6. Maneater

414 19 0
                                    

I wouldn't if I were you, I know what she can do

She's deadly, man

She could really rip your world apart

Mind over matter

The beauty is there, but a beast is in the heart

[Hall & Oates]

***

Grazie a un lampo del suo intuito, Normani aveva subito discreto la brutta aria che tirava e, mentre i lavori chiudevano, aveva sconsigliato ai membri del Gabinetto di avvicinarsi alla nuova militante, a suon di Quella donna non mi piace. Era però la stessa frase che i conservatori avevano ripetuto in campagna elettorale, alludendo invece a Lauren. Ma Lauren non era certo una persona pericolosa o inaffidabile, giusto?

- Non me ne fotte se sei Primo Ministro. Ora portiamo tutte i culi fuori da qui, tu in primis – ringhiò, con voce bassa e misurata. L'aula si stava lentamente sfollando.

- Ci vado solo a parlare, okay? Giusto per capirne l'ideologia -.

Lauren si divincolò dalla ferrea presa della collega e scambiò un cenno d'intesa con Dinah, perché la guidasse fuori dal Parlamento.

- Oh, ma fai come cazzo ti pare – cedette quella, seguendo la linea del suo sguardo. Nascose le mani dietro la schiena, a mo' di resa, e marciò come una furia in direzione della polinesiana.

Finalmente libera, la corvina si mosse con cautela verso la poltrona che la sconosciuta ancora occupava. Evidentemente anch'ella aveva avuto la stessa idea.

- Piacere di conoscerla, Ministro – l'accolse, negli occhi perfida e cattivante, e stese la ritta in avanti; la stessa ritta che aveva senza pudore vagato tra le trame dei suoi lunghi boccoli.

- E invece lei sarebbe...? -.

- Lola Estrabao, at your command -.

V'era in realtà un bagliore sinistro sul fondo dell'ebano delle sue iridi; e quella mano... pareva una trappola, sì una trappola pronta a scattare! Ma ella sorrideva, affascinante, e niente e nessuno avrebbe potuto esserne più inquietato che ammaliato, nossignore!

Lauren ricambiò, ebbra più che mai della sua presenza. Al diavolo le probe abitudini!

Lola, Lola, Lola: era un nome nuovo, sapido come un pasto intatto quando la fame è edace, passionalmente liquoroso, irresistibile da articolare. Le piaceva al punto che credeva di poter dimenticare tutti i precedenti: era una sensazione deliziosa.

- Non l'ho mai vista da queste parti... - osservò, assottigliando lo sguardo. Non v'era volto politico che non ricordasse, amico o nemico che fosse.

- Touché -.

Lola abbandonò la propria poltrona, allontanandosi gradualmente verso l'uscita: sapeva alla perfezione come infondere il desiderio e incatenare a esso. Difatti, quando fu sulla soglia dell'aula, certa di avere ancora gli occhi di Lauren addosso, si arrestò, voltandosi.

- È ancora valida la sua proposta? – domandò, sfoggiando un sorriso malizioso: non vedeva l'ora di divertirsi, prima di compiere il delitto. Prima il piacere e poi il dovere, giusto?

La corvina incrociò le braccia al petto. I suoi occhi verdi mandavano lampi di avvertimento.

- Possiamo cominciare con un caffè, le va? -.

***

Robert Pearce era letteralmente sparito dalla circolazione. Dopo un falso mandato di sospensione dal suo partito, egli aveva assemblato in quattro e quattr'otto le valigie ed era balzato sul primo volo per le lande caraibiche. Per i prossimi tre mesi non avrebbe causato guai all'operazione. O almeno era ciò che si era assicurato Campbell.

Il poveretto purtroppo, era talmente ingenuo che quando, ore dopo lo svenimento, si era risvegliato nel proprio letto in perfetta tenuta notturna, aveva ritenuto che il rapimento fosse stato in realtà solo un incubo! Credulone oltre ogni limite umano, l'aveva interpretato come un segno infausto. In seguito aveva notato una spessa busta bianca nella cassetta della posta. Notando il timbro del Partito Laburista aveva subito temuto il peggio.

Non avrebbe mai potuto sospettare che fosse opera di Moore & Co. Insomma, egli stesso si domandava di continuo come poteva essere giunto a un tale livello politico, quindi la sospensione non costituiva affatto un accadimento così alieno dal suo ordinario!

***

Shawn P. R. Mendes, ventitré, brillante studente di Medicina e Chirurgia, aspirante psichiatra, scivolava a passo veloce lungo i corridoi variopinti dell'orfanotrofio. Era più che pronto per il suo primo caso clinico senza il supporto di un collega più navigato.

- Si chiama Camila Cabello, ha diciassette anni ancora per poco – lo informò la direttrice Reyez, mentre gli apriva la strada. - È un profilo senza dubbio... particolare. Da quando è qui, e mi creda, sono anni ormai, ha socializzato poco o nulla con i propri coetanei e non. Sembra profondamente segnata dalla perdita dei genitori e altrettanto incapace di relazionarsi agli altri, eccetto per una ragazza della sua età. Viene qui ogni settimana ed è l'unica figura cui sembra dare confidenza. Il suo nome è Dolores -.

- Capisco – replicò Shawn, inforcando un paio di occhialini squadrati.

Scribacchiò qualche riga sghemba sul taccuino e, appuntata la penna sul petto, nascose le mani nelle ampie tasche del proprio camice bianco. Distrattamente, osservò i rigogliosi esterni dell'orfanotrofio, il sole battente e luminoso, alcuni bambini in tenera età che si rincorrevano, altri invece che seguivano con interesse una lezione di botanica...

- Siamo arrivati – lo riscosse la direttrice. – Mi permetta di fare le dovute presentazioni e poi sarà libero di interagire con lei -.

A nascondere la ragazza, v'era una porta che sarebbe stata linda in ogni sua parte se non fosse stato per alcune impronte colorate di mani infantili. Di colpo, in quell'ala dell'edificio, era piombato un surreale silenzio. Evidentemente, essendo piena estate, la maggior parte degli orfani ne approfittava per sperdersi nel giardino a giocare tra loro. Insomma, chi mai preferirebbe rinchiudersi in quattro soffocanti mura?

E poi, dopo averla battuta un paio di volte, la porta si aprì. Camila aveva comandato di entrare. Li accolse che sedeva sul proprio letto e scriveva febbrilmente su un quaderno. Aveva una grafia fitta, incomprensibile, con molte lettere che si assomigliavano tra loro. A tratti si perdeva a fissare il vuoto, fedele compagno d'illuminazione. Per tutte le questioni reali invece, esisteva Dolores.

- Camila, tesoro – la richiamò Ms. Reyez. – Il dottor Mendes è qui per chiacchierare con te. Non ti dispiace, dico bene? -.

La ragazza vagheggiò le proprie unghie curate, annoiata: gliele aveva smaltate Dolores. Ripose meccanicamente il quaderno sotto al cuscino e accavallò le gambe. Ne aveva visti a decine, di strizzacervelli...

- Dice benissimo, Miss – rispose, apatica. Nei suoi occhi scuri albergava l'indifferenza più totale.

Quando la direttrice lasciò la stanza chiudendosi la porta alle spalle, una preghiera silente che volava dalle sue labbra, Shawn si incordò visibilmente: era nervoso, ma in volto appariva pacato.

- Piacere di conoscerti, Camila – esordì. – Io sono Shawn Mendes -.

- Il piacere è tutto suo, dottorino – lo schernì la giovane, ravviandosi distrattamente i riccioli bruni.

Dolores sarebbe venuta alle cinque. Era venerdì, giusto? Oh, era così difficile trattenere saldamente i fili del tempo quando tutte le giornate della settimana condividevano notevoli somiglianze!

Shawn si accomodò su una sedia di vimini intrecciato. Giunse i polpastrelli tra loro, sporgendosi in direzione di Camila. Era una presenza senza dubbio stimolante, tanto impervia quanto attraente; e a lui non piacevano affatto le strade spianate, i casi semplici.

- Non sono qui per farti la guerra -.

La ragazza scoprì i denti in un sorriso sinistro, o meglio li digrignò. Si portò le mani alle tempie, in un moto di sofferenza. Pareva una belva in cattività. Dov'era Dolores? Non poteva venire un po' prima?

- Come le pare -.

Take a sipDove le storie prendono vita. Scoprilo ora