Capitolo 33

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L'infermiera lanciò un urlo quando la lampada da notte colpì la parete, andando in frantumi con un rumore sordo. I cocci di vetro e plastica si sparsero sul pavimento, creando un tappeto di schegge taglienti. (Nome), con il braccio ancora proteso in avanti, le lanciò un'occhiata di fuoco.

"Ho detto che voglio essere lasciata da sola!" ripeté per quella che credeva essere la decima volta.

La ragazza che avrebbe dovuto prendersi cura di lei era minuta e graziosa, ma dietro quell'aspetto si celava una persona davvero testarda.
"Devo cambiarti le bende" rispose, incrociando le braccia al petto.

La flebo che era stata attaccata al braccio di (Nome) giaceva sul bordo del letto, l'ago era stato strappato senza troppi complimenti e il nastro adesivo era macchiato di sangue.

"Non me ne frega niente di cosa vuoi"

Il letto di fronte al suo cominciò a tremare, le gambe di metallo si accartocciarono lentamente.

Strinse il lenzuolo fra le dita mentre la rabbia cominciava a prendere il sopravvento, si sentiva le guance bollenti e gli occhi che le pizzicavano, il cuore le rimbombava fin nelle orecchie. Era da quando aveva ripreso conoscenza che aveva l'intenzione di scappare da quel dannato ospedale, quando ci aveva provato, però, era stata subito intercettata dalla stessa ragazza.

"Ci metterò un attimo, poi potrai vedere i tuoi amici" cercò di farla ragionare, per fare successivamente un piccolo passo verso di lei.

"Amici?" Una risata amara le risalì lungo la gola, scese dal materasso con un balzo, reggendosi alla colonnina del letto. "Non credo di averne ormai"

Dopo tutte le bugie che aveva raccontato loro, dopo che per colpa sua Katsuki era stato catturato, era già abbastanza che non avessero deciso di ucciderla nel sonno. Una vocina nella sua testa le ricordava il modo in cui l'avevano difesa di fronte a Shigaraki, però si era convinta che, dopo averci riflettuto con calma, avessero capito che non valeva la pena di battersi per una persona come lei.

"Ora, ti prego, lasciami sola" La sua voce si era fatta stanca, priva di emozioni.

Vide le spalle dell'infermiera incurvarsi leggermente, le rivolse uno sguardo dispiaciuto, come se provasse pena per lei. "Ho capito, non c'è nulla che io possa dire per farti cambiare idea. Se hai bisogno di qualcosa, ti basta schiacciare il bottone sul bordo del letto"

Quando l'altra ragazza - ovvero ogni fonte di distrazione - lasciò la stanza, (Nome) si ritrovò nuovamente sola con i propri pensieri.
Il senso di colpa era come un avvoltoio appollaiato sulla sua spalla che beccava e lacerava la sua coscienza, mantenendo sempre vivo il ricordo degli errori passati. E lei di errori ne aveva fatti fin troppi.

Aveva ferito tutte quelle persone che le avevano teso una mano, mettendole in situazioni di pericolo. Non dubitava che l'Unione dei Villains avrebbe agito anche senza il suo aiuto, però in quel caso avrebbe almeno potuto dare totalmente la colpa a loro per tutto ciò che era accaduto.

Si sentiva sporca, come se qualunque cosa toccasse sarebbe stata corrotta come era accaduto a lei quando aveva messo piede in quel bar clandestino. È quello che succede quando si crede fermamente nelle proprie idee, convincendosi che qualunque altra visione del mondo sia sbagliata. Si finisce per barricarsi all'interno di un muro, allontanandosi da tutto e tutti, fino quasi a non provare più niente.

Non sapeva con certezza quale fosse stato il momento in cui quel muro avesse cominciato a sbriciolarsi, però era certa che da quella prima crepa in poi tutto era cambiato. Le sue emozioni erano tornate a galla, travolgendola, aveva ricominciato a vedere il mondo a colori, come quando dopo un lungo inverno i primi fiori di ciliegio cominciano a sbocciare, ricoprendo le strade di quel loro piacevole colore rosa.

~Cuore scheggiato~ mha // Characters X readerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora