26. Direzione Avezzano

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Molti baci ed effusioni più tardi, eravamo nel parcheggio sotterraneo dell'ospedale, mentre lui cercava di ricordarsi dove avesse parcheggiato la sua amatissima Giulietta.
Ridevamo con la stessa facilità e con la stessa felicità di due bambini spensierati.

Quando finalmente trovammo la sua macchina, Lino mi strinse forte a sé, facendomi adagiare delicatamente contro lo sportello del lato passeggero. Mi passò le dita fra i capelli, mi diede un lieve bacio a fior di labbra e poi le sue le posò vicino al mio orecchio, prendendo a sussurrarmi dolci parole. Ci stavamo riappropriando del nostro tempo. Di noi due. Finalmente.

<< Quanto mi sei mancata, Sara. Non ne hai nemmeno idea! >>
<< Anche tu, tantissimo! >>, gli risposi in un sussurrò fra i suoi capelli.
Rimanemmo stretti così per minuti lunghissimi, fino a quando non mollammo la presa, rompemmo quello stringersi di corpi e di mani, e ci infilammo in macchina. Con una mossa da vero gentleman mi aprì lo sportello e mi fece accomodare. Una volta preso posto al lato guida, riprese anche il contatto con il mio corpo, che del suo tocco si era sentito ingiustamente privato. Mi accarezzò una gamba e poi usò la stessa mano per inserire la retromarcia, portandoci via da quel posto, che non avrei mai più voluto rivedere. Mai più.

Sentivo una certa tensione nei suoi movimenti, nel suo tendere la mano verso di me, in quei suoi gesti che sembravano un po' meno fluidi e naturali rispetto al solito, ma più rigidi ed impostati, perciò gli chiesi apertamente:
<< Lino, è tutto ok? >>
<< Certo! Va tutto bene, Sara >>, minimizzò, ma il suo volto mi diceva tutt'altro.
<< Lo sai che a me puoi dire tutto, vero? Non voglio che quello che mi è successo nelle ultime settimane cambi qualcosa fra noi, faccia sì che tu mi veda come una bambola di porcellana da tenere protetta sotto una campana di vetro. Ti assicuro che sono forte... anzi, guarda qui! Sono fortissima! >>.

Gli mostrai il mio avambraccio flesso. Un piccolo muscolo rigonfio si faceva notare appena. Nulla di paragonabile alle sue possenti braccia. Mi sorrise e gli sorrisi di rimando.
Non volevo litigare con lui, non volevo che pensasse che lo stessi sgridando o redarguendo, volevo solo mettere in chiaro quanto per me fosse di imprescindibile importanza il fatto che lui continuasse a vedermi come la sua donna, la sua partner, la persona su cui fare affidamento nei momenti difficili, quella che supporta, dà consigli, ascolta, e non solo la bambolina fragile di cui prendersi cura fino alla fine dei suoi giorni.
Non eravamo neanche sposati, a volerla dire proprio tutta! Non era suo compito prendersi cura di me, seppur sapessi che lo avrebbe fatto ugualmente, perché mi amava.
Perché così si fa per le persone per cui si prova un sentimento così forte, così profondo, così totalizzante che si metterebbe in ballo persino la propria vita pur di vederle star bene, esser felici.
E poi c'era da ammetterlo, io le sue attenzioni le volevo, eccome se le volevo!

Lino era ancora lì, tutto preso dai suoi pensieri. Le mie parole sembravano essergli scivolate addosso, ma sapevo perfettamente che non era così, che stavano solo sedimentando dentro di lui, che cercava solo il modo migliore per affrontare quello che gli frullava in testa ed esprimerlo a parole. Ormai lo conoscevo.
E sapevo anche che quando fosse stato pronto, sarebbe stato lui stesso a parlarmene. Perciò cambiai discorso. Rispettai i suoi tempi, il suo modo di metabolizzare le difficoltà, come lui troppe volte aveva fatto con me.

<< Dove mi porti? >>, gli chiesi.
<< Andiamo dove vuoi! Sono riuscito a convincere Doriana a lasciarmi tre giorni liberi, perciò sono tutto tuo! >>
<< Dovrò ringraziare Doriana, allora! Però pensavo che "tutto mio" tu lo fossi già da un po'! Stai cercando di scappare per caso? >>, ironizzai.
<< Presuntuosa e territoriale, territoriale e presuntuosa! >>, mi disse in tono scherzoso.
Ridemmo ancora, mentre gli sferravo un leggero pugno sul braccio, per poi acarezzarglielo dolcemente, come a voler lenire il dolore che gli avevo appena procurato. Era più muscoloso di quanto ricordassi... o forse era passato troppo tempo dai nostri momenti intimi ed iniziavo a dimenticare il suo corpo come fosse fatto.
<< Dai, bimba cattiva, dimmi dove vuoi andare!>>
<< Portami da te ad Avezzano! >>.

Un Lino... è per sempre!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora