capitolo 27

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Il risveglio, dopo la festa, fu piuttosto fastidioso per tutti. 

Si era fatto davvero tardi, quasi le tre di notte quando ritornarono a casa. 

Abby ricordava solamente il balletto, i vari complimenti e vari spezzoni che la raffiguravano ballare con Harry.

Quando risalì in camera sua, notò una chiamata persa da parte di Niall, risalente alle tre e mezza della notte, a cui lei naturalmente non gli aveva risposto, ma non lo richiamò. Aveva solamente voglia di dormire ancora, essendo terribilmente stanca e avendo un mal di testa atroce. 

Così, si appisolò sul divano, ma venne bruscamente risvegliata dal suono del campanello della porta. 

Harry non era in giro, dunque andò lei ad aprire. Per sua grande sorpresa, e sfortuna, era Erik. 

Era decisa a dargli la porta in faccia, ma lui fu più veloce e riuscì a fermare il movimento, entrando in casa.

"Esci." ordinò Abby, indicando la porta.

"Devo parlarti." affermò con decisione, guardandola negli occhi. 

Non erano tanto rossi, ma sotto di essi erano presenti delle occhiaie scure.

"Non mi interessa, devi andartene. Non voglio più vederti." sbottò.

"Signorina, tu non mi parli in questo modo. Sono tuo padre, e merito rispetto da parte tua. Mi sono spiegato?" alzò la voce, puntandole il dito contro.

Abby portò una mano alla testa, sospirando pesantemente. L'emicrania si era accentuata, tutto per colpa sua. 

"Senti, non ho voglia di litigare ancora. Quindi, ora te ne vai da questa casa e non ci ritorni mai più."

"Non prendo ordini da mia figlia, ho detto che ho bisogno di parlarti, cazzo!" grugnì, andando avanti e indietro per il salotto, come se fosse a casa sua.

"E allora dimmi quello che mi devi dire, dopodiché vattene." disse tra i denti, appoggiandosi alla porta, appena chiusa.

"La mia compagnia, Maya, non è più incinta. Ha perso il bambino."

Abby alzò entrambe le sopracciglia; non si aspettava una cosa del genere, insomma pensava le dovesse parlare di altro, nonostante ciò, gli rispose con tono indifferente. 

"Be', mi dispiace, per lei soprattutto."

L'uomo posizionò le mani sui fianchi, guardandola con gli occhi assottigliati. 

"Che cosa hai detto?"

"Mi dispiace per lei, scommetto che lei ci teneva tantissimo ad avere un bambino. Invece tu no, dopotutto, tu non avresti mai voluto dei figli." 

La sua espressione così distaccata e adirata lo fece alterare, soprattutto perché odiava quando gli si venivano rinfacciate le cose dritte in faccia; non si aspettava questo da parte di sua figlia, la ricordava comunque una ragazza che aveva persino paura della sua ombra. 

Erik ghignò, e le si avvicinò con passo felpato, anche se fu lei quella più veloce a fermarlo, alzando una mano. 

"Permettiti di toccarmi di nuovo, e giuro che ti vado a denunciare." mormorò tra i denti, scandendo ogni parola.

Erik arretrò, alzando le mani in segno di resa. "Mi dispiace, per quello schiaffo."

"Non ha più importanza ora, ma ho giurato a me stessa che se quell'avvenimento si fosse ripetuto, allora non avrei aspettato un minuto di più per andarti a fare denuncia." 

Mad Soul. [hes]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora