20. Die for you

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I just can't say I don't love you 'cause I love you, yeah

It's hard for me to communicate the thoughts that I hold

[...] I don't want this feelin', I can't afford love

I try to find a reason to pull us apart

It ain't workin' 'cause you're perfect and I know that you're worth it

I can't walk away, oh!

[The Weeknd]

***

Westminster, Londra


Se la trasferta statunitense aveva costituito un'oasi di pace pressoché perfetta, almeno nell'opinione di Lauren, il ritorno in patria non aveva fatto altro che dissipare quell'atmosfera benevola, giorno dopo giorno, come nebbia pervasa dai raggi solari.

I lavori parlamentari sarebbero cominciati a momenti, con ordine del giorno la bozza che Normani aveva preparato in vista degli imminenti flussi migratori, turistici e non. Ella, a dire la verità, quella mattina era stata più volte sul punto di rinunciare alla propria arringa. Non si sentiva particolarmente in forma o confidente, sebbene vi avesse lavorato senza sosta per le ultime tre settimane. Più aveva gravitato nell'orbita di Dinah, alla ricerca di un momento di confronto in cui potesse scusarsi e poi tentare in qualche modo di ottenere una nuova possibilità relazionale, e più la polinesiana aveva accelerato il proprio moto di rivoluzione, cosicché nessuno potesse starle al passo.

A un certo punto l'aveva trovato infantile sì, e assai frustrante; ma ora che la situazione continuava a precipitare, mai si sarebbe data per vinta finché essa non avesse toccato il suolo. Bramava di trovare il modo per evitarle lo schianto e riportarla ad alta quota, dove aveva sempre stazionato. Ma prima che, speranzosa, potesse muovere un passo verso l'aula, un gracile tornado la superò in corsa, urtandola bruscamente: Lucía. A giudicare da come il suo crine bruno era scarmigliato, doveva essere a dir poco furibonda.

- Dovevi portarci me! – strillò, attirando l'attenzione di tutti i parlamentari presenti in corridoio. In mano stringeva l'ennesima, funesta copia dell'Evening Standard, su cui troneggiava una gigantografia in bassa qualità raffigurante Lauren e Lola su una spiaggia di Miami. - Chi sarebbe questa? - soggiunse, spingendo la testata contro il petto della corvina, la quale non aveva alcuna intenzione di dare spettacolo quando l'attendeva un logorante collegio.

- Ti sembra il caso? - lamentò, con voce moderata. - Mi sembra di averti spiegato che tra me e te non può esserci nulla... -.

- Certo, finché te la fai con questa! -. Un cenno eloquente alla fotografia, risatine di sottofondo.

Lo sguardo fulgido di Lauren saettò sulla figura sgranata di Lola e poi mise a fuoco la furia di Lucía. Per un attimo temette di perdere per davvero le staffe, polverizzando in un istante la classe impeccabile che l'aveva sempre distinta. Insomma, era della sua donna che si stava parlando; di quell'ottovolante cubano che alimentava il suo desiderio più nascosto e poi lo raffreddava in un battito di ciglia. A nessuno avrebbe permesso di aprire bocca su di lei, soprattutto con intenzioni denigratorie. Che diavolo avevano tutti da commentare?

- Tu non puoi minimamente paragonartici - ringhiò, stringendo i pugni lungo i fianchi. Oh, ne aveva fin sopra i capelli di quell'assurda gelosia e delle altre insinuazioni!

Fortunatamente, Harry sopraggiunse in suo soccorso, affrettandosi a prendere sottobraccio Lucía per condurla a sbollire fuori dal Palazzo, a suon di Circolare! Non c'è nulla da vedere, bifolchi pettegoli!

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