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Le ore in quella specie di magazzino di anime non passavano mai, e ad essere sinceri la piccola Stilinski non aveva neanche la certezza che lì esistesse davvero il Tempo. Non riusciva mai a vedere uno spiraglio di luce o di buio; solo grigio e polvere.
Sembrava avesse la schiena appoggiata a quel pilastro di cemento da anni. Aveva i muscoli intorpiditi, lo sguardo che vagava nel vuoto e le labbra che di tanto in tanto si increspavano, prima di sbuffare sonoramente. Boyd le aveva detto che se si fosse sentita pronta per svegliarsi l'avrebbe capito entro cinque giorni, e la cosa che le faceva più paura era proprio il fatto di non sapere quanto tempo le rimanesse.

Voleva tornare sulla Terra, ma nonostante tutto lei rimaneva lì, con la testa infossata tra le ginocchia e il respiro piuttosto corto. Non si stava arrendendo, anzi, solo che non trovava la forza. Si sentiva stanca, continuamente, con gli occhi che minacciavano di chiudersi in un definivo sonno eterno.
Tuttavia non voleva addormentarsi, perché immaginava perfettamente cosa sarebbe potuto accadere se avesse ordinato alle sue palpebre di lasciarsi andare. Per tenersi sveglia e non mettere il cervello in stand by aveva deciso di contare mentalmente, ed era arrivata ad un milione e quattrocentosessantaduemilacinque.
Prima ancora che la vocina nella sua testa finisse di pronunciare il numero successivo sentì due dita farle pressione sul mento, costringendola ad alzare la testa. Scorse il volto stranamente preoccupato di Erica e non sapeva se la cosa dovesse metterle ansia o dovesse esserne piacevolmente sorpresa.

-Sta peggiorando, Boyd.- annunciò a gran voce la bionda, reprimendo una smorfia di fastidio quando udì la sua stessa voce riecheggiare per i soffitti alti di quell'edificio. -Lo sapevo.- aggiunse, e tuttavia nella sua voce non c'era sollievo come Sierra aveva ipotizzato, solo rassegnazione. Per quanto quella Stilinski le desse sui nervi, non sopportava l'idea che Beacon Hills si fosse trascinata dietro una nuova vittima. Considerava disumana la possibilità di morire giovani.
Vedere Sierra Stilinski in quelle condizioni, con il viso pallido, quasi bianco, le labbra viola e gli occhi semichiusi le faceva male.
La mora non aveva neanche più la forza di parlare, altrimenti avrebbe stretto le mani di Erica tra le sue e le avrebbe sorriso, forse per la prima volta da quando era lì. Sapeva che in fondo c'era una parte buona, umana in quella ragazza bionda e bellissima. Tuttavia non riuscì neanche a curvare le labbra in un misero sorriso, che la sua testa ondeggiò da un lato come se stesse perdendo i sensi.

Sentì una goccia colarle lungo la fronte già madida di sudore, e poi due mani fredde che prontamente le alzarono di nuovo la testa costringendola a tenere gli occhi aperti. -Non ti azzardare a chiudere gli occhi, mi hai capito?- ordinò bonariamente Boyd, con un tono di voce basso e rassicurante. Sierra annuì debolmente, trovando per un secondo la forza di rivolgere un sorriso ad entrambi i ragazzi.
-Non lo vedi come sta? Smettila di illuderti.- Erica riprese il suo amico. Per quanto le dispiacesse, in cuor suo sapeva dall'inizio che Sierra non avrebbe mai potuto farcela. Le condizioni in cui versava da ore, se non da giorni, contribuivano ad alimentare la sua tesi.
-Non mi sto illudendo, sono sicuro che può farcela.- il ragazzo rifilò la stessa risposta che aveva già dato all'amica almeno altre quindici volte. Era sempre stato un tipo molto quadrato, realista, quindi il fatto che credesse fermamente nella piccola Stilinski faceva ben sperare. Forse poteva farcela davvero.

Sierra si estraniò da ogni cosa, specialmente dalle voci dei due ragazzi. Aveva letto da qualche parte che i delfini, per dormire, spengono solo metà parte del loro cervello, perché l'altra parte tiene aperto e vigile uno dei due occhi, in modo tale che quello stato di dormi-veglia consenta loro di continuare a nuotare nonostante tutto. Quindi, secondo questi studi, forse lei poteva chiudere almeno uno dei due occhi. Forse poteva addormentarsi, forse...
-Maledizione, resta sveglia!- urlò di nuovo Boyd, prendendole il viso tra le due mani grandi. Invece di estraniarsi da tutto, quindi, cercò di restare sveglia e vigile, concentrandosi su ogni minimo rumore che avvertiva. Riuscì ad aprire completamente gli occhi, tanto da avere una visione sfocata del ragazzo che troneggiava accanto a lei e della bionda che camminava avanti ed indietro per tutta la stanza.
Sierra avvertì le suole delle scarpe di Erica sbattere contro il cemento impolverato, il respiro ansioso di Boyd e addirittura una goccia del suo stesso sudore, che dalla sua fronte finiva sul pavimento.

𝐓𝐚𝐤𝐞 𝐦𝐞 𝐛𝐚𝐜𝐤 • 𝐃𝐄𝐑𝐄𝐊 𝐇𝐀𝐋𝐄 •Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora