XVII.

142 14 11
                                    

Quando arrivai a casa di Alice lei tirò fuori dalla tasca esterna della borsa le chiavi di casa ed aprì il portone. Era una casa molto simile alla mia, una piccola villa a due piani con giardino. Appena entrato in casa sua però sentii immediatamente uno strano odore. Lei evidentemente se ne accorse e disse:

-sono le rose, mia madre le ama e impesta la casa col loro odore-

-ah, mi sembrava di averlo già sentito-

-fai come se non ci fosse, fra poco ti abituerai e non lo sentirai più, tranquillo-

-non ti piacciono le rose?- le chiesi.

-certo che mi piacciono, ma magari tu le odi-

-no, piacciono anche a me le rose-

-perfetto allora- e mi sorrise.

-i tuoi non ci sono?- le chiesi.

-no, sono fuori-

-quindi siamo da soli- le dissi io.

-sì- mi rispose mentre si toglieva le scarpe all'entrata -ma non devi essere molto sveglio tu, noi siamo sempre soli-

-hai ragione- le risposi mentre mi toglievo anch'io le scarpe.

-vuoi un bicchiere d'acqua? O una birra?-

-una birra, grazie mille-

-non ne ho di birre- mi disse lei ridendo.

-allora l'acqua va bene- le risposi io indeciso se ridere o sentirmi preso in giro.

-dai non prendertela, ora ti porto una birra- disse continuando a ridere.

Dopo che mi portò la birra lei si versò un bicchiere di vino rosso e mi fece fare un giro generale della casa. Camera sua era molto spoglia, l'unico arredamento degno di nota era una libreria, che prendeva tutta la parete laterale, ovviamente piena di libri.

-so che non è molto, ma avere una camera spoglia mi aiuta a ragionare-

Io rimasi in silenzio, se avesse visto camera mia si sarebbe spaventata per quante cazzate c'erano dentro.

Infine ci mettemmo stesi su due sdrai fuori, sotto la veranda che ci faceva ombra.

-sono felice che tu sia venuto da me- mi disse toccandomi una mano -mi sento molto sola ultimamente. Non riesco a vivere tranquilla, non sono mai veramente felice, mi tranquillizzo un po' solo quando sto con te-

-anche io sto bene quando sto con te, ma che ti succede? Perché sei sempre così triste?-

-non lo so, va oltre ogni mia concezione- disse guardando il vuoto -è come se una nube nera mi scendesse alle spalle ogni volta, una nube fitta e scura, pesante e insostenibile-

Io restai a guardarla, in attesa che continuasse.

-sai- mi disse -è da quando sono piccola che mi capita, non penso di essere pazza, solo che sento di essere incline alla tristezza. Leggo sempre perché quando mi perdo nelle storie non mi accorgo della mia vita, rubo le esperienze e i pensieri dei personaggi per plasmarmi un mondo tutto mio-

-e allora perché stai sempre con me?- le chiesi.

-perché tu sai stare in silenzio, non tempesti le persone di domande e sei educato-

-è per questo? Davvero?-

-sì, mi piaci Augusto. E fidati che per me non è una cosa normale, io sono una persona diffidente, odio le persone, sono cattive, eppure a te non riesco proprio ad odiarti-

-mi sento quasi fortunato- le dissi sorridendo.

Sorrise anche lei, poi continuò a bere il suo vino mentre metteva allo stereo un album di Ludovico Einaudi.

-ti piace?- mi chiese.

-sì, lo ascolto spesso-

Fu così che passai la mia prima visita a casa di Alice, in silenzio, come al solito, ascoltando Ludovico Einaudi e sorseggiando birra.

IL CADAVERE DI UNA FARFALLADove le storie prendono vita. Scoprilo ora