Il Bianco

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Otto cavalli sporchi di fango entrarono a passo lento nel villaggio, sotto gli occhi incuriositi degli abitanti. I vestiti neri di alcuni dei cavalieri erano strappati, esibendo principalmente ferite da taglio; una donna in particolare, aveva il lato destro quasi del tutto scoperto, mettendo in mostra la pelle ustionata e parte del seno. I resti di un tatuaggio tribale piuttosto sbiadito si intravedevano sulla carnagione olivastra meno bruciata, scomparendo completamente dove le ferite erano più gravi. Su quel lato solo i pantaloni larghi, tranne che per dei piccoli strappi e buchi, si erano in parte salvati.

Quello che però saltava subito all'occhio, dopo la donna e un uomo incappucciato con indosso una strana maschera, era l'individuo che guidava il gruppo. I capelli bianchi mossi dal vento e il grosso spadone che portava sulle spalle lo rendevano agli occhi di quei contadini una di quelle cose che solo se erano fortunati avrebbero visto nella loro vita.

Ma gli sguardi che gli abitanti gli riservavano non erano dei migliori. Occhiate sospettose e piene di disprezzo erano dirette prima al colore dei suoi capelli e poi al suo bel volto indifferente, evidentemente abituato a quel tipo di reazione; anzi, forse gongolava pure. Le madri richiamarono i figli e gli uomini strinsero la presa sui loro strumenti da lavoro, l'unica cosa che li tratteneva dallo sputargli addosso era l'arma che portava sulla schiena.

L'odio per i bianchi. Un pregiudizio trasmesso di generazione in generazione, talmente antico che nessuno si ricordava come fosse nato. Sinonimo di cattivo, ogni azione malvagia che venisse commessa era immediatamente collegata a loro, e la natura sembrava che godesse della cosa perché donava casualmente alle persone quel colore di capelli. I genitori, di conseguenza, per evitare che venissero isolati e additati come maledetti, abbandonavano negli orfanotrofi o direttamente per strada i figli venuti al mondo con quella caratteristica. Pochi avevano il coraggio di ucciderli alla nascita, ed era rarissimo che tingessero loro i capelli perché essere scoperti significava condannare a morte l'intera famiglia.

Questo significava che se non fossero deceduti per gli stenti, sarebbero stati costretti a perseguire una vita malavitosa per sopravvivere poiché nessuno in nessun paese avrebbe offerto loro una possibilità; nemmeno come schiavi. Per questo in genere erano considerati ignoranti, buoni a nulla, pericolosi e guardati con disprezzo. La cosa ovviamente permetteva al pregiudizio di persistere e rafforzarsi nel tempo portando, in alcune nazioni, anche a inutili tentativi di epurazione. Ma forse, dietro tutto quell'odio, c'era una paura ormai dimenticata.

Vedere quindi passare tranquillamente per il loro povero villaggio uno di quei maledetti con un cavallo e degli uomini che lo seguivano, il che suggeriva una posizione sociale ed economica superiore, li faceva infuriare. Se fosse stato solo e disarmato l'avrebbero linciato sul posto.

Ignorandoli, come se neanche fossero lì, Nonairu mantenne lo sguardo fisso davanti a sé e continuò imperturbato per la sua strada. Il suo portamento dignitoso lo faceva sembrare un re che camminava orgoglioso tra il popolo degli sconfitti, e questo non faceva che infuriare ulteriormente i presenti.

I suoi compagni, dietro di lui, rimanevano indifferenti alla tensione che c'era nell'aria.

Verso la fine del villaggio la strada si divideva in due ramificazioni. Il gruppetto scelse quella di sinistra, lanciando i cavalli al trotto mentre lasciavano agli abitanti un ricordo che non avrebbero mai dimenticato.

Dopo aver percorso circa quattro kanshi, Nonairu fermò il cavallo e iniziò a scrutare i campi su cui alleggiava come un velo la nebbia mattutina. Non vedendo e percependo nessuna anima viva, guidò la sua cavalcatura attraverso questi e l'intero gruppo gli fu subito dietro. Gli zoccoli rimbombavano sul terreno umido, zolle di terra volavano mentre i destrieri venivano spronati al galoppo con dei colpi ai fianchi. Le loro teste si muovevano su e giù, impegnandosi meglio che potevano per accontentare coloro che li cavalcavano. Il vapore caldo che usciva dalle loro bocche si mischiava con la nebbia che li circondava.

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