Capitolo 8

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"Dove vai a sta ora?" chiese la donna indicando l'orologio appeso a una parete del corridoio.

"Un mio collega compie gli anni, organizza una piccola festa." rispose Giuseppe guardandosi allo specchio e stringendosi il nodo della cravatta.

"Ma si può sapere cosa ti prende? Sei più fuori che a casa ultimamente!" rispose lei, visibilmente alterata, alzando la voce. Aveva notato che suo marito in quell'ultimo periodo si tratteneva di più a lavoro, o comunque trovava qualche scusa per rimanere fuori un po' di più e la cosa non le andava giù.

"Sono un uomo molto impegnato." disse l'uomo con un tono di voce molto calmo e pacato. Non aveva nessuna voglia di litigare o di rovinarsi la serata così. Si era stancato di quelle discussioni, non voleva sprecare le sue energie in quel modo.

"E che scusa sarebbe? Hai una famiglia!"

"Dovresti ricordartelo anche tu, prima di iniziare a fare queste scenate inutili davanti a nostro figlio." aggiunse l'uomo, continuando a mantenere la sua solita compostezza, mentre si metteva addosso la giacca.
Era quasi sicuro che il piccoletto fosse in qualche stanza là vicino a origliare.

"Scusami se voglio che mio marito passi un po' più di tempo con la sua famiglia, eh." rispose la donna, alzando gli occhi al cielo e incrociando le braccia. "Sei sempre assente..." continuò poi, con un filo di tristezza nella voce.

L'uomo abbassò lo sguardo, sospirando. Forse aveva ragione. Negli ultimi giorni si tratteneva un po' di più a lavoro, non solo per Aurora, ma anche per riuscire a scappare un po' dalla situazione familiare. Però aveva paura di esagerare, anche sua moglie aveva notato la sua assenza. Forse era davvero troppo.

"Okay, va bene. Domani è domenica, sarò a casa tutto il giorno." disse l'uomo, mantenendo lo sguardo basso, e avvicinandosi alla porta di entrata della loro casa.

"Vabbè. Ti lascio la cena nel microonde, non fare troppo tardi." rispose la bionda avvicinandosi all'uomo e dandogli un pizzicotto sulla guancia, facendolo sorridere. "Divertiti."

"Grazie."

Pochi minuti dopo, Giuseppe era nella sua auto, pronto a partire.
Ma rimase lì immobile e pensieroso.
Quella breve conversazione con sua moglie lo aveva smosso, qualcosa era cambiato. Aveva iniziato a dubitare di se stesso e delle sue convinzioni.
Forse qualcosa si poteva veramente riparare. Nulla è mai perduto del tutto.
Però non era la prima volta che aveva questi pensieri. Lui era un uomo dal cuore enorme, in grado di perdonare il più delle volte, che non perdeva mai la speranza. Eppure ogni volta che pensava che le cose sarebbero migliorate con sua moglie, pochi giorni dopo tornava il mega litigio, facendo tornare entrambi al punto di partenza.
E quindi cosa avrebbe dovuto fare? Non lo sapeva. Ma non era quello il momento giusto per fare scelte importanti. Quella sarebbe dovuta essere una serata tranquilla. Un paio di drink e sarebbe stato più tranquillo. Accese il motore e partì.

Arrivò a destinazione una ventina di minuti più tardi. Parcheggiò là vicino ed entrò nel locale in cui si teneva la festa.
Si guardò attorno, esplorando la zona. Era un locale davvero raffinato e spazioso, che poteva ospitare un numero indefinito di persone, anche se quella sera c'erano solo loro, una trentina di persone, perlopiù avvocati e giuristi in generale.
Alcuni erano seduti sui divanetti a chiacchierare, altri non riuscivano nemmeno a camminare dritti per l'eccesso di alcol, altre coppie - le più coraggiose - ballavano.
L'uomo notò con piacere che le canzoni trasmesse erano perlopiù classici italiani e non. Non era mai riuscito ad avvicinarsi del tutto alla musica contemporanea.
Sorrise. Quello era l'ambiente di cui faceva parte da ormai troppi anni. Conosceva la maggior parte delle persone presenti lì, ovviamente.
In lontananza notò una figura maschile alta, non poteva che essere Paolo. Si avvicinò a lui e lo salutò con una pacca sulla spalla.

I Wanna Be Yours // Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora