Il lungo inverno, durato un anno, era giunto a termine da circa un mese. La neve si era ormai sciolta e solo nei luoghi lontani dal sole, nella fresca oscurità, testardamente continuava a resistere.
Gli alberi, stremati ma vivi dopo il freddo prolungato, avevano iniziato a mettere su le foglie che tremolavano scosse da una leggera brezza. I primi timidi fiori facevano capolino sui rami rendendo il paesaggio, insieme ai boccioli multicolori e ai colli verdi, gaudio e pieno di vita.
Anche il villaggio dai tetti spioventi, circondato da campi pronti ad essere coltivati, era coinvolto e tutti gli abitanti partecipavano con gioia a questo risveglio. Benché fossero abituati a quello strano fenomeno, che si manifestava una volta ogni dieci anni, erano comunque pallidi e smunti per quel periodo interminabile passato quasi tutto in casa. Il buonumore di certo non mancava.
I bambini correvano qui e là come rondini, felici di poter essere finalmente liberi da quella che per loro era stata un'interminabile prigionia. Anche se gli adulti li sgridavano quando andavano a sbattere contro di loro, niente poteva rovinare la loro allegria. Vedendoli, gli anziani sorridevano, probabilmente ricordandosi di quanto anche loro erano stati giovani e senza pensieri.
I più piccoli giocavano nei confini del villaggio, ma un gruppetto di quelli più grandi, formato da tre ragazzi più o meno della stessa età, con addosso le occhiate invidiose di questi, superarono i limiti imposti dai genitori per dirigersi verso il loro luogo d'incontro. Lasciando impronte nel terreno morbido e da poco rivangato, correvano con tutte le loro forze verso un avvallamento in cui si trovava uno stagno come se stessero scappando da qualcuno.
Passarono accanto un albero che cresceva sul bordo dell'avvallamento e tra le cui radici nascondevano i loro tesori, facendo così la loro entrata in quel piccolo regno dove si mettevano al sicuro dalle femmine. Queste, infatti, nei loro infantili giochi, assumevano l'aspetto di mostri da battere o esseri che mettevano in pericolo il loro regno sullo stagno. Sognavano di affrontarle, ma finivano quasi sempre per nascondersi da loro.
O peggio.
Questa inimicizia, infatti, non era del tutto vera. Spesso lasciavano unirsi al loro gruppo, con grande disappunto delle altre, qualche ragazza un po' più maschiaccio. Un onore quasi sempre conquistato con la forza e testardaggine che le permetteva di autoproclamarsi regina e comandarli a bacchetta.
Affannati per la corsa, si fermarono accanto all'albero alto una decina metri, sul margine dell'avvallamento. Alla sua base, tra due radici e coperto da una zolla di terra, c'era un buco alquanto profondo da cui ognuno prese una fionda e delle bandane. Erano quasi tutte bianche, tranne per una nera che avrebbe indossato il capo eletto per estrazione.
<Dobbiamo aspettare Owashi per eleggere> prese la parola un ragazzino dagli occhi verdi, i tratti del viso particolarmente belli e la capigliatura di un vistoso colore bianco. Figlio del feudatario, viveva in quel villaggio con un tutore così da abituarsi a stare tra la gente comune e comprenderne problemi.
<Come sempre è in ritardo> borbottò uno di loro, i capelli neri a caschetto e il viso tondo, già sul bordo dello stagno a tirare sassi con l'intenzione di farli rimbalzare a pelo d'acqua.
<Probabilmente gli avranno assegnato un compito e ora starà cercando di sgattaiolare di casa> mormorò Akahi, il ragazzo con la chioma bianca, mentre saliva sull'albero e si sistemava a gambe incrociate su una piccola piattaforma a tre metri di altezza che fungeva da posto di guardia. Da lì si poteva avvistare chiunque cercasse di avvicinarsi allo stagno, tranne quando il grano o le pannocchie erano abbastanza alte per permettere a qualcuno di avvicinarsi indisturbato.
<Quando sono uscito di casa mi ha detto che vuole farci vedere qualcosa> disse Kisuke, mentre agitava per aria una spada di legno scolpita dalle mani esperte e sapienti del nonno, che oltre a creare come per magia dei giocattoli raccontava affascinanti storie di guerrieri e le battaglie che avevano combattuto. Dopo aver abbattuto un immaginario nemico con un terribile fendente dall'alto verso il basso, con un gesto che cercava di imitare i samurai dei racconti, rinfoderò la spada in un'immaginaria custodia. Questa in realtà rimase a penzolare nella fascia che teneva legata ai fianchi.
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Grey World
FantasyIn una giornata nevosa un vecchio mette tra le mani di Kisuke un acchiappasogni, simbolo dei guerrieri di un popolo ormai estinto, invitandolo a inseguire il sogno di diventare un eroe e restituirgli l'oggetto quando questo avrà una storia da raccon...