quindici

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Selene si schiaffeggiò leggermente la fronte quando sentì il rumore delle gocce di pioggia che battevano sul suolo, e realizzò di avere i piedi nel fango: le Timberland zuppe di acqua piovana e sporche di terriccio mischiato con foglie secche; di lato a lei una casa di cui non si ricordava affatto, e aveva di fronte...due ragazzi.

La ragazza, la più piccola tra i due, era di spalle e la sua figura veniva sovrastata da quella del ragazzo che a sua volta le stava di fronte, ma a debita distanza.

-Forse ho sbagliato a fidarmi di te.- urlarono entrambi, con i pugni chiusi e le gambe piantate al suolo. Le loro voci erano potenti, molto forti, perché non volevano essere sovrastati dalla pioggia. Selene vide la ragazza mora passare oltre il ragazzo, quel ragazzo che i suoi occhi parevano non volessero mettere a fuoco.

-Sierra, aspetta! Ti accompagno a casa!- urlò lui, ma la sua voce potente fu assolutamente ignorata dalla più piccola, che non rispose mai alle tenerezze del maggiore. Selene percepì di avere osservato la scena da dietro un albero di quel bosco che pareva immenso, dove al centro c'era quella strana casa che pareva addirittura bruciata, oltre che sicuramente abbandonata.

Le venne da ridere a vedere la sagoma alta di quel ragazzo restare in piedi da solo, senza sapere cosa dire né cosa fare. Rise perché lei avrebbe fatto lo stesso, l'avrebbe lasciato esattamente lì. Si ritrovò a complimentarsi mentalmente con quella mora tanto determinata quanto testarda.

Nel frattempo, la figura slanciata di quel ragazzo sconosciuto aveva trovato il tempo di sedersi sugli scalini esterni di quella grande casa. Selene, a dire la verità, avrebbe tanto voluto vederlo in viso, ma sembrava non ne avesse neanche uno, poiché il suo volto era totalmente oscurato. Quando quest'ultimo, che forse aveva avvertito dei rumori di foglie secche sgretolarsi sul suolo, si voltò in direzione di dove era nascosta la ragazza, quest'ultima si ritrovò ad inciampare.

Ad accoglierla non ci fu il suolo fangoso, ma solo il vuoto.

-Cazzo!- imprecò, ma si mise subito una mano sulla bocca per tappare le urla quando si accorse di essere in camera sua. O meglio, camera di Daniel. -Non cominciamo con i sogni strani, adesso.- parlò tra sé e sé, quando si accorse che tutto quello che aveva visto era stato semplicemente frutto della sua immaginazione.

Piuttosto, emise un verso di lamento quando si accorse di essere sotto le coperte; in quel letto mediamente comodo, sicuramente molto meglio del sacco a pelo dove Daniel si era addormentato la notte precedente senza voler ascoltare le proteste della minore.

Lo vide: dormiva serenamente per terra; aveva il braccio destro sotto il cuscino, la guancia sinistra pressata contro il tessuto della coperta e una mano tra la folta chioma color carbone. Le sue palpebre chiuse non permettevano a Selene di scorgere neanche un minimo accenno di quegli occhi verdi così belli, e quasi se ne dispiacque.

Tuttavia, la sua attenzione venne fastidiosamente attirata da un rumore che lei riusciva a sentire nonostante fosse abbastanza innaturale per un umano -cosa che lei non era più, e che in realtà non era davvero mai stata. Diede la colpa agli ultra sensi, che il giorno prima i ragazzi le avevano rivelato avesse.

Si portò due mani sulle orecchie per non sentire quell'odioso rumore di padelle sfrigolanti, ma neanche quello funzionò.

-Non servirà a molto, fidati.- le aveva detto infatti una voce. Quando si girò vide, sul ciglio della porta di quella stanza, la figura sorridente di Austin Gray: probabilmente era il ragazzo con cui aveva parlato meno di tutti, ma non per questo le stava antipatico, e anzi, trovava anche lui molto gentile.

-C'è un altro modo per imparare a controllare tutti questi rumori e...odori?- domandò lei, mentre teneva i denti stretti.

-Se vieni sotto a fare colazione, te lo spiegheremo.- le propose, sistemandosi con uno scatto rapido delle dita la montatura degli occhiali, facendola aderire meglio sul ponte del naso dritto.

𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐦𝐞 𝐛𝐚𝐜𝐤 • 𝐃𝐄𝐑𝐄𝐊 𝐇𝐀𝐋𝐄 •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora