Capitolo 1

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Era tutto così strano. Non avrebbe saputo dire cosa ci fosse di diverso da prima. Qualcosa c'era però. Non migliore, non peggiore, solo... strano.
Forse era la stanchezza, forse la lontananza da casa o solo le maggiori responsabilità. Forse era l'agenda serrata che comportava un evento importante come quello. O forse no, forse più semplicemente era stato quell'ultimo maledetto anno di riposo forzato, che li aveva provati più di quanto non avrebbero voluto ammettere. Un anno fatto di smarrimento ed ansie, di solitudine e paura di non riuscire a vedere la fine di un tunnel così buio. Un anno di pandemia, che li aveva spiazzati, allontanati, costretti a rimanere fermi in un equilibrio precario proprio ora che erano lì, sulla cresta dell'onda.
Lui ne aveva sofferto più di tutti; nonostante avesse sfruttato quel nuovo tempo per sé, per scavarsi dentro e comporre nuova musica, Damiano ne era uscito profondamente cambiato. Certo, ora si sentiva di nuovo forte, pronto a tornare in sella con tutti i nuovi progetti, eppure nel profondo sapeva che qualcosa non andava tra di loro, come se un filo invisibile e segreto si fosse irrimediabilmente indebolito.
Aveva paura. Che avessero già perso la magia?
Cos'era poi un anno? Erano trascorsi solo una manciata di mesi dal loro ultimo tour europeo. E allora? Cos'era che lo faceva sentire così estraneo? Così sbagliato?
Ora che si fermava ad osservarli meglio, studiandoli di sottecchi mentre si preparavano a salire sul palco, il cantante si rendeva conto di quanto anche loro fossero cambiati: era come se li avesse lasciati ragazzini, per ritrovarseli tutto d'un tratto finalmente adulti. Doveva immaginarlo, a quell'età la differenza da un anno all'altro risultava evidente ma che ne poteva sapere uno come lui, che si sentiva vecchio da tutta la vita?
Erano maturati i suoi pischelli, erano cresciuti fisicamente, musicalmente, nello stile e persino nell'atteggiamento. Si erano preparati tanto per arrivare fino a lì e lo avevano fatto con una dedizione ed una costanza, di cui forse non li riteneva capaci.
Quante volte si erano scontrati su quel punto lui e Vic?
Quante volte si era sentito schiacciato dal peso della responsabilità di tenere in piedi la band con le sole proprie forze? Era lui la mente e la voce del gruppo, per un certo periodo ne era stato anche l'unico membro maggiorenne e probabilmente anche l'unico davvero intenzionato a cogliere quell'occasione per spiccare il volo.
Lei no, Victoria sembrava librarsi in alto, volare leggera su ogni cosa, come se nulla davvero avesse importanza, come se niente la toccasse e tutto fosse un eterno gioco, una interminabile gag. Come faceva a non rendersi conto che lui aveva investito tutto su quel progetto? Che ne andava della sua stessa vita??
Come faceva a non capirlo?
La guardò di nuovo, questa volta con più insistenza: il profilo perfetto, gli occhi dipinti di nero, abbassati sulle corde del basso e quel body semitrasparente che avrebbe fatto impazzire chiunque. No, ora che la osservava meglio e la vedeva indossare gli auricolari con quell'aria tutta concentrata, per poi sistemarsi la tracolla, sollevandola appena dalla spalla proprio in quel punto che le faceva sempre un po' male, Damiano si rendeva conto che si stava ingannando da solo. Se c'era qualcuno tra tutti loro che si era assunto qualche responsabilità, beh, quella era proprio Victoria. Lei, che ci aveva creduto fin dall'inizio. Lei, che si era aggrappata a quel sogno con le unghie e con i denti per risalire da un dolore inimmaginabile.
Lei. L'unica persona, della quale gli importasse davvero il giudizio. L'unica che lo aveva sempre accettato per quello che era; l'unica anima realmente pura, che lui avesse mai incontrato. A ben pensarci lo aveva sempre fatto, a modo suo ovviamente, con l'ironia di chi già sa quanto possa essere crudele la vita e tutta l'ostinazione e la pazzia dei suoi quindici anni. Ormai tutti sapevano che era lei la vera mente della band, quella che ci aveva investito, che si era sbattuta, quella che lo aveva rifiutato in un primo momento, per poi riprenderlo nel gruppo quando lo aveva ritenuto finalmente pronto. Era stato allora che gli aveva aperto le porte di casa sua e con quelle, un intero mondo. Vic lo aveva guidato in melodie graffianti e look impensabili, aiutandolo a portare a galla una parte di se stesso, che forse nemmeno conosceva. Aveva creduto nelle sue capacità, spronandolo come avrebbe fatto un'insegnante, una compagna, una madre. Lo aveva in qualche modo plasmato, dandogli una nuova identità. Ed ora, ora che tutto si stava compiendo, che cosa gli rimaneva davvero di lei? Di quella leonessa dalle idee chiare e dallo sguardo trasparente? Chi era veramente Victoria? Chi era quella piccola donna , che sapeva tenere a bada l'intero gruppo senza mai prendersi troppo sul serio? Quella che sapeva parlare con la stessa disinvoltura tre lingue differenti, passando dai trend della fashion week, ai distorsori per il basso, alla contabilità più spicciola? Poteva organizzare gli scherzi peggiori e ridere fino alle lacrime, così come gestire in modo garbato e diplomatico ogni intervista ed ogni contrattempo, come se fosse una manager consumata. Era pignola, severa con se stessa e allo stesso tempo la peggiore cazzara che avesse mai incontrato. Vic era il loro collante, l'adrenalina che li teneva in piedi e la forza per continuare a migliorare.
"Che c'hai, Dam?"
Lo apostrofò lei, sentendosi d'un tratto osservata.
L'uomo si limitò a rispondere con una smorfia ed un'alzata di spalle, cercando di sfoderare tutta la nonchalance, di cui era capace. Cazzo, lo aveva scoperto. Damiano si sentì improvvisamente a disagio. E poi che stava facendo? Non era il momento per simili paranoie, avevano uno show da mettere in piedi! Spostò subito lo sguardo da lei, posandolo insistentemente sulla camicia nera, che fasciava perfettamente le larghe spalle di Ethan proprio lì davanti.
Ma che diavolo stava facendo? Perché tutto quell'imbarazzo adesso? Dove cazzo era finita la complicità di un tempo? Le battute sporche, i sottintesi, le risate sguaiate? Stavano già perdendo l'innocenza dei vent'anni? L'avevano mai avuta?
Il fonico fece loro segno di entrare e d'un tratto scattò la magia: il piccolo Tony gli allungò una mano per afferrare la sua in quella stretta che era un incoraggiamento ed un gesto scaramantico insieme. Poi venne il turno di Edgard e subito dopo quello di Vic, che arricciando il nasino all'insù con una smorfia da bambina, lo invitò a posarle un bacio sulla guancia. Era il loro rito, ora sì che erano pronti per andare e spaccare tutto, erano carichi a molla, erano una famiglia. Aspettò che salissero le scale, come un capobranco che chiude la fila e lanciò un'ultima occhiata alle proprie spalle per incrociare due profondi occhi neri come la notte, che lo cercavano da lontano.
Lei era lì. Era lì per lui. Sperava solo che non si fosse accorta di nulla.

AmandotiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora