8. In una notte di passione

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Ero una ragazza di trent'anni, avevo conosciuto cosa fosse l'amore e, tristemente, anche cosa fosse il dolore. Avevo amato, tanto, tantissimo, quasi fino all'autodistruzione. Ero stata amata, forse, in parte, mai del tutto, mai così tanto da provare quella sensazione di sicurezza, di pace interiore che si avverte quando sai che quella persona per te ci sarà. Bramavo quel tipo di sentimento.
Credendo di averlo trovato, ero stata tradita ed avevo perdonato, ma mai avevo dimenticato.
E quella sofferenza aveva lasciato un profondo solco dentro di me.
Ora stavo lavorando per ricostruire le mie consapevolezze. Stavo imparando, finalmente, ad amare me stessa. A mettere me stessa per prima, e non un uomo. Mi esercitavo ad amarmi tanto da accettare di me anche quelle insicurezze che gli uomini avevano generato. Mi leccavo le ferite ed andavo avanti, a testa alta. Ricominciavo ogni giorno, ed ogni giorno, dinanzi allo specchio, mi dicevo che sceglievo me, sopra ogni altra cosa.
Ero io la mia persona più importante.
Non avevo bisogno di un uomo per sentirmi utile, ben accetta, completa. Tutto doveva scaturire da me. Doveva nascere in me. Ma di sera, quando mi ritrovavo da sola in un letto troppo grande, desideravo che qualcuno al mio fianco ci fosse. Che mi stringesse, mi trasmettesse per osmosi, per contatto pelle contro pelle, quel calore umano che tanto mi mancava. Faticavo ad ammetterlo, ma desideravo davvero qualcuno che mi rassicurasse e che mi assicurasse che tutto sarebbe andato per il verso giusto.

Dopo Diego non avevo mai concesso ad un uomo di valicare la soglia delle mie insicurezze. Avevo frequentato due uomini dopo di lui, ma, nonostante le piacevoli serate ed il buon sesso, non erano mai arrivati a scoprire veramente chi fossi. C'era un limite oltre il quale non andavo.
Proprio per questo non avevo mai rapporti occasionali, non li concepivo, eppure, in quella serata così particolare, complice un bicchiere di primitivo in più, mi ritrovai nella mia stanza d'albergo con lui.

Ci stavamo spogliando con gli occhi, prima ancora di esserci scambiati anche un semplice bacio.
Eravamo arrivati in albergo con la sua Giulietta e già in ascensore la tensione fra noi si poteva tagliare col coltello. Era un mix di tensione sessuale e desiderio.
Non ricordo chi dei due avesse proposto di tornare in albergo insieme, ma ora eravamo lì, seminudi ed eccitati.
Varcata la porta della mia stanza, nel giro di breve tempo io ero già rimasta in tanga e reggiseno e lui con i soli boxer indosso. Ci eravamo spogliati per davvero adesso, eliminando inutili strati di abiti che seminammo sul pavimento, e che si mischiarono con i miei già sparsi in ogni dove.
Residui delle ore di preparazione precedenti il nostro incontro.
Ci bloccammo in piedi una di fronte all'altro per un attimo, ammirando i nostri corpi seminudi.
Con lui non provavo vergogna. Non me ne fregava nulla della cellulite, delle imperfezioni del mio corpo, di quei fianchi rotondi che altre volte mi avevano arrecato imbarazzo. Era il modo in cui mi accarezzava con gli occhi a dirmi che a lui non importava l'involucro.
A lui importavo io.
Sara.
In quel momento.
Assieme a lui.
Si avvicinò a me ancor di più e mi strinse fra le sue braccia con una dolcezza inattesa. Mi sentii vacillare. Quel gesto conteneva molto più del semplice desiderio carnale, che ci si sarebbe potuti aspettare in una situazione del genere.
<< Sei bellissima Sara. L'ho pensato dal primo attimo in cui ti ho vista sul set. Già pregustavo questo momento. Quello in cui saresti stata nuda fra le mie braccia >>.
Mi scostai leggermente da lui e lo guardai negli occhi blu, che erano un po' annebbiati dall'alcool e dal desiderio.
Mentre mi perdevo nel suo azzurro, pensai che mi fidavo di lui, istintivamente. E che non mi era mai successo prima di quel momento. Le sue parole erano sincere, le sentivo nella pancia, come sentivo l'effetto che esse avevano nella regione appena più in basso rispetto al mio ventre.

Mi avvicinai alle sue labbra, le sfiorai con il naso e gli posai dei leggeri baci sugli occhi, che nel frattempo aveva chiuso. Mi scostai di nuovo da lui e li riaprì, forse sentendosi privato del contatto delle mie labbra con la sua pelle. Allora mi mise una mano dietro la nuca e mi avvicinò nuovamente a lui, stringendo l'altra attorno ai miei fianchi. Non mi lasciava andare.
<< Baciami >>, mi sussurrò all'orecchio.
Mi stava lasciando libertà di agire, di scegliere se andare avanti o se fermarci a quel punto.
<< Baciami Sara, ti prego >>, mi disse, ma ancora una volta non si mosse.
Non me lo feci ripetere un'altra volta. Posai le mie labbra sulle sue. Un casto bacio si trasformò velocemente in un passionale stravolgimento di sensi, in un turbinio di lingue che giocavano a rincorrersi e di mani, mani che si muovevano tracciando disegni di piacere.

La foga con cui ci baciavamo sarebbe stato divertente poterla vedere dall'esterno. Ci avrebbe sicuramente fatti ridere. Sembravamo due adolescenti inesperti che fanno sesso per la prima volta, tanta era la voglia di vedersi nudi, esplorarsi, conoscersi, amarsi.

Continuammo a baciarci, poi Lino mi spinse sul divano e si posò sopra di me. Lo accolsi fra le mie gambe, massaggiandogli la schiena con le dita ed affondandoci le mie unghie con delicatezza. Un gemito leggero quanto sordo scappò dalle sue labbra e fu accolto dalle mie, che dalle sue non si erano più separate.
Approfittai di un suo momento di sbilanciamento per ribaltare le posizioni e mi trovai finalmente a cavalcioni su di lui, che immediatamente mi slacciò il reggiseno, facendolo ricadere lungo le mie braccia e sul suo petto. Lo gettai per terra e presi la sua mano destra. Me la posai su un seno. Lui allora replicò lo stesso gesto con la sinistra, catturando fra le sue dita sapienti anche il secondo. Li avvicinò a se e cominciò a baciarli a turno, mordicchiandoli poi leggermente.
Gemetti. Tutto in me gli lasciava spazio, libero accesso. Spazio e libertà di farmi impazzire.

Quello che successe dopo fu qualcosa che avrei per sempre archiviato nella mia memoria come una delle notti più passionali e belle della mia vita.

Bastò ancora qualche minuto di baci roventi per spingerci ad eliminare anche gli ultimi ostacoli materiali all'unione dei nostri corpi. Furono i suoi boxer a scivolare via per primi, poi fu il mio turno. E lui sfilò via il mio tanga così lentamente da trasformare l'operazione in un lento supplizio.
<< Sei bellissima, Sara. Ma questo penso di avertelo già detto>>
<< Anche tu sei bello, fuori e dentro>>. E lo pensavo. E pensavo anche che non ce l'avrei mai davvero fatta a fare sesso senza un briciolo di coinvolgimento in più, che fosse stima, affetto, amore, o almeno simpatia.
Lui mi sorrise e lentamente si fece strada dentro di me. Le mie gambe lo accolsero ancora una volta, stringendolo a me ancora più forte, come se da un momento all'altro potesse scappare via.
Sfiorandomi con tocchi delicati lungo la schiena ed i fianchi, mi fece raggiungere l'apice del piacere. Poco dopo anche lui lo raggiunse. Mi raggiunse.
Sfiniti ma felici ci addormentammo, ancora abbracciati.

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