me e me la mette in mano superandomi e andando verso la porta di casa.
Passo tutto il tragitto verso scuola a guardare fuori dal finestrino la città che si sveglia: i mattinieri che corrono o fanno jogging con le cuffiette piantate nelle orecchie; gli adulti portano a spasso il cane controllando costantemente l'orologio o il telefono per essere sicuri di non ritardare a lavoro; gli studenti che escono di casa per salire su un autobus diretto alla loro scuola; le biciclette e i motorini che corrono di lato alle file di macchine e le superano; il sole che ogni tanto spunta tra le case inondandomi il viso di luce per qualche istante.
«Siamo arrivate. Tesoro,» mi giro verso il sedile del guidatore e incrocio lo sguardo di mia madre che alleggerisce la mia ansia con un sorriso. «L'esame andrà bene.» Slaccia la cintura e si avvicina per stamparmi un bacio sulla fronte. Ha le labbra screpolate e la punta del naso fredda ma non glielo faccio notare. Mi limito a sorriderle sperando che ciò che ha appena detto sia vero. «Ti passo a prendere dopo.» Mi sorride e si rimette al suo posto e allaccia di nuovo la cintura di sicurezza.
Slaccio la mia, apro la portiera e scendo dalla macchina inspirando l'aria pungente della mattina. Non ha mai fatto così freddo a maggio. Lascio che la portiera si richiuda da sola e sento il motore della macchina rombare alle mie spalle; non mi giro ma so che mia madre si è già addentrata nel traffico del sabato mattina.
Entro in classe e mi siedo nella fila centrale. Tiro fuori la penna nera, un lapis e la gomma. Mi guardo intorno e vedo i miei compagni prende posto ai banchi. L'aula è attraversata da sussurri sommessi e agitati, ma tutti stannoparlando con se stessi cercando di ricordare tutte le formule necessarie per superare quest'ultimo esame di algebra. Cerco con lo sguardo la mia migliore amica prima di ricordarmi che oggi lei non sarà qui: si è presa la febbre e da ieri sera è sdraiata a letto. Quanto vorrei essere al suo posto. Qualsiasi luogo è meglio che stare qua. Sfortunatamente sono destinata a non passare questo esame, specialmente oggi che Sarah non sarà al mio fianco: è lei quella brava in algebra, io sono brava solo a prendere insufficienze. Ero talmente distratta a pensare a lei che quasi non mi rendo che il professore è entrato in classe e sta dando le istruzioni per svolgere il compito.
«...avete due ore di tempo, come ben sapete. Non potrete andare in bagno se non dopo aver consegnato il compito quindi attenti alla quantità d'acqua che ingurgiterete durante queste ore, chiaro? Non ci saranno eccezioni. Non ci si alza dal proprio banco fino al momento della consegna e anche in quel caso dovrete rimanere seduti, passerò io a ritirare i fogli.» Parla a voce abbastanza alta da farsi sentire da tutti mentre gira tra i banchi consegnando tre fogli spillati a faccia in giù. Nessuno osa girarli prima che il professore dia il permesso da quando Eric Grassman l'anno scorso lo ha fatto. Il professore gli ha ritirato il compito e Eric si è ritrovato con un bel due come esito dell'esame. «Potete cominciare ragazzi.»
Il rumore dei fogli che vengono sfogliati riempie l'aula insieme ad alcuni sospiri di sollievo e ad alcune facce disperate. Io faccio parte di quest'ultima categoria.
Dopo la verifica la giornata prosegue abbastanza velocemente; neanche i professori sembrano aver voglia difare lezione di sabato pomeriggio. L'ansia per l'esame è sparita nel momento in cui il professore ha preso in mano i miei fogli. Mi ha addirittura sorriso dopo avergli dato una veloce occhiata; questo mi ha rasserenata. Penso di non essere andata così male questa volta. Ho pranzato da sola in mensa solo in compagnia di Cime Tempestose. Ho scritto a Sarah durante la pausa pranzo e mi ha risposto circa due ore dopo. Ha dormito fino alle 14:30; quanto la invidio. Vorrei dormire anche io, ma non la invidio certo per la febbre. Le è salita durante la notte e il mal di testa non le permette di fare niente se non di starsene sdraiata a letto a guardare il soffitto. Mia mamma mi è venuta a prendere in perfetto orario e mi ha riaccompagnata a casa dove mi ha lasciata sola per andare a lavorare. Subito dopo mi sono cambiata e sono scesa al piano terra. Sono entrata in salotto, ho preso una coperta e ho acceso il camino. Ho iniziato a guardare un film sdolcinato sdraiata sul divano e non mi sono ancora mossa neanche per cambiare posizione. Dopo un'ora questo film mi ha già stancata. Contro voglia allungo la mano verso il comodino al lato del divano e afferro il telecomando. Scorro tra i canali e mi fermo quando trovo un episodio di Grey's anatomy.
Dopo venti minuti suonano alla porta. Sbuffo e mi alzo da divano e vado ad aprire a mia madre.
«Mamma,» incomincio stupita. «Come mai sei già qui?» Di solito il sabato lavora fino a sera. Il bar è sempre pieno il sabato.
Alza le spalle mentre si toglie il cappotto nero e lo appende accanto al portone di ingresso.«Mi hanno dato la serata libera.» Si volta e mi sorride.
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Non moriremo mai
Fantasy❗️ATTUALMENTE SOSPESA❗️ 23 luglio 1612, in un piccolo villaggio della campagna inglese, sette donne vengono bruciate sul rogo. Tra loro c'è Caroline: una giovane strega bramosa di vendetta contro il popolo che ha acclamato la sua morte. Il destino v...