Capitolo 29

3 1 0
                                    

Restiamo in silenzio per un tempo che sembra infinito prima di decidere di romperlo.
«Cosa è successo oggi?» Chiedo seria senza guardarla. Ad essere sincera, ho paura della risposta che potrebbe darmi. Gira la testa verso di me e mi fissa con incredulità. «Davvero non ricordi nulla?» Sul suo viso passa un velo di preoccupazione.
Scuoto la testa. «Ricordo il suono della campanella della prima ora e...» cerco di ricordare ma tutto quello che vedo nei pensieri è il nulla più assoluto. «Poi il vuoto.» Quando non risponde alzo la testa e la trovo a fissarsi le mani che si contorcono.
«Beh...»
Sarah inizia a parlare ma mi viene un'idea. Decido di coglierla al volo mentre mi passa davanti agli occhi. «Mostramelo.» La interrompo parlando con voce ferma. Lei mi guarda scettica e io mi affretto a rispondere alla sua domande inespressa: in che modo?
Come lo farò? «In realtà, non lo so.»
Ridacchia confusamente. «Beh, questo si che è molto confortante.»
Lo ammetto, non ha tutti i torti.
Penso alle giuste parole da dire. Alzo le spalle con noncuranza. «Guarderò nei tuoi pensieri.» Credo sia il modo più semplice in cui lo si possa dire. «Tu devi solo permettermi di entrare nella tua mente.»
«E sei capace di farlo?» Dice sorpresa.
«Solo...» Faccio una pausa e sospiro. «Tu fidati di me, ok?» Le sorrido per incoraggiarla. Poi torno seria. «Non farà male, lo prometto.» Non so perché, ma sono convinta che

non farà male.
Ci pensa per qualche secondo e, alla fine, annuisce. Sospiro. Mi devo concentrare. Alzo le mani e le poggio sulle sue tempie.
«Rilassati.» La mia voce è più dura di quanto volessi. «Chiudi gli occhi, ti aiuterà.» Le dico più dolcemente.
Fa come le dico e io la imito.
«Greta, devi concentrarti.»
La voce calma di mia sorella mi guida e, pochi istanti dopo, mi ritrovo in una stanza completamente bianca. Non ci sono pareti, soffitto, pavimento o rumori. Solo il bianco. Si sta bene qui. Mi guardo attorno: niente, solo bianco.
Sento una voce lontana. «Adesso pensa a cosa è successo oggi» Ci metto poco a riconoscerla: è la mia, ma non lo sembra. Arriva alle mie orecchie come un sussurro. Cerco di capire da dove proviene ma il suono si perde nel bianco e svanisce rapido come è arrivato.
Una ragazza dai capelli biondi compare nel mio campo visivo. Sembra spaventata. Non sembra notare la mia presenza. Lo spazio intorno a lei cambia: il bianco si colora e iniziano a comparire degli oggetti. Banchi scolastici, mobili, zaini, borse, finestre e una porta fanno il loro ingresso della mente di Sarah. In pochi secondi sono catapultata nell'aula di Storia. Vedo me stessa camminare avanti e indietro nello spazio che separa la prima fila di banchi della parete che si trova dietro la cattedra. Non mi piace l'espressione che ho sul viso, non sembro io. Poi, scoppia il putiferio. Un vento forte e gelido inizia ad entrare dalla finestra spalancata. Finestra che io ho spalancato. L'altra me aggredisce la professoressa Richards. Sono tentata di non guardare il suo viso mentre diventa paonazzo

per la mancanza d'aria, ma devo farlo. Io devo sapere. L'altra me si accascia a terra e Sarah le si inginocchia accanto mentre la professoressa corre fuori dalla classe stando a stento in piedi. Nell'aula rimangono solo le due ragazze: una svenuta, l'altra piange china sul corpo inerme dell'amica. Sarah la scuote e le urla di svegliarsi ma lei non lo fa; rimane immobile fra le sue braccia. Vedo la mia migliore amica tirare fuori dalla tasca dei suoi pantaloni un telefono, comporre un numero e parlare con qualcuno dall'altro lato dello schermo.
«Ti prego vieni a scuola!» La sento urlare disperata. «No, non va tutto bene...» Singhiozza. «Greta. Lei ha...» scuote la testa. «Vieni a prenderci.» Sussurra e aggancia la chiamata.
Guardo la ragazza piangere per un paio di minuti. Poi, da accanto alla cattedra inizia a spirare un venticello piacevole simile a quello creato dalla fiamma blu. Un piccolo cerchio viola che sembra una spirale compare a mezz'aria e inizia ad ingrandirsi fino ad assumere le dimensioni di una porta. Per qualche secondo Sarah fissa la spirale viola con un'espressione incredula in volto mentre i suoi capelli sono mossi dal leggero vento che aleggia nella stanza. Sposto la mia attenzione da Sarah alla spirale e vedo un corpo passarci attraverso. Mia madre compare davanti alla spirale viola e si guarda intorno. Scruta la stanza per poi fissare il suo sguardo sul corpo inerme della mia sosia. Si accascia anche lei sopra il suo corpo.
Guarda Sarah dritta negli occhi. «Adesso la portiamo a casa, e dopo mi spiegherai cosa è successo. Va bene?» Dice con voce dolce per cercare di rassicurare la mia amica che adesso è più confusa che mai.

La capisco, nemmeno io sapevo che mia madre fosse capace di creare spirali viola dal nulla. Ma, d'altra parte, poco fa ho creato una fiamma luminosa quindi la cosa non mi sorprende più di tanto.
Sarah annuisce. Le due donne stanno cercando di sollevare quel corpo così simile al mio quando dal corridoio si sentono passi di persone che corrono verso l'aula.
«La polizia.» Afferma Sarah spaventata. «Qualcuno deve averla chiamata.»
«Facciamo presto, allora.» Ribatte mia madre con una calma inumana.
Sollevano il corpo tenendo ciascuna una braccio intorno alle spalle. Trascinano l'altra me, che ricade molle in mezzo a loro, in fretta per la stanza e poi spariscono dentro alla spirale.
Lo scenario cambia. Riconosco il camino che si trova nel mio salotto e capisco di trovarmi in casa mia.
Le tre figure escono dalla spirale che si richiude dietro di loro rimpicciolendosi in pochi istanti fino a scomparire. Le due donne distendono il corpo sul divano del salotto; una volta sistemato una delle due parla: è mia madre.
«Cosa è successo?» Parla senza guardare Sarah; guarda il corpo della mia sosia. Come diavolo fa a rimanere così calma in una situazione del genere?
Sento la mia migliore amica lanciarsi nel racconto dettagliato di ciò che è accaduto nell'aula di storia. Mentre lei parla, mia madre si china sul corpo e gli poggia una mano sulla fronte.
Aspetta che Sarah abbia finito di parlare e poi apre la bocca. Un suono preoccupato ne fuoriesce. «Scotta. Ha usato troppa magia.»Si prende il viso fra le mani per poi passarsi

quella destra tra i capelli. «Devi andartene, subito.»
Sarah si irrigidisce. «Perché?» Chiede sorpresa. «No, no lei ha bisogno di me. Io devo...» Inizia a borbottare.
Mi madre si alza e le va di fronte. «Tu devi solo andare a casa.» Dice impassibile.
Allibita, Sarah prova a parlare ma mia madre la ferma di nuovo alzando la mano destra e sollevando il dito indice. «Senti, so che le vuoi stare affianco ma ha bisogno di cure che solo le streghe anziane possono darle. Quando loro arriveranno qui tu non dovrai esserci.» Chiude gli occhi e sospira per cercare di mantenere un tono di voce calmo. «Sai benissimo anche tu che loro non devono sapere che tu sai di noi, vero?»
Sarah annuisce.
«Bene. Quindi potrai ben capire il motivo per cui ti sto chiedendo di andartene.»
La mia amica chiude gli occhi e si passa i dorsi delle mani sugli occhi per asciugarsi le lacrime. «Quando Greta si sveglierà lei mi chiamerà subito, non è vero?»
Mia madre annuisce. «Certo.»
«Ok.»
Sarah si china sul corpo e gli stampa un bacio sulla fronte. Si raddrizza e si incammina verso la porta di casa seguita da mia madre. Poco prima che la porta si richiuda alle spalle di Sarah, lei parla richiamando l'attenzione di mia madre. «Ethel...»
La sua testa fa capolino da dietro la porta. «Si, cara?» «Cosa era quella spirale viola?» Domanda Sarah curiosa. Mia madre le sorride. «Un portale.»
«Oh, ok...»
Sarah si gira e inizia a camminare velocemente per le strade

di Tecani.

Non moriremo maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora