78- Il pretendente

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«Avevi ragione. Cristo Santo, non so come tu faccia, ma hai centrato il segno anche stavolta» disse Jonathan entrando deciso nella tenda. Era scosso e Robert si allarmò vedendo la sua faccia.

«Hai parlato con l'ufficiale medico? Che ti ha detto?» lo interrogò, balzando in piedi dalla branda.

«Quel vecchio trombone non mi ha detto un fico secco. Ha blaterato sulla necessità di trovare una brava donna sposata da metterle alle calcagna, come se ce ne fossero in abbondanza, e se n'è lavato le mani.»

«Come sarebbe a dire?» tentò Robert.

«Sarebbe a dire che quella è libera di fare gli occhi dolci a qualunque uomo e lui se ne disinteressa... ma il punto non è questo» lo interruppe Jonathan con una certa violenza.

«E quale sarebbe?» chiese Robert, allarmato.

«Ho visto l'uomo in questione» rispose con voce grave, da oltretomba.

«Ne sei sicuro?» lo incalzò il giovane, preoccupato dal volto livido del fratello.

«Non posso esserne sicuro al cento per cento... ma qualcosa mi dice che era lui. Una sensazione, non so se mi spiego. Mentre discutevo con l'ufficiale, la osservavo da lontano. Era in mezzo a molti soldati, a uno stava cambiando una fasciatura, poi a un altro ha detto qualcosa, ma quando si è chinata su un terzo a sistemargli una ciocca di capelli dietro l'orecchio, be', ho sentito un improvviso fastidio. Aveva messo in quel gesto una tenerezza speciale, non so se riesco a farti capire...» Robert annuì esortandolo a proseguire. «E lei ha incrociato il mio sguardo e mi è sembrata spaventata, poi si è allontanata in fretta dall'uomo e forse questo ha acuito i miei sospetti.»

«E com'è questo tizio?» chiese Robert, impaziente.

«Non ti piacerà...»

«Perché? E troppo vecchio per lei? Lo conosci?»

«È un ufficiale confederato.»

Il silenzio calò, pesante. Jonathan fissava serio il fratello e Robert pareva scioccato. Si lasciò cadere seduto sulla branda mentre in testa gli frullavano mille pensieri.

«Non è possibile» riuscì solo a farfugliare dopo qualche lungo istante. Non dopo tutto il male che le avevano fatto, non dopo aver combattuto una guerra contro di loro, non adesso che viveva ancora in una tenda pregando perché si arrendessero.

«Vorrei sbagliarmi, ma temo di no» sospirò Jonathan, mettendosi a sedere a fianco al fratello.

Era turbato e arrabbiato, incredulo forse, ma vedere la reazione di Robert lo aveva colpito ancora di più. La prospettiva che la sorella si fosse innamorata l'aveva mandato fuori di testa, ma la notizia che lui gli aveva dato l'aveva distrutto.

«Allora dobbiamo stroncare questa relazione prima che sia troppo tardi» affermò Robert, deciso.

Jonathan lesse una tale risolutezza in quello sguardo che non poté far altro che annuire.

«Sabrina deve capire che non fa per lei. Tu hai rinunciato a Lizzie e io ho deciso di lasciar perdere Emily, anche lei deve fare la sua parte per il buon nome della famiglia» continuò, fermo.

«Concordo, anche se forse non tirerei in ballo Lizzie: era chiaro fin da subito che non fosse una storia seria...» cercò di calmarlo Jonathan. Ci mancava solo che si mettessero a discutere quell'argomento con la sorella: l'avrebbe distrutto, insultato e fatto fare la figura del disgraziato, e questo non sarebbe servito alla causa.

«Va bene. Ma almeno Emily poteva sembrare una signorina per bene, così devota all'Associazione di Mutuo Soccorso ai soldati, sempre presente in ospedale... poi si è rivelata una dannata spia, ma...»

Polvere alla polvereDove le storie prendono vita. Scoprilo ora