18. "Affinità Elettive"

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Doriana mi stava ragguagliando sui dettagli da tenere in considerazione nella fase di progettazione degli spazi che avrebbe abitato il personaggio di Lisa Marcelli.
La mia mente era altrove, focalizzata sul fatto che mancassero solo quattro ore scarse alla partenza.
<< Sara, ci sei? Mi stai ascoltando?>>
<< Scusami, Doriana! Mi sono un attimo distratta...>>
<< Eh, si vede che sei innamorata! La testa ce l'hai proprio da un'altra parte!>>, mi disse, ridacchiando di gusto.
Cavolo! Si vedeva già così chiaramente? E poi... forse non eravamo nemmeno noi certi di esserlo, innamorati intendo, dunque come potevano gli altri notarlo?
<< In che senso? Non capisco...>>, feci finta di cadere dalle nuvole.
<< Vi ho visti a te e Lino. Voi due non me la contate giusta!>>.
Non risposi. Arrossii... e questo per lei valse come doppia risposta.
Ringraziai il fatto che fossimo persone adulte e che, quindi, la fase delle domande indiscrete si fosse esaurita già da qualche tempo. Procedemmo a chiacchierare di questioni strettamente professionali e poi ci salutammo, con la promessa che nei giorni a venire si sarebbe fatta viva e mi avrebbe dato conferma circa le date della mia prossima permanenza sul set, che era programmata orientativamente per i primi giorni del mese successivo.
Tre settimane più tardi all'incirca.

Trascorsi il resto della mattinata immersa tra i folder che avrei dovuto portare con me a Milano e facendo la selezione di quelli che, invece, avrei potuto lasciare indietro a Napoli, in modo che mi attendessero lì alla mia prossima visita.
Mentre armeggiavo cercando di infilare una cartellina in borsa, Lino bussò alla mia porta.
<< Hai bisogno di una mano? Sono un esperto in fatto di borsette!>>
<< Ah ah ah. Un esperto eh? Di altre cose certamente sì, ma come esperto di borsette proprio non ti ci vedo!>>
<< Già, hai ragione! È con il sesso che do il meglio di me! O sbaglio? Chi meglio di te può dirlo!>>
<< Shhh... non urlare così! Ci sentiranno!>>
<< E anche se fosse?>>.
Mi venne più vicino e mi prese il viso fra le mani. Ci guardammo negli occhi. Quanto mi sarebbe mancato quell'azzurro. Al solo pensiero mi mancava il respiro.
<< Mi mancheranno questi>>, gli dissi, indicando i suoi bellissimi occhi.
<< Anche a me questi...>>, disse, indicando i miei verdi.
<<... e poi queste>>, toccò con un dito le mie labbra e poi le baciò, prima con delicatezza, poi con passione.
Le sue mani nel frattempo scendevano lungo il mio corpo. Senza staccare le sue labbra dalle mie, mi sussurrò:
<< ... e questi. Mi mancheranno da morire!>>, mi sfiorò i seni con una lentezza meditata per farmi impazzire.
<< ... e questo. Questo mi mancherà più di tutto!>>, disse, stringendomi i glutei con entrambe le mani.
<< ... anzi, è questa la cosa che mi mancherà di più>>. Mi sfiorò lo spazio racchiuso fra le cosce con due dita.
<< Qui c'è il paradiso. Questo è il posto in cui più amo stare>>.
Cavolo! Sapeva farmi eccitare con le sole parole.
<< Ma a chi voglio darla a bere?! Tutto mi mancherà, tutto!>>, disse poi, sospirando.
Lo abbracciai forte, stringendolo a me, quasi a voler imprimere la forma del suo corpo sulle mie membra, sui miei abiti, per non dimenticarla. Il profumo pungente della sua pelle mi inondava le narici. Ma quale cocaina e cocaina!
Era quella la mia droga.
Una dipendenza irrisolvibile.

Furono le sue parole che mi riportarono alla realtà.
<< Sono passato in albergo ed ho preso la tua valigia>>
<< Grazie! Non dovevi, lo sai!>>
<< Ho pensato che così forse riusciamo ad andare a pranzo insieme, prima che tu debba prendere il treno. Ti va?>>
<< Certo che mi va!>>.
Lo baciai ancora una volta. Delle sue labbra non mi sarei stancata mai. Non mi sarei saziata mai.
Ci separammo, infine. Lui andò al suo appuntamento con la costumista, puntualissimo come sempre; io, invece, rimasi nella mia stanza ad ultimare la selezione di cartelle. Mi sembrava di essere ad un concorso di bellezza. "Per te Miss Italia finisce, per te Miss Italia continua". Risi da sola dei trip che a volte il mio cervello si faceva.

Ogni tanto alzavo lo sguardo verso la porta. Lì c'era la valigia pronta a ricordarmi che le lancette dell'orologio continuavano a girare e che Milano era sempre più vicina.

Concluse tutte le incombenze rimaste indietro dal giorno precedente, mi misi a riporre tutto il superfluo rimasto in giro nella valigia.
La aprii sul tavolino basso e subito un pacchettino mi colpì. Era proprio al centro, posizionato con cura sopra tutti i miei vestiti. Certamente non ero stata io a metterlo lì. Non me ne ricordavo affatto!
L'unica persona che aveva avuto accesso alla mia valigia era stata Lino. Solo lui poteva aver lasciato lì quel pacchetto.
Il cuore iniziò a battermi forte nel petto, proprio nel momento in cui lo presi e decisi che non ce l'avrei mai fatta a resistere senza aprirlo. Scartai la confezione con cura, cercando di non sgualcire il contenuto.
Era un libro.
In particolare, Lino aveva scelto per me "Le affinità elettive" di Goethe. Non lo avevo letto personalmente, ma la mia amica Sofia, che aveva studiato lingue straniere all'università, mi aveva sempre parlato tanto di Goethe e di questo libro in particolare. Mi diceva sempre che un titolo così aveva fatto presagire alla lei inesperta una storia d'amore struggente e passionale, ma che le era bastata una sola lezione del prof. di letteratura tedesca per capire, invece, quanto poco di romantico in quell'opera vi fosse. Era tutto un tentativo di decostruzione e critica degli stereotipi romantici, dell'idea che il Romanticismo coltivava sulla chimica, come regolatrice della vita umana, dei legami, e dunque anche delle relazioni.
Nondimeno, ero curiosissima di leggerlo.
Non c'erano bigliettini ad accompagnare la confezione, per cui aprii il volume, sperando vi fosse almeno una sua dedica. Un suo pensiero per me.
C'era.

Sara,
entrando in libreria non ho potuto fare a meno di prendere un libro anche per te. Spero ti piaccia leggere... non ce lo siamo ancora detti. Io cerco di ritagliarmi del tempo da dedicare alla lettura appena posso. Vorrei averne molto di più per farlo... per fare tante cose in realtà, ma questo tu già lo sai. È la mia lotta personale... ed anche un po' la tua. Questo ce lo siamo detti. Magari insieme riusciamo a migliorare!
Ci siamo attratti come due calamite sin dal nostro primo incontro e per questo ho scelto questo libro.
Incontrarti è stato un grande dono e questi giorni assieme a te sono stati davvero inattesi, insperati e, soprattutto, dannatamente felici.
Sono felice con te, te l'ho detto, ed ora te lo scrivo.
E sai la cosa che mi stupisce ancor di più qual è? È che mi auguro di esserlo ancora al tuo fianco, per molto, molto, moltissimo tempo.
Fai buon viaggio e pensami ogni tanto.
Io lo farò.
A presto.

Tuo Lino

Odiavo l'idea di dovergli raccontare il vero significato del titolo dell'opera di Goethe! E mi faceva anche un po' sorridere l'idea che, per una volta, lui non sapesse di essere caduto in errore! Era umano anche lui allora!
La frivolezza di quel pensiero lasciò presto spazio al momento in cui iniziai a metabolizzare le sue parole così profonde e sentite. Una lacrima silenziosa mi rigò il viso.
Lino mi scriveva di felicità. Mi confessava che ero io a donargliela.

E non c'è niente di più bello che essere la ragione per cui qualcuno si senta felice.

Camminavo fluttuando a spanne dal pavimento. Lo cercavo fra le facce che incontravo sul set, nei corridoi, nei camerini, nelle stanze. Proprio quando avevo quasi perso la speranza di incrociare i suoi occhi azzurri, lo vidi. Era ancora in sartoria, con un modello di abito puntato addosso con gli spilli e due sarte abbastanza attempate che gli ruotavano attorno, tutte intente ad infilzare sulla stoffa altri spilli, che tenevano stretti fra le labbra serrate.
Correndo verso di lui, inciampai in un pezzo di stoffa che era rimasto sul pavimento. Finii fra le sue braccia, mentre una decina di spilli mi martoriavano la pelle.
<< Ahia, ahia>>, urlai.
Lino rise e le sarte anche, non potendo fare a meno di farlo, data la mia maldestrezza.
<< Sara, ma che fai? Stai attenta!>>, mi disse e rideva ancora. Un velo di preoccupazione potevo però scorgerlo nel suo viso.
<< Ho trovato il pacchetto che mi hai lasciato in valigia e sono corsa qui da te>>.
Le sarte lo liberarono da quella giacca piena di spilli e dopo poco uscirono, lasciandoci soli.
Le sue mani si posarono immediatamente su di me e le sue labbra raggiunsero le mie.

Ancora due ore scarse e la nostra bolla sarebbe scoppiata. Milano incombeva, sempre più.

Un Lino... è per sempre!Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora