giovedì 17 maggio 2012
Ieri ho passato tutto il pomeriggio a leggere, trascurando la montagna di materie da studiare per i test finali di questo mese. Verso le otto di sera mia madre ha bussato alla porta di camera mia urlando, senza entrare, che la cena era pronta. Dieci minuti dopo ero a tavola e mia madre stava rovesciando le verdure nel mio piatto. Abbiamo mangiato pollo, broccoli e carote bollite. Dopo aver consumato la cena in completo silenzio e il più velocemente possibile, sono tornata in camera e mi sono costretta ad aprire il libro di biologia. Ho studiato un po' e poi mi sono messa a letto. Fortunatamente non ho avuto incubi.
In questo momento, seduta accanto a me nell'ultima fila dell'aula di geometria, la mia migliore amica si diverte a lanciarmi bigliettini dove elogia Klaus Grint, il ragazzo seduto in terza fila due posti avanti a me. Si è trasferito in questa scuola due mesi fa e Sarah gli ha puntato gli occhi addosso dal primo momento. Non capisco perché non ci prova con lui; più della metà dei ragazzi della scuola vorrebbero uscire con lei.
Il suono della campanella mi riempe le orecchie. Il nostro vecchio professore dai capelli grigi e corti smette di scrivere alla lavagna e si gira verso noi studenti. «Va bene ragazzi, ci fermiamo qua per oggi...» continua a parlare ma io non lo ascolto più.
Raccolgo lo zaino, mi alzo e trascino la mia migliore amica nei corridoi della scuola facendola quasi cadere. «Ma cosa fai?» La sua voce sorpresa è troppo alta. Talmente alta che Klaus si gira verso di noi e ridacchia scuotendo la testa. «Greta che succede?» Mi supplica di parlare ma io rimangoin silenzio.
Le lascio andare il braccio appena, intorno a noi, il corridoio si anima. Decine di studenti vanno in ogni direzione; escono dalle aule quasi vuote e entrano in altre; molti di loro si dirigono in mensa, e noi ci incamminiamo insieme a quest'ultimi. Sento Sarah sbuffarmi accanto. Sorrido ma non rallento il passo.
Alla fine del corridoio si apre la mensa: un'enorme stanza capace di ospitare tutti i 339 studenti della Handry contemporaneamente.
Davanti a noi, sul il lato sinistro della mensa, una donna di colore dai capelli racchiusi in un chignon alto, e una donna dai capelli castano scuro, distribuiscono il cibo agli studenti da dietro un balcone sempre lindo. Ci mettiamo in fila aspettando il nostro turno, mentre Sarah davanti a me è palesemente scocciata di essere stata trascinata via davanti a Klaus. Arriva il nostro turno; scelgo delle fettine di carne e le patate arrosto, una bottiglietta d'acqua e una mela verde. La mia migliore amica mi aspetta con il suo vassoio beige tra le mani mentre io aspetto il mio. Mi stupisco nel vedere che abbiamo scelto le stesse cose tranne per la banana, che lei al posto della mela. Appena me lo consegnano attraversiamo la mensa puntando alla terrazza. Superiamo il lungo tavolo dei più popolari della scuola, che rivolgono un un cenno della testa e un sorriso all'atletica ragazza bionda che mi sta tenendo il muso. In ogni caso, loro non mi vedono neanche. Sinceramente non capisco come Sarah preferisca passare tutte le pause pranzo con me e non con persone come loro; persone che le assomigliano di più. Il bidello, che in questo momento sta pulendo il pavimento accanto alla porta che dà sulla terrazza, ci vede con i vassoipieni e, cortesemente, ci apre la porta. Lo ringraziamo, usciamo all'aperto e i caldi raggi del sole ci accarezzano la pelle del viso. Ci sediamo a uno dei tavoli rotondi appoggiando i nostri vassoi con cautela.
Sarah non guarda neanche il cibo e porta subito tutta la sua attenzione su di me. «Adesso vuoi dirmi che diavolo ti è preso?» Mi urla contro. Una smorfia le deforma il viso e il suo tono di voce eccessivamente alto richiama l'attenzione sui due gruppi di studenti che, come noi, hanno deciso di usufruire di questa rara giornata di sole. Tutte le persone presenti nella terrazza si girano verso di noi incuriositi. Sarah gli lancia un'occhiata assassina e loro, scoraggiati, tornano a fare quello che stavano facendo. Torna a rivolgersi a me. «Allora?»
Svito il tappo rosa della mia bottiglia d'acqua. «Dovevo parlarti.» Alzo le spalle e avvicino il becco della bottiglia alla bocca mando giù un sorso di acqua tiepida.
La sua faccia in questo momento è meglio di qualsiasi premio. «Oh si hai pienamente ragione, questa si che è un buon motivo per trascinarmi attraverso la scuola davanti a tutte le persone che frequentano questa scuola!» Il sarcasmo nella sua voce è palpabile.
Sorrido e inizio a mangiare la carne che nel frattempo a iniziato a freddarsi nel piatto. Sarah mi imita.
«Sentiamo, cos'era che dovevi dirmi con tanta urgenza?» Parla senza alzare lo sguardo del suo piatto. Nella sua voce sento una punta di divertimento ben velata. Non mi darà la soddisfazione di vederla anche solo lievemente divertita. Mando giù un pezzo di carne morbida mentre la mia migliore amica infilza una povera patata e se la porta alla bocca. Mi chino e raccolgo lo zaino da terra e poggio sultavolo. Apro la cerniera e cerco nella piccola tasca sul davanti dello zaino. Tito fuori il telefono e il caricabatterie nero che mi ha regalato questa ragazza dai capelli biondi per il mio scorso compleanno. Lo stacco dalla carica e richiudo lo zaino, lo rimetto al suo posto e torno a concentrarmi su Sarah. «Sai benissimo cosa sia successo alla cerimonia,» la mia migliore amica annuisce. «Ma noi sai ciò che è successo il giorno del mio compleanno.» Non stacca gli occhi dai miei. Abbasso lo sguardo sul telefono e controllo l'ora: mancano 21 minuti alla fine della pausa pranzo. Ritorno a guardare Sarah e lei mi sprona a continuare a parlare con un gesto della mano. «Allora...» bevo un sorso d'acqua e ricomincio a parlare. «Dopo la scuola mia madre mi ha riaccompagnata a casa e, dopo una sorta di riunione madre-figlia molto suggestiva, mi ha consegnato un diario. Era di un mio antenato.»
Mi fermo per addentare la mela e Sarah ne approfitta per domandarmi qualcosa. «Un antenato quanto lontano?» La sua voce è piena di curiosità.
Alzo le spalle. «400 anni.»
«400 anni?» Dice a voce troppo alta. Si guarda intorno ma nessuno ci ha fatto caso. «400 anni?» Ripete con un tono di voce più basso ma sempre pieno di curiosità.
Rido genuinamente davanti alla sua faccia. Credo che se qualcuno dicesse ad un bambino che babbo natale gli farà visita prima di Natale perché è stato buono tutto l'anno, l'espressione di quel bambino sarebbe la stessa di quella di Sarah in questo momento. «Già, sono tanti vero?» Le sorrido.
Annuisce con veemenza mentre mastica un boccone di carne.«Ad ogni modo, sui scrisse quel diario durante gli ultimi mesi della sua vita.» Addento la mela e appena finisco di masticare riprendo a parlare. «La mamma dice che si è suicidato. Ha detto che era come uscito di testa per colpa di una strega.»
Per un pelo, Sarah non si strozza e incomincia a tossire. Le apro la sua bottiglia d'acqua e gliela passo. Ne beve un sorso e si riprende. «Stai scherzando spero.»
Le faccio segno di no con la testa.
Si ricompone prima di parlare. «Hai letto il diario.»
Scrollo le spalle. «Solo alcune pagine. Ho le foto.» Prendo il telefono e glielo passo.
«Perché non hai portato direttamente il diario?» Ha la faccia arricciata in un punto interrogativo.
«Mia madre non vuole che me lo porti dietro; è considerato un cimelio di famiglia e penso abbia paura che io lo perda.» Ma lei quasi non mi ascolta. Ha gli occhi piantati sullo schermo ed è talmente vicino ad esso che la luce artificiale che emana le illumina la faccia.
Continua a leggere fino ad arrivare al punto in cui sono arrivata io mentre smangiucchia il suo pranzo, alza la testa e, con un tempismo perfetto, suona la campanella che ci ricorda di tornare in classe.
Ci guardiamo e mi riconsegna il telefono. Ci alziamo e andiamo a svuotare i nostri vassoi nei bidoni appositi in silenzio. La guardo mentre butta la buccia di banana nell'organico e mi concentro sulla sua faccia. La fronte corrugata e gli occhi persi indicano che sta riflettendo. Percorriamo il corridoio al contrario e ci dirigiamo verso l'aula che ospita la nostra prossima lezione.
Sulla soglia dell'aula, già piena di studenti, si gira verso dime e con un'espressione seria mi chiede di inviarle il resto delle pagine nel pomeriggio. Dice che poi ne parleremo insieme e che c'è qualcosa che probabilmente le è sfuggito. Ci sediamo ai nostri posti mentre la professoressa entra nell'aula. Quest'ultima inizia a parlare e noi non parliamo del diario per il resto delle lezioni.
La luce del sole inizia ad abbandonare la città. Allungo la mano e accendo la lampada bordeaux e in pochi secondi la luce calda inonda le pagine ingiallite del diario del mio antenato. Prima di iniziare a leggere afferro il telefono da sopra la trapunta nera del mio letto alla mia destra. Apro la fotocamera e inquadro i fogli. Scatto foto alle pagine che Sarah non ha ancora letto, cercando di non leggere cose che potrebbero anticiparmi qualcosa che ancora non so sul conto di Oscar o sulla sua storia. Quando ho finito rimetto il telefono sul letto e mi immergo nella lettura.
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Non moriremo mai
Fantasy❗️ATTUALMENTE SOSPESA❗️ 23 luglio 1612, in un piccolo villaggio della campagna inglese, sette donne vengono bruciate sul rogo. Tra loro c'è Caroline: una giovane strega bramosa di vendetta contro il popolo che ha acclamato la sua morte. Il destino v...