Nella selva oscura

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Un mondo pieno di vita li circondò, un mondo multicolore che spiazzava il grigio di quello esterno. Cullati dalla pace e tranquillità dei sogni, la mente era sempre più lontana dai problemi che li perseguitavano.

Kisuke si rannicchiò sotto la coperta, godendosi il calore nostalgico che avvolgendolo scacciò i timori e le preoccupazioni che lo accompagnavano da giorni. Il sonno non tardò ad arrivare e il ragazzino sorrise, perso nei sogni, ignaro della nebbia che si faceva strada in quel mondo perfetto. Era la pallida realtà...o qualcos'altro?

Il caldo lentamente si trasformò in freddo, ma non percepì subito il cambiamento; era troppo preso da quello che lo circondava, dalla bolla creata dalla sua mente, e l'amaro vissuto amplificava la dolcezza delle illusioni.

Ma era impossibile ignorare quel colore cinereo e quando se ne accorse ebbe paura, non voleva più ad avere a che fare con la realtà.

Era veramente la realtà?

Tentò di fuggire da essa, ma l'aveva stretto nelle sue grinfie ed era impossibile scappare. L'aveva preso, oppure quell'abbraccio così gelido e triste c'era sempre stato?  Difficile dirlo, ma sicuramente era difficile accettarne la presenza e imparare a conviverci, anche se punteggiato qui e là da qualche macchia di colore. Un brivido lo scosse mentre il colore pallido in cui era avvolto diventava sempre più scuro, fino al nero totale.

Kisuke aprì gli occhi. La coperta che aveva addosso non bastava più a riscaldarlo e stava tremando, ma la sua attenzione era stata catturata da qualcos'altro: il cielo nero sopra di lui.

Confuso, si mise a sedere. Probabilmente stava ancora sognando, ma era sicuro di non essersi addormentato in una silenziosa foresta di alberi più simili a scheletri che a piante.

Il terreno intorno a lui era duro e compatto, senza traccia di erba o arbusti e ricoperto da un sottile strato di polvere; polvere che fluttuava nell'aria insieme alla nebbia non molto fitta che avvolgeva quel posto desolato.

Lentamente si alzò in piedi, guardandosi intorno con circospezione. <Owashi?> chiamò a bassa voce. Aveva paura di richiamare l'attenzione di qualsiasi cosa potesse abitare quella strana foresta avvolta nella foschia grigia, ma doveva pur fare qualcosa. Non ottenendo nessuna risposta, il cuore iniziò a martellargli ancora più forte nel petto.

Dov'era?

<Owashi?> chiese di nuovo e nel tono trapelò il panico che si stava facendo strada. Il nome continuò ad echeggiare tra gli alberi senza ottenere un cenno di vita. Kisuke sentì le lacrime salirgli agli occhi e il respiro si fece più affannoso.

Perché era lì?

<Owashi?!?> gridò, affondando sempre di più nell'angoscia. Perché il suo migliore amico non era lì? Perché...

...era da solo?

Spaesato e terrorizzato, con passo incerto si avvicinò ad un albero per usarlo come sostegno e lasciar scorrere le lacrime. Voleva piangere fino allo sfinimento, scaricare tutto il peso degli ultimi eventi e addormentarsi con la speranza di risvegliarsi nella tenda, ma per la prima volta nella sua vita si vergognò di piangere.

Una strana ma forte repulsione per quelle gocce salate si impadronì di lui; fu schifato da quel suo attimo di debolezza, ma non era nemmeno sorpreso per quella strana reazione, come se fosse qualcosa di naturale e ovvio.

Confuso, asciugò una lacrima che era scivolata sulla guancia e stringendo i pugni lentamente si rialzò. <Sono un eroe> mormorò portando la mano all'acchiappasogni che aveva al petto, ma l'inquietudine continuava a persistere. <Sono un eroe>.

Cosa doveva fare ora? Era veramente da solo?

Una nuova ondata di turbamento lo riportò ad appoggiare il braccio al tronco e cercò di calmare il respiro, lo sguardo in basso, mentre ripeteva sempre più intensamente la sua formula protettiva nella speranza di scacciare una volta per tutte l'irrequietezza. Sbatté le palpebre per allontanare uno strano pensiero e aggrottò le sopracciglia quando notò un dettaglio curioso.

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