31. Georgia

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She is electricity running to my soul [...]

I never thought your love was worth its weight

Well, now you've come and gone, I finally worked it out

I worked it out

I never should have told you, I never should have let you see inside

[Vance Joy]

***

Manchester, Inghilterra

Agosto


Da quando aveva ripreso a lavorare attivamente come avvocato, Lauren non aveva goduto nemmeno di un attimo di tregua tra pratiche e scartoffie varie. Questo le aveva impedito in primo luogo di frequentare i pub di Manchester, evitando la sopraggiunta di un altro paio di chili, e poi di pensare alle proprie vicende personali, gettandosi invece a capofitto in quelle professionali.

Era giusto mezzogiorno quando Mr. Watson le strinse la mano, in volto visibilmente più sereno, e lasciò lo studio.

Dopo qualche minuto di silenzio ristoratore, Taylor fece il suo ingresso radioso.

- Ehilà! - salutò, gioviale. - Ti ho portato il pranzo -.

Circumnavigò la scrivania dov'era sprofondata e depose un bacio sui suoi boccoli corvini, per poi sedere di fronte.

- Ciao, Tay – ricambiò Lauren, sottotono. - Non dovevi -.

Emerse dalle braccia, stropicciandosi il viso perché apparisse meno provato ed esausto di quello che era. Ma sapeva bene di non potervi opporre nulla di concreto, soprattutto innanzi a sua sorella, la quale aveva già fatto da parte il fascicolo di Mr. Watson e su una distesa di Yorkshire pudding aveva servito dell'arrosto succulento.

- Sii clemente, per favore. È tanto tempo che non lo preparo. L'ultima volta Chris ha detto che faceva gloriosamente schifo -.

- Perché badi a quello che dice? Sarà buonissimo, ne sono sicura -.

La corvina le pizzicò affettuosamente una guancia, facendole cenno di restare mentre assaggiava.

- Dimmi pure - incalzò, arrotolando le maniche della camicia sino ai gomiti.

Inizialmente, Taylor evitò ogni contatto visivo, come se si sentisse in imbarazzo. Di lei, Camila, avevano parlato soltanto a occhiate, mai una parola esplicita negli ultimi mesi. Più Lauren opponeva il silenzio e più non voleva discuterne, preferendo seppellire l'intera faccenda sul fondo dell'anima. Ma essa tornava a infestare i suoi sogni, la notte, in veste un paio d'occhi scuri che ardevano come whisky scozzese in gola.

Avrebbe mentito consapevolmente nel negare che da essi non subiva alcun effetto, che in lei non scaturivano la minima smania, la minima nostalgia, e che avrebbe potuto perdere il controllo, se solo si fosse lasciata sopraffare.

Taylor si schiarì rumorosamente la gola e Lauren si riscosse, riponendo il coltello rimasto a mezz'aria.

- Scusa, mi sono distratta -.

- Sì, ti ho chiesto, ci pensi ancora? -.

La corvina abbassò lo sguardo sull'arrosto, riprendendo a tagliarlo. Odiava quel genere di retorica che tentava di nicchiare attorno al dolore altrui per non infierire. Per questo adorava confrontarsi con Normani, che era la schiettezza fatta persona.

- A cosa ti riferisci? - domandò, stringendosi nella spalle.

Taylor non conosceva certo la verità intera, quindi non poteva afferrare la gravità della vicenda. Nella sua opinione, remote erano le possibilità che fosse una delusione tanto cocente, soprattutto per una personalità solida come quella della sorella. Nemmeno Eva, dopo una relazione di quattro anni, aveva lasciato simili scorie.

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