Porta via, lontano

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<Ti è piaciuto alla fine, no?> chiese Nami, osservando Kisuke con la coda dell'occhio. Il ragazzino camminava qualche passo più indietro, il volto ancora raggiante.

Strappato dalle sue fantasticherie, alzò la testa. <Da grande voglio... devo diventare un samurai> disse con decisione, sorprendendo Nami per la foga della risposta a una domanda che non aveva fatto.

Sbatté un paio di volte le palpebre prima di sorridere e rispondere: <Allora vedi di non arrenderti finché non arriverai al tuo obbiettivo>, usando una frase che suo padre aveva usato quell'inverno, una delle tante volte in cui non erano riusciti a catturare niente.

<Certo, niente mi fermerà> esclamò, senza sapere quanto fosse difficile per il figlio di un contadino riuscire a diventare un samurai. Se per qualche caso fortuito accadeva, era principalmente per il valore dimostrato in battaglia; altrimenti bisognava nascere come minimo in una famiglia dove il padre vantasse questo titolo, o avesse abbastanza denaro per gli armamenti e un cavallo.

Queste cose però lui non poteva saperle, come non poteva neanche sapere cosa significasse uccidere e le conseguenze; su di lui e le persone legate alla vittima. Erano nemici, bisognava ucciderli ad ogni costo per diventare un eroe e portare a termine imprese grandiose. Questo aveva capito dalle storie di suo nonno che, anche se le aveva vissute, le rendeva più colorite e fantasiose ed era questo, per lui, che significava essere un eroe.

<Anche se non so ancora chi potrebbe allenarmi> mormorò Kisuke pensieroso.

<Visto che tra pochi giorni partiamo per Yaosaka, lì potresti riuscire ad allenarti con Hiroko e gli altri> rispose Nami mentre riprendeva a camminare verso lo stagno.

Per un po' rimasero in silenzio, finché la ragazzina lo interruppe con un sorrisetto sornione sulle labbra sottili.

<Io invece sarò la tua rivale> disse, alzando la testa con fierezza. Anche lei aveva provato un brivido di piacere nel toccare la spada di Hiroko, brivido già provato quando aveva ucciso la sua prima lepre. Quella volta aveva pianto, era veramente piccola e carina, ma suo padre le aveva detto che se non l'avesse uccisa si sarebbe riprodotta, distruggendo poi i raccolti, e loro sarebbero morti di fame.

Finché avrebbero cacciato solo per sopravvivere e ringraziato gli dèi, in particolare quello della caccia, e la mamma, non ci sarebbero state ripercussioni su di loro. Da allora avevano ucciso altri animali insieme, portandola con il tempo a perdere i sensi di colpa, e pensava che probabilmente non avrebbe avuto troppi problemi ad uccidere un cattivone.

<Rivale?> mormorò sorpreso Kisuke.

<Certo. Entrambi ci impegneremo e chi diventerà un samurai per primo vince> disse allegramente Nami. <Anche mio papà aveva un rivale nella caccia, ma alla fine è riuscito a catturare più animali e ha spostato la mamma> continuò con una nota di tristezza e colpevolezza nella voce, un attimo di debolezza che la ragazzina nascose con un colpo di tosse.

<E cosa si vince?> chiese Kisuke affiancando Nami con un balzo, la quale ridacchiò ma non rispose subito.

<Chi lo sa, vedremo> disse con un sorrisetto furbo, iniziando a correre verso l'albero vicino alla "buca" dello stagno. <L'ultimo che arriva perde la nostra prima sfida> esclamò, cogliendo Kisuke impreparato.

Cercò di recuperare il terreno perso ma, nel tempo che ci aveva messo a reagire, Nami era già arrivata a metà strada. Riuscì comunque a recuperarla e quando questa toccò l'albero, lui arrivò neanche due secondi dopo.

<Hai vinto per poco> disse Kisuke leggermente affannato.

<Una vittoria è una vittoria> ribatté Nami con aria di superiorità, messa in evidenza dalle mani appoggiate sui fianchi.

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