12. Sex and the... theatre

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Ero a teatro e questa volta stavo aspettando Lino in camerino.
Lo spettacolo si era concluso da qualche minuto e la sua assistente, Ania, mi aveva scortata lì sotto, nel ventre del teatro, laddove si compiono i riti scaramantici più assurdi degli attori, passando attraverso il suo cuore pulsante, il palcoscenico.
Camminare sulle travi di legno del palco scatenò in me un mix di emozioni fortissimo. Sapevo perfettamente che non sarei mai diventata un'attrice, non era nel mio destino, né una passeggiata sul palco avrebbe fatto nascere in me il desiderio di esserlo. Non era mia aspirazione. Il massimo che avevo fatto erano state delle banalissime recite scolastiche, in cui, tra l'altro, mi facevano sempre fare la parte dell'albero, della fragolina, dell'angioletto. Avevano già chiaro che la mia mente così logica e schematica poco si potesse adattare ad una carriera artistica.
Proprio quella strana miscela di sensazioni che si stavano accumulando nel mio petto, però, mi fece intuire cosa si potesse provare a recitare per davvero ed a come chi a quella carriera aspirasse, vi dovesse donare tutto se stesso.
Lino lo faceva. Ed anche quella sera fu strepitoso.
L'adrenalina degli attori che si davano il cambio salendo su quel palco, recitando le proprie battute come se fossero le parole più importanti che si potessero pronunciare, sembrava scorrere nel legno e risalire maestosa, potente, fino ai miei piedi. Mi venne la pelle d'oca.
Era una sensazione che creava dipendenza.
Un po' capivo Lino adesso, quando mi diceva che di quella scossa non sarebbe mai riuscito a farne a meno.

Nel suo camerino tutto era ordinato e lindo. Mi sedetti sulla sua poltrona e notai una foto, che aveva appoggiato contro lo specchio. Ritratta c'era quella che presumevo fosse la sua famiglia. C'erano un uomo ed una donna sulla settantina, un uomo ed una donna che mi sembrava potessero avere più o meno la stessa sua età, un bambino bellissimo, coi suoi stessi occhi azzurrissimi, e poi c'era lui, seduto al centro. Un sorriso enorme colorava il suo volto, per una volta disteso e sereno.
Sembrava genuinamente felice.
Mi ritrovai a sorridere anche io, come i membri di quella famiglia, che tanto somigliava alla mia.
Quanto mi mancavano!
Un leggero velo di tristezza si fece strada sul mio volto, proprio mentre realizzavo che li avrei visti per pochissimo tempo, anche quell'anno.
Ero completamente assorta in quei pensieri, quando Lino mi raggiunse.
<< Sara, che succede?>>, sobbalzai.
Non mi ero accorta del suo arrivo... per la seconda volta!
Sembrava preoccupato, infatti mi corse incontro e mi lasciò un bacio leggero sulla testa, per poi abbracciarmi, stringendomi forte a sé.
<< Oh, nulla, davvero! Ho visto questa foto... è la tua famiglia vero?>>.
Annuì.
<< È che non ho potuto fare a meno di pensare ai miei... ed al fatto che neanche quest'anno potrò stare con loro se non per qualche ora, a conti fatti!>>.
Lui mi strinse ancora più forte a sé. Intuii che questa sofferenza ci univa, che anche lui provava quello che provavo io: un amore così forte da farti sentire in colpa per non essere in grado di ricambiare, dimostrandolo a sufficienza, dedicandogli quel tempo che sai che merita.
<< Quanto ti capisco, Sara! Anche per me è difficilissimo stare lontano da loro. Ogni tanto penso che mi sto perdendo gli anni più belli dei miei genitori, forse gli ultimi, i progressi di mio nipote, la sua crescita, tutte le partite a rugby con mio fratello ed i pranzi della domenica in famiglia. Il segreto, però, e l'ho imparato con il tempo e dopo tanta sofferenza, è godere al cento per cento dei momenti che si trascorrono assieme, magari davanti ad un buon piatto di arrosticini fumanti!>>.
L'idea della famiglia Guanciale riunita dinanzi ad un enorme vassoio di arrosticini mi risollevò leggermente il morale. Era assurdo pensare di esserci anche io al prossimo pranzo di famiglia?

Lino asciugò con un dito quella lacrima che mi stava scivolando sulla guancia e mi baciò con estrema dolcezza, avvolgendomi e rasserenandomi completamente.
Aveva uno strano potere calmante su di me. Con lui mi sentivo sicura, protetta, compresa.

Il contatto con la sua pelle mi era mancato come l'aria.
Bastava che le sue labbra si unissero alle mie ed un tornado si scatenava, ci prendeva in pieno. I baci si facevano più intensi, le mani viaggiavano lungo corpi che ormai iniziavano a conoscersi sempre meglio.
Si spostò dietro di me. Lo specchio era di fronte a noi. Vidi il suo sguardo farsi voglioso, carnale ed eccitato.
<< Questa gonna ti sta divinamente, Sara. Amo le tue gambe ed amo come le muovi quando cammini. Sei così dannatamente sexy!>>, mi sussurrò vicino all'orecchio.

Lui di me notava tutto, niente gli sfuggiva.

Mi accarezzò le cosce con delicatezza e poi, con un sol gesto deciso, mi sollevò la gonna. Sentii che si stava slacciando i pantaloni dell'abito di scena, che ancora non aveva tolto, e, trascorso qualche attimo, dopo aver scostato il mio tanga, lo sentii perdersi dentro di me.
Ero bloccata tra lui e la consolle. Avrei voluto urlare il suo nome, ma non potevo farlo.

Sollevando lo sguardo verso lo specchio, lo spettacolo del suo volto mi sorprese. Era vorace ed animalesco, la muscolatura facciale era tesa dallo sforzo.
I nostri sguardi si incrociarono ed i suoi occhi si riempirono immediatamente di una dolcezza che mi fece credere che nei suoi gesti non ci fosse solo voglia di sesso, ma bisogno d'amore.
Bisogno di darlo e bisogno di riceverlo.

Mi strinse per le spalle e mi avvicinò al suo petto.
<< Guardati Sara! Sei stupenda!>>.
Riuscivo a vederlo anche io, finalmente. Non mi imbarazzava più pensarlo, né credere che fosse veramente così.
In quel momento ci credevo ancora di più, forse perché mi stavo guardando attraverso i suoi occhi, ed era una prospettiva, un punto di vista, che rendeva tutto molto più bello.

Non avevo mai avuto il coraggio di parlare liberamente mentre facevo l'amore, di esprimere i miei pensieri, esporre i miei desideri, ma le sue parole, i suoi modi di fare, mi stavano aiutando a farlo senza vergogna, con tutta quella libertà che avevo sempre represso.
Gli dissi: << Sei tu che sei bellissimo, soprattutto quando siamo così, mentre tu sei dentro di me... e lo capisco che non vorresti essere in nessun altro posto al mondo. Amo fare l'amore con te, proprio per questo. Perché penso che non mi annoierei mai... e per come mi guardi, per come ti prendi cura di me e dei miei bisogni, ancor prima di pensare ai tuoi. Non vorrei smettere mai di averti qui, dentro di me>>.
Aveva rallentato con le spinte per consentirmi di parlare, ma fu dopo le mie parole che si arrestò completamente. Mi preoccupai e mi imbarazzai un po' per essere stata così trasparente, forse avevo esagerato, avevo corso prima ancora di imparare a camminare, come mi aveva detto lui la mattina stessa. Ma Lino continuava a stringermi forte a sé e mi guardava dritto negli occhi attraverso lo specchio.
<< Lino, che c'è? Ho detto qualcosa di sbagliato? Perché ti sei fermato? Proprio adesso che ci stavamo divertendo!>>, ironizzai per cercare di sdrammatizzare la situazione, mentre l'ansia di aver commesso un grossolano errore mi attanagliava. Le cose nuove fanno sempre paura, del resto.
<< Tu mi sorprendi... a volte mi spiazzi proprio! Mi sorprendono la tua sincerità, i tuoi imbarazzi, come il fatto che tu mi dica queste cose, in questo momento. Non mi era mai successo!>>
<< È una novità anche per me... non lo avevo mai fatto prima d'ora, prima di stare con te>>, gli dissi sinceramente ed abbassai leggermente lo sguardo. Lui mi sollevò il mento con un dito ed i nostri occhi si incrociarono di nuovo nello specchio.
Questa volta si scambiarono passione pura, liquida.
Riprese a muoversi dentro di me.
In breve tempo raggiungemmo l'apice del piacere, questa volta insieme.

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