Capitolo 27

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La Richards aspetta la fine di quel suono quasi assordante, poi riprende a parlare. «Insomma» sussurra agitata. «Io...» dice prima di bloccarsi e guardarsi in torno in cerca di aiuto.
Poverina, non sa cosa dire. E io non riesco più a contenermi. Non sapete veramente niente di come funzionano le cose. Inizio a ridere. Quando capisco di far attirato abbastanza attenzione torno seria, anche se un lieve sorrisetto mi rimane sulle labbra. «In realtà Klaus, il popolo aveva un grande, grandissimo potere.»
«Come ho già detto prima signoria Dixon: potrete esprimere la vostra opinione quando vi...» La professoressa Richards cerca di riprendere il controllo, ma io non glielo permetto. Penso si siano già dette fin troppe cazzate oggi. «Se permette...» mi alzo e la raggiungo. Adesso siamo allo stesso livello. Davanti a me quasi tutti i miei compagni mi guardano sbalorditi. Sto sfidando la professoressa, lo so, e ne pagherò volentieri le conseguenze ma, adesso, qualcuno deve aprire gli occhi a questi ciechi. Tutti sono esterrefatti. Tutti, tranne uno: Sarah mi guarda con un sorrisetto sulle labbra. Le faccio l'occhiolino e poi mi rivolgo alla classe. «Ecco.» Allargo lievemente le braccia e poi le faccio ricadere lungo i fianchi. Giro la testa verso la Richards. «Molto meglio, non crede?»
I nostri occhi si incrociano. Lei apre la bocca e io, quasi involontariamente, stringo le mano destra a pugno. La sua bocca si chiude a tempo con la mia mano. Ma non ho detto niente! Penso meravigliata. Lei prova a parlare ma le sue labbra sono incollate. Wow, credo di star scoprendo i vantaggi di avere i poteri di due streghe in me. Prova a fare

un passo verso di me, ma io sono più veloce.
Sussurro schiudendo appena le labbra: «No.» Quello che ne esce è un rivolo di voce impercettibile alle orecchie di chi non mi sta a pochi centimetri dalla bocca. Il suo corpo risponde a quel suono e si blocca. "Girati verso la classe, sorridi e giungiti le mani in grembo. Lasciami parlare". Le comunico in silenzio. E lei, come un burattino nelle mie mani, esegue. Non ho idea di come io lo abbia fatto, ma questa cosa mia piace.
Adesso anche Sarah è perplessa. Sta fissando la Richards che osserva serena la classe. «Greta, che...» Sposta lentamente lo sguardo dalla professoressa a me. I miei occhi incontrano i suoi. In quegli occhi leggo la curiosità e stupore mista ad un sentimento che raramente posso dire di aver associato alla mia migliore amica: la paura.
Con un cenno della testa cerca di farle capire che va tutto bene, ma non sono sicura di essere riuscita nel mio intento. Mi rivolgo nuovamente alla classe. «Allora, dove eravamo rimasti...» cerco di fare mente locale. «Ah, giusto.» Batto le mani inconsciamente e, lentamente, inizio a camminare avanti e indietro davanti alla prima fila di banchi. «Durante questa lezione non ho parlato affatto, quindi desidero dire la mia.» Dico guardando il pavimento.
In classe nessuno osa fiatare. Se anche la mia migliore amica- che sa quello che sono e che non le farei mai del male- ha "paura", non oso immaginare cosa stanno provando questi poveri adolescenti. Mi guardano con occhi curiosi, quindi decido di parlare. Spero di soddisfare la la loro curiosità. Sorrido per alleggerire la tensione che aleggia nella stanza, ma non funziona. Cerco di capire cosa c'è che non va. Dannazione, è la Richards! Solitamente non

si comporta così e, sopratutto, non sorride alla classe come se volesse bene ai suoi studenti; a malapena sa i nostri nomi. Devo rimediare.
"Comportati normalmente, ma non cercare in nessun modo di ostacolare quello che faccio." Come è successo prima, lei esegue senza esitazioni.
La professoressa Richards torna seria, si appoggia alla cattedra e, con un cenno della mano, mi da il permesso di parlare.
Annuisco e mi giro verso la classe.
Alcuni si sono leggermente calmati, mentre altri sono ancora sulla difensiva.
Inizio a parlare mentre riprendo a passeggiare. «Vorrei cominciare dell'inizio della lezione. Se non sbaglio,» certo che non sbaglio. «Una delle prime domande fatte dalla professoressa è stata: credi che le persone- quindi il popolo- possa essere giustificato per quello che ha fatto solo perché era spaventato?» Mi giro verso la Richards per chiederle conferma e lei me la da con un accenno della testa. Annuisco a mia volta e riprendo a parlare. «Uno di voi- ignoro l'identità di quest'ultimo- ha risposto che si, secondo lui poteva essere giustificato a causa della paura. Beh, io non la penso così.» Dico severa. Sento la rabbia salire; mi colora le guance di una rosa tenue e mi preme sul cuore per farlo battere più velocemente.
«Greta...» Mi chiama notando il cambiamento del mio tono di voce.
«Lasciami fare, va tutto bene.» Le dico senza nemmeno guardarla.
Guardo gli studenti. «Chi di voi invece crede che sia esattamente così alzi la mano.»

Non moriremo maiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora