25. Una sorpresa da ricordare

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Era l'alba di un nuovo giorno ed io avevo mantenuto gli occhi sgranati per tutta la notte.
Non riuscivo ancora a credere che quello che sarebbe venuto all'alba sarebbe stato il giorno della mia riconquistata libertà. Sembrava impossibile che fosse arrivato, e invece eccolo, era lì a due passi, pronto per essere vissuto. Ancora pochi minuti e sarei stata di nuovo catapultata nella realtà.

Infilai i piedi nelle ciabattine e scesi dal letto, assaporando tutta la densità di significati che quel giorno aveva e quelli che avrebbe assunto di lì a breve.
Ero in estati all'idea di non vedere più quella stanza, quel letto e quella crepa sul muro, su cui mi fissavo nei momenti di tristezza nel vano tentativo di bloccare le lacrime sul nascere.
La paura c'era ancora. Ed era tanta. Forse troppa. Ma era giunto il momento di affrontarla a viso aperto, di fare il famoso salto.

Mi infilai in bagno cercando di non generare troppo trambusto, erano solo le sei del mattino e nei corridoi regnava ancora il silenzio di una notte stranamente serena. Non c'erano state chiamate notturne, non c'erano state corse di infermieri in affanno, non c'erano state emergenze; solo una lunga serie di sirene di ambulanze, al suono delle quali ormai avevo fatto l'abitudine.
Lasciai scorrere l'acqua della doccia e, una volta raggiunta la temperatura perfetta, mi spogliai e mi posizionai sotto al getto.
Quel piccolo gesto di normalità, che avevo ripreso a frequentare giusto qualche giorno prima, mi sembrava un assaggio di quella vita a cui sarei tanto voluta tornare, un ritorno a quella me priva di affanni, ansie e paure.
L'acqua scivolava via lungo le mie curve, che si erano fatte più spigolose durante la permanenza in ospedale. Negli anni avevo imparato ad amare quel mio corpo di prima, sinuoso, morbido nei punti giusti, meravigliosamente imperfetto perché umano, mentre a questa nuova fisicità mi stavo ancora abituando. Chissà se a Lino sarei piaciuta lo stesso, mi chiesi.
Lavai via la schiuma dalle braccia, assieme a quei pensieri tristi, e passai ad insaponarmi i capelli. Concluse quelle operazioni, tornai in camera per chiudere la valigetta che avevo già preparato la sera prima, truccarmi leggermente e vestirmi.

Ore 9.00
Inutile dire che ero pronta dalle 7.30 del mattino, nonostante mi fossi riproposta di fare tutto nel massimo della tranquillità!
Arrivò la colazione: solito tè caldo con fette biscottate insipide.
Marmellata: non pervenuta.
Grado di bontà: decisamente meglio non parlarne, soprattutto con me che in quel particolare giorno sentivo tutto più saporito, vedevo la stanza più luminosa, sentivo la vita più affrontabile.
Una ventata di ottimismo aveva iniziato a soffiare proprio lì, dove mi trovavo. Non dovevo far altro che chiudere gli occhi e godere di quella brezza leggera, che forse sarebbe riuscita a spazzare via con sé anche i cattivi pensieri. O almeno questo era quello che speravo.

Ore 10.30
Ero impaziente e non riuscivo a star ferma.
Quando i medici entrarono, ero intenta a girovagare per la stanza, seguendo una linea immaginaria che dal bagno portava al piccolo armadio e poi fino alla porta d'ingresso e ritorno. Mi presero di spalle, mentre avevo il viso rivolto verso l'armadio.

<< Signorina Sara, buongiorno! >>.
La voce squillante del primario mi fece sobbalzare. Mi voltai verso di lui, leggermente in soggezione per non essermi assolutamente accorta della sua presenza e di quella degli altri medici, che erano oramai a due passi da me.

<< ... B...B... Buongiorno >>, balbettai.

<< Siamo venuti qui a portarle una buona notizia questa mattina. Oggi torna a casa!  È contenta? >>.

A differenza di Lino, che era un attore navigato, eccezionale, io non ero un'altrettanto brava attrice, dunque mi si lesse subito in faccia che delle mie dimissioni imminenti fossi già a conoscenza. La valigia pronta, su cui il primario posò gli occhi un attimo dopo, ne fu definitiva riconferma. Non c'era più bisogno che usassi parole per dirglielo.

Un Lino... è per sempre!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora