5. Bridges

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There's something inside us, a power that grows

There's something beautiful in the flaws, in all we are [...]

We know love can conquer hate, so we build bridges

[Fifth Harmony]

***

Lauren si destò con il buio che ancora si spalmava sulla volta celeste: non sarebbe occorso molto tempo perché la sveglia suonasse. Stoica come poteva esserlo solo dopo la quotidiana seduta introspettiva davanti allo specchio, tra corrugamenti di fronte e increspamenti di labbra, al pensiero di dover combattere, oltre che dibattere, con i propri colleghi (una mandria ineducata e scortese, talvolta né tecnica né tantomeno politica), ella si raggomitolò in pizzo al materasso e posò le piante nude sul parquet riscaldato. Gli argomenti del discorso che aveva abbozzato come contenuti informi e poi redatto a regola d'arte, maniaca com'era della perfezione, mai indulgente con se stessa, mai facile alla resa, si affollarono in successione nella sua mente, che sembrava essere assai più pronta del suo corpo. Ma anche quest'ultimo, che lo volesse o meno, avrebbe dovuto darsi un tono più scattante.

Si stiracchiò, nel tentativo di scrollarsi di dosso gli ultimi residui di sonno. Marciò fino alla finestra, che spalancò, e si preparò al proprio appuntamento con lo specchio.

***

Erano solo le sei del mattino quando uscì di casa a passo di corsa. L'aria frizzante fu un Buongiorno simile a quelli risparmiati da Clara nel momento in cui si era responsabilizzata. A contatto con essa, gli zigomi si irrigidirono e le labbra si seccarono. Se le leccò distrattamente mentre svoltava, dribblando un bidone dell'immondizia.

Di solito circumnavigava l'isolato tre o quattro volte, percorrendo cinque o sette chilometri per giorno a seconda di come le gambe rispondevano all'esercizio. Pacifico che le temperature rigide costituissero il maggiore ostacolo all'allenamento, ma dato che l'inverno non era ancora sopraggiunto...

Facciamo quattro, patteggiò, ricominciando il giro per l'ultima volta. Ormai guance e naso rosseggiavano piacevolmente, emulative delle fragole in primavera. Londra invece cominciava a destarsi: il sole compariva timidamente da dietro l'orizzonte, lì dove il Tamigi non finiva, e scacciava, stringendolo nella sua morsa poco calorosa, ogni traccia della notte trascorsa.

Lauren rincasò solo dopo alcuni minuti di prezioso stretching; la bocca arida, un leggero strato di sudore ad aspergerle la fronte. Aveva occhi vispi e brillanti, ancora più aperti sul mondo, e muscoli pronti; una mente rinfrescata, un piglio energico, una sete da cammello.

Quando, dopo la doccia e una rifocillante colazione, lasciò Richmond a bordo di un taxi (perché chi diavolo ha voglia di scongelare l'auto?), non si sorprese nel trovare soltanto Lord Styles fuori dalle aule del Parlamento. Era talmente mattiniero e radioso per verbo e per maniere che avrebbe potuto fare concorrenza al sole stesso.

- Ministro! – la salutò, andandole incontro a braccia aperte.

Lord temporale originario del Worcestershire, Harry E. Styles, godeva di quel privilegio da un anno scarso, ma dell'amicizia con il neoeletto Primo Ministro già da un decennio. Si erano conosciuti a Parigi, mentre l'una frequentava la Sorbonne in Erasmus e l'altro bighellonava per l'Europa a mo' di rampollo fannullone, emulando e rivisitando in chiave moderna il famoso Grand Tour popolare nei secoli diciottesimo e diciannovesimo.

- Santi numi, anche tu? Non fate altro che chiamarmi così! Sembra quasi una presa in giro... -.

Lauren si fece prendere sottobraccio e condurre lontano dalla polvere dei corridoi parlamentari per una passeggiata mattutina lungo Westminster Bridge.

- E invece è la nostra splendida realtà, dear -.

Come non era mistero che il Tamigi scorresse da ponente a levante, così non era mistero che Harry simpatizzasse per il Partito e lo sostenesse. Anch'egli, come Lauren, era molto popolare tra i cittadini del Regno. Era una personalità eccentrica, dinamica, che ispirava affidabilità e benevolenza.

- Hai pronto il solito sermone poetico-filosofico, nevvero? -.

- È nostra fortunata tradizione, insomma! -.

- Non posso darti torto. Anche in Scozia ha funzionato -.

Durante la precedente primavera infatti, Lauren aveva istituito una sorta di collegio deliberativo, nell'orbita di Glasgow, la città natale di Normani, con il proposito di pianificare nei minimi dettagli la campagna elettorale.

- Wordsworth, The solitary reaper – chiosò Harry, senza che dovesse rispolverare alcun ricordo.

Per qualche istante si riempì gli occhi della luce mattutina, lungo l'orizzonte orientale del fiume. Batté un paio di volte il tacco dei propri mocassini: aveva avuto un'illuminazione.

- Sto aspettando, Maestro – lo canzonò bonariamente Lauren, quando notò i suoi occhi chiari accendersi di ispirazione. – Ancora Wordsworth? – tentò.

- Wordsworth, Composed upon Westminster Bridge -.

***

Nel momento in cui Lauren si levò dal proprio posto, fiancheggiata a destra da Normani e da Lucía a manca, un esagitato brusio di sottofondo sorse spumeggiante come schiuma che trabocchi da un boccale di birra. I soliti bovini, meditò, sistemando accuratamente i fogli del proprio discorso. Il suo sguardo fulgido sfarfallò quasi su ogni volto, amico o inimico che fosse, finché non trovò quello luminoso di Harry, che, sorridendo in modo incoraggiante, ammiccò al suo indirizzo e accennò a un plauso.

Al ritorno dell'ordine, ella picchiettò un paio di volte la sommità del microfono e assegnò pubblicamente i ministeri, at Her Majesty's Pleasure, come voleva la prassi. Senza ricorre a inutili fronzoli, snocciolò i principali punti del piano economico che Allyson aveva redatto per totalizzare l'occupazione e ridurre al minimo la fascia di povertà. Esso prevedeva alcuni progetti di ristrutturazione e costruzione di grandi opere, un taglio delle imposte sul reddito, che da un terzo sarebbero passate a costituire un quarto degli introiti statali, e infine, un dettagliato bilancio finale che, se tutto fosse andato come previsto, sarebbe risultato molto meno negativo dei precedenti governi e anzi, la tendenza l'avrebbe portato, anno dopo anno, a cifre positive.

Erano manovre che mostravano grande polso e cura del particolare, che miravano a sanare i problemi sociali originati dal modello post-capitalistico: quasi un'economia bellica, insomma.

Ormai al culmine patetico dell'orazione, che si basava solidamente sulla massima suggerita Dinah nel collegio scozzese, Bridges, not walls, i suoi occhi verdi caddero disgraziatamente su un punto particolare della sala, tra le file degli alleati laburisti. Un lieve sintomo di cedimento emotivo parve emergere dalle sue parole. Vacillò soltanto per una frazione di secondo, perché Normani la tolse dall'impaccio pestandole discretamente un piede.

La sconosciuta sexy era lì davanti a lei, giusto dalla parte opposta dell'aula. Sedeva con garbo anglosassone tra i Reds. Sembrava non avesse fatto altro che fissarla intensamente da quando aveva aperto bocca. Impudente, si impettì e le strizzò l'occhio, ben conscia del proprio ascendente.

Perché non l'aveva mai notata prima? E quale diavolo era il suo nome?

Evidentemente devo essere stata ubriaca per anni...


(...)

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