Capitolo 42

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7 luglio 2018.

*AURORA*

Guardai l'orologio, segnava le 12:20. Ero arrivata in tempo, alle 12:30 finivano le lezioni di teatro di Angela e del figlio di Giuseppe e spettava a me andarli a prendere.
Giuseppe, come al solito, era pieno di impegni e non sarebbe riuscito a passare lui, quindi aveva chiesto a me di prendere i bimbi e di portarli da me. Poi ci avrebbe raggiunto nel mio appartamento, e avremmo pranzato tutti assieme, come accadeva ogni tanto.

Vidi entrambi i ragazzini camminare nella mia direzione, lì salutai con un cenno della mano e un sorriso. Sembravano così felici, spensierati.

"Come state?"

"Bene!" dissero con allegria, all'unisono.

"Ma papà dov'è?" domandò il figlio di Giuseppe, guardandosi attorno, quasi come se sperasse di vederlo apparire improvvisamente.

"Al momento credo sia ancora a Palazzo Chigi." ipotizzai.

"Che palle, sta sempre là..." sbuffò lui.

"Lo so, mi dispiace." risposi, accarezzandogli una spalla. "Ora è molto più impegnato di prima. Però comunque a pranzo è libero, mangeremo tutti assieme."

"Menomale." sospirò, anche se sembrava un po' triste.
Mi fece tanta tenerezza, mi venne quasi voglia di stringerlo a me e consolarlo. Volevo dirgli che lo capivo, che anche io avevo passato quelle stesse cose sue, perché anche mio padre era sempre assente.
Ma mi trattenni, mi limitai ad accarezzargli una spalla e basta, temevo che qualche gesto più affettuoso gli avrebbe dato fastidio.
Per lui ero solo la tipa di suo padre, nulla di più. Mi portava rispetto, così come io portavo rispetto a lui, ma finiva lì, anche perché non ci vedevamo molto spesso e quindi non eravamo riusciti a instaurare un rapporto amorevole e amichevole.
Quando Giuseppe era libero e riusciva a vedersi con suo figlio, lasciavo a entrambi i loro spazi e facevo in modo di non esserci.
Era giusto che passassero del tempo assieme solo loro, senza nessun altro. Già si vedevano poco, quindi non mi sarei mai e poi mai permessa di intromettermi nel loro rapporto.
Sarei stata di troppo, e quasi sicuramente anche Angela.

"Ho fame..." disse mia figlia, con un tono di voce che sembrava un lamento.

"Andiamo allora, su!" risposi, e ci incamminammo verso il parcheggio.

"Ma che si mangia?" domandò il ragazzino, alzando lo sguardo verso di me.

"Tuo papà mi ha detto di fare un'amatriciana, va bene a entrambi?"

"Sì, sì." annuì lui.

"Anche a me." rispose Angela.

"Perfetto, allora." dissi con sollievo.
Ero contenta che andasse bene a entrambi, sapevo che a quell'età i bimbi fossero spesso schizzinosi.

Non appena salimmo nell'auto, calò uno strano silenzio tombale. Pensai di chiacchierare un po' con loro, non mi piaceva vederli entrambi muti come pesci e con lo sguardo abbassato sui loro tablet. Domandai a entrambi cosa avessero fatto a teatro, quindi mi feci raccontare la loro giornata nel dettaglio, poi iniziarono a parlare di film, di chi fossero i loro attori preferiti... Sembrava che al figlio di Giuseppe si illuminassero gli occhi mentre ne parlava, sprizzava proprio gioia da tutti i pori. Quella era la sua passione, e stranamente era riuscito a convincere anche Angela a iscriversi a quel corso con lui.
Mia figlia invece sembrava un po' più svogliata, non era minimamente interessata alla recitazione, però allo stesso tempo sembrava curiosa di fare quella nuova esperienza.

Guidai fino a casa mia, e dopo aver trovato parcheggio, scendemmo tutti dall'auto per avviarci verso l'edificio in cui abitavo. 

Durante quella breve camminata, i due risero e scherzarono per tutto il tempo.
Sembravano davvero uniti, come se fossero fratello e sorella. Passavano davvero tanto tempo assieme ed era evidente che tenessero l'uno all'altra.
Ciò, naturalmente, faceva piacere sia a me che a Giuseppe, perché era un problema in meno di cui occuparsi.
Ogni tanto mi fermavo a pensare a come sarebbero andate le cose se i nostri figli non avessero accettato la nostra relazione. Sarebbe stato difficile per entrambi andare avanti sapendo di non avere il supporto delle due persone più importanti delle nostre vite.
Eravamo entrambi fortunati da quel punto di vista, ma soprattutto io. Ero riconoscente a suo figlio per il modo in cui si comportava con me.
Non era mai stato ostile o maleducato nei miei confronti, come invece mi aspettavo che fosse, ma invece era gentile e rispettoso.
Ovviamente ciò non voleva dire che gli stessi simpatica o che mi volesse bene. Semplicemente... Non mi odiava. E a me bastava quello.

I Wanna Be Yours // Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora