Capitolo 28

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Spazio autore

Io ve lo lascio qui. Aspetto di sapere che ne pensate.


“Ragazzi… pronti in tre minuti…?!"
Era ora di salire sul palco. Quella era l’ultima data prima di partire per la promozione negli Stati Uniti; il pubblico era caldo, non si teneva più e loro erano già in ritardo sulla tabella di marcia. Non che fosse una cosa grave ma quel piccolo inconveniente avrebbe potuto comportare dei tagli in scaletta, ora che gli orari dovevano essere rigidamente rispettati.
Damiano si sistemò gli auricolari, schiarendosi forte la voce, che quella sera non gli sembrava al top. Aveva fatto tutti gli esercizi di riscaldamento come al solito, aveva persino preso quelle gocce omeopatiche, che di solito facevano miracoli ma ugualmente non si sentiva pronto. Non era l’agitazione, percepiva invece quella sana adrenalina, che lo spronava sempre ad andare avanti e per la quale in fondo viveva. Eppure qualcosa non andava, la preoccupazione era ormai come una sinfonia di fondo, che faceva da colonna sonora a tutte le sue giornate. Vic si era presentata quel pomeriggio, di nuovo tardi certo ma almeno aveva mantenuto la promessa. Sembrava stare bene eppure lui sapeva che non era la stessa di sempre. Aveva cercato un contatto ma ormai sembrava impossibile per loro rimanere nella stessa stanza insieme. Lei lo evitava, evitava il suo sguardo, il confronto che lui invece cercava disperatamente da quando Leo gli aveva messo la pulce nell’orecchio. Giulia era sempre lì, anche quella sera lo stava aspettando esattamente sotto al palco, dove avrebbe ballato e lo avrebbe osannato come una vera groupie, aspettandosi cenni ed ammiccanti rassicuranti da parte sua.
Era così frustrante quella situazione e lo faceva anche incazzare a morte. Se in tutti quegli anni aveva avuto qualche dubbio sul fatto che lui e Vic non potevano essere una coppia, beh… quella ne era la dimostrazione lampante. La cosa peggiore era che l’equilibrio dell’intera band dipendeva da loro: se lui e la bassista non funzionavano, allora tutto il resto arrancava, proprio come una famiglia in cui i genitori fingono di andare d’amore e d’accordo mentre in realtà sono separati in casa.
Prese un profondo respiro, alzando la musica nelle cuffiette per caricarsi e recuperare la concentrazione. Mancava poco. Doveva liberare la mente, rimanere focalizzato sul proprio corpo, sullo spazio che esso poteva occupare. Un altro respiro. In fondo di cosa si preoccupava? Lo spettacolo sarebbe andato comunque alla grande, Vic era una professionista e grazie al cielo sapeva lasciare ogni problema fuori dal palco quando si trattava di tenere in piedi lo show. Per lui era più complicato ma poteva farcela, doveva solo lasciarsi trascinare da quell’onda di mani, di voci, di colori e tutto sarebbe tornato magicamente al proprio posto. Le urla del suo pubblico erano così assordanti e lo attiravano come una sorta di magnete verso le luci dei riflettori. Eccola, quella era la sua casa.
“E mo ‘ndo sta Vic??” La voce di Thomas lo obbligò a fare un passo indietro. Si guardò intorno senza riuscire a scorgere la frangetta bionda della bassista.
“Stava qui n’attimo fa!” Rispose Ethan con espressione preoccupata, attirando la sua attenzione. Fu allora che Damiano si tolse le cuffiette e cercò di capire il perché di quel trambusto.
“E mò che c’avete tutti?”
Lello non gli rispose ma si mosse verso le quinte per andare a cercarla.
“Sarà ancora de là, dove vuoi che sia?”
Lui sapeva che Vic non era in forma quella sera, aveva affrontato un viaggio stancante e, benché rincuorata dalle parole del dottore, la vedeva tesa man mano che si avvicinava il momento del confronto. Eppure mai come allora la sua presenza era fondamentale perché le cose funzionassero. Potevano sempre salire sul palco e rimanere senza cantante per qualche minuto ma di sicuro non potevano presentarsi senza bassista.
A quel punto Damiano si innervosì: la regola fondamentale era che non dovevano rovinargli quel momento, quello era il suo cazzo di momento prima dell’esibizione e doveva rimanere focalizzato! E poi, possibile che Victoria fosse sempre in ritardo? Ok, non era mai stata quella puntuale del gruppo ma nemmeno così ingestibile come nelle ultime settimane e a dirla tutta, il fatto che Leo fosse sempre in mezzo ai coglioni mentre lui era stato palesemente allontanato, lo faceva sentire ferito e ancora più arrabbiato per qualsiasi cosa la riguardasse.
Si mosse senza rendersene conto  e seguì l’amico, ignorando le proteste dei compagni.
“A Damià, ‘ndo vai anche tu?“
“Adesso ce parlo io…  Me so’ stufato de tutti sti teatrini da reginetta der cazzo!”
“Vic….? Tutto bene?”
Lello stava già bussando alla porta del camerino, quando arrivò il cantante e lo spostò senza fatica.
“Com’è che stai sempre ‘n mezzo tu? Mò te devi levà!”
Leo non fece in tempo a ribattere che Damiano aveva già spalancato la porta senza nemmeno chiedere permesso. Si aspettava di trovarla davanti allo specchio, intenta a ritoccarsi il trucco o a sistemarsi i gioielli ma la scena che si ritrovò di fronte era la cosa più impensabile e insensata, che avrebbe mai potuto immaginare.
“Ah Lé, non t’hanno insegnato a bussà?” Aurora era scattata sull’attenti, pronta ad aggredire l’assistente, quando si rese conto con sgomento che non era lui l’intruso.
“Che state a fa’? ‘Ndo sta Vic?”
Disse entrando come una furia. Aurora gli si parò davanti, cercando di sbatterlo fuori.
“Fuori di qui!! Leo, ti avevo detto di non far entrare nessuno…”
L’assistente le lanciò uno sguardo costernato, senza alcuna possibilità di trattenere Damiano, il quale le rispose subito a tono.
“E chi sei tu per dare ordini qui dentro? Chi cazzo t’ha chiamata?”
I due erano faccia a faccia, lui non la sfiorava nemmeno ma il dito alzato e la vena, che gli pulsava sulla fronte, lo facevano apparire in qualche modo pericoloso. Aurora indietreggiò di qualche passo e lui continuò. “E poi chi l’ha stabilita questa fottuta regola del camerino pri…” La voce gli morì in gola, quando la scorse là in fondo in un angolo della piccola stanza sommersa dal disordine. Vic si stava rivestendo in fretta ma qualcosa nella sua espressione spaventata gli fece capire che non l’aveva colta in flagrante durante una sveltina saffica.
“Ora me dite che cazzo sta a succede qui dentro!”
Damiano lasciò perdere la ragazza e percorse la stanza a lunghi passi pesanti, senza ascoltare le proteste degli amici dietro di lui. Era furioso e allarmato al tempo stesso. Vic aveva un aspetto davvero orribile: il viso pallido come un cencio e il rimmel leggermente sbavato mentre cercava di ricomporsi in qualche modo, evitando deliberatamente il suo sguardo.
“Niente Damià, so’ pronta! ‘nnamo…?”
“No, non sei pronta!!” Le sfiorò il viso ma lei si scostò come se la volesse colpire. Aveva pianto, che le stava succedendo? Di colpo la sua attenzione fu attirata da qualcosa di insolito. “E questa??“ Una siringa giaceva abbandonata su di un piccolo batuffolo di cotone lì accanto ad una fiala ormai vuota. “Ma che cazzo…!?” Non riusciva nemmeno a parlare e Victoria sembrava terrorizzata.
Prese il piccolo oggetto tra le mani come se scottasse, sollevandolo quasi fosse un’arma del delitto.
“Nulla. Non è nulla.” Aurora aveva già sfilato la siringa dalla sua presa, rimettendole il cappuccio di sicurezza e gettandola nel cestino dei rifiuti, insieme a tutto il resto.
Victoria invece era sgusciata lontano ed ora stava tentando malamente di sistemarsi il trucco davanti allo specchio. La luce dei faretti tutto intorno ad esso non faceva altro che mettere in evidenza i segni del pianto e della stanchezza.
“Aurò, statte zitta n’attimo! Non sto a parlà co’ te!” Damiano avrebbe voluto risultare più gentile ma il suo tono sembrava l’abbaiare di un cane rabbioso. Era letteralmente fuori di sé, non riusciva a mettere in fila i pensieri e a trovare un senso a quello che aveva appena visto. “Ora uscite tutti de qui. Ho bisogno di rimanere con lei. Da solo!”
I due non si mossero ma aspettarono la reazione della bassista, come se fossero bloccati tra due fuochi.
“Parleremo dopo, ok? Ora ci aspettano.”
Vic si sistemò la frangia e Damiano notò che le mani le tremavano leggermente. Ebbe paura e si ribellò alla calma apparente che tutti lì dentro cercavano di ostentare.
“Bene. Allora farete il concerto senza di me. Io nun me movo da qui!”
Era risoluto come non mai, tutti lo conoscevano abbastanza da sapere che non avrebbe mai ceduto.
“Ok, noi aspettiamo qui fuori. Avete cinque minuti.”
Lello e Aurora uscirono a malincuore, ben sapendo che prima o poi quel momento sarebbe dovuto arrivare. Le urla del pubblico si fecero largo per un secondo prima che la porta si richiudesse alle loro spalle, riportandoli con la mente alla realtà fuori da quella stanza.
“Amò, te prego… non ora.”
Amò. Damiano aveva la sensazione che fossero passati secoli dall’ultima volta in cui aveva sentito quel soprannome uscire dalla bocca della donna. Per un attimo la sua mente fu catapultata indietro di anni, a quando era normale per loro sentirsi una cosa sola. Ebbe l’istinto di desistere, di accontentarla ma subito l’apprensione ebbe la meglio, quando la vide pizzicarsi le guance per dare loro un minimo di colore in quel pallore innaturale.
“No, dimmelo. Dimmi che succede. Sono giorni che me eviti. Ok… ce l’hai ancora su pe’ quello che ce semo detti?! Per Luigi? Ce sta… pensavo ce fossimo chiariti.”
“Ce semo chiariti infatti… Daje, Dam…”
Vic voleva andarsene il prima possibile da lì. Voleva trovare una scusa, l’ennesima. Una scusa buona e plausibile che giustificasse i suoi comportamenti e allontanasse il confronto di almeno qualche ora. Glielo avrebbe detto, semplicemente non lo avrebbe fatto prima di una performance.
“Non dirmi che mi vuoi punire?! Ok, l’ho capito che Giulia non è l’unica ad avere dei problemi… ho sbagliato a tornare da lei, me ne rendo conto ogni giorno che passa ma anche te, Victò. Abbiamo sbagliato in due. Non puoi darmi tutta la colpa e comportarti come se fossi un cazzo di mostro…”
“Non ti sto dando nessuna colpa.”
Gli era saltata sulla voce, sperando di farlo tacere. Le faceva male pensare che lo ritenesse l’unico responsabile per ciò che avevano fatto insieme. La feriva l’idea di essere ritenuta sempre quella fragile nella coppia, quella che subiva.
“E allora? Parla cazzo… lo so che ce sta quarcosa, te conosco!”
“Smettila!”
Lo pregò lei  ed i loro occhi si scontrarono per un attimo attraverso lo specchio davanti a loro. Damiano pensò di lasciar perdere. L’azzurro di quegli occhi era così limpido e terso da convincerlo di qualsiasi cosa.
“E come faccio a smetterla? Come faccio a tornare de là e a far finta de niente? Spiegamelo. Me stai a fa preoccupà! Te ne stai tutto er giorno sola, rintanata chissà dove con le tu’ amichette der cazzo. Me eviti e… e non lo so che cazzo te prende. Lello manco me parla più… Non t’ho mai vista così… Guardate ‘n po’, sei l’ombra di te stessa!” La squadrò da capo a piedi, indugiando sulle spalle minute e le ossa del bacino, che si intravedevano dai pantaloni di pelle ormai troppo larghi per lei.
“È solo un periodo…”
Victoria non suonava convincente nemmeno alle proprie orecchie. Si mordicchiò le labbra, ben sapendo che il rossetto non avrebbe retto un intero show. Si sentiva uno straccio, sentiva che se Damiano non l’avesse lasciata respirare, avrebbe vomitato di nuovo e lei ne era terrorizzata. Ma lui la conosceva, conosceva ognuna delle sue espressioni ed ora poteva leggere in lei tutta la paura, il senso di colpa e probabilmente anche quel fottuto senso di vertigine, che non la abbandonava ormai da giorni.
“E quella roba allora?”
“Me l’ha prescritta un medico, non preoccuparti!”
Ma lui era già preoccupato. “È per i tuoi attacchi di panico? Lo so che sono tornati.” Le si parò davanti, impedendole di sfuggirle.
“No… Davvero, non ora… Ne parliamo dopo il concerto… te lo giuro."
Lo dribblò velocemente, recuperando il basso alle spalle dell’uomo, il quale si trovò per un attimo come stordito e sorpreso dal profumo inconfondibile di lei. Era assurdo come, anche in un momento di tensione tanto elevata, quel maledetto profumo avesse un tale effetto su di lui.
“Ehi ehi… no. Non pensare di poter andartene così. Prima me dici che c’hai e poi annamo là de sopra a spaccà ‘r culo a tutti!” Si mise proprio davanti alla porta, impedendole il passaggio. La vide alzare gli occhi al cielo ma la verità era che Victoria era spaventata, lo vedeva da come evitava il suo sguardo in modo così ostinato. Probabilmente la risposta era proprio lì ma lui non riusciva a leggerla.
“Vic, basta cazzate! Abbiamo un nuovo album, un tour da preparare e tu nun te reggi in piedi. Pensi che semo tutti cojoni? Che ‘n se ne sia accorto nessuno qui dentro? Dimme, è ‘na roba grave? Posso reggerlo, lo sai che ci diciamo tutto noi due…” A dire la verità non era poi così sicuro di riuscire a reggere una brutta notizia, lui non poteva nemmeno pensarci ad un mondo senza Vic ma quel silenzio lo mandava al manicomio. “È per Luigi? Ha scoperto di noi? Ti ha lasciata?? Sono giorni che non lo vedo più… dalla sera delle rose. Ha fatto lo stronzo, vero? T’ha mollata pe’ colpa mia… Ce mettemo n’attimo guarda, se voi vado a Milano e je spacco gli incisivi, che ne dici?“ La vide scuotere la testa cercando di aprire la porta. “Allora è pe’ Giulia!? Io non so più come spiegartelo, lo sai che so’ pronto a dirglielo in qualsiasi momento. Se voi vado de là e lo dico cor microfono… lo dico a tutti quanti…”
Non le avrebbe permesso di andarsene e di lasciarlo in un angolo a farsi tutte quelle domande. Come poteva pensare che avrebbe retto un intero concerto con quella tensione addosso?
Ci fu silenzio. Un silenzio carico di significati e parole non dette. Victoria era esasperata. Ora Damiano poteva vedere i piccoli occhi blu pieni di lacrime, che minacciavano di inondare tutto come un mare in tempesta. Victoria era tesa, sentiva la testa pulsare il senso di nausea salire in ondate, nonostante lo stimolo del vomito fosse frenato dalle medicine. Sapeva che aveva bisogno di aria ma più di tutto aveva bisogno di lasciare uscire quel segreto enorme, che la stava pian piano schiacciando. Leo glielo diceva ogni fottuta sera: doveva parlare con Damiano. Doveva dirlo una volta per tutte, prima di commettere qualche cazzata. Quello era il momento, esattamente come decine di altre occasioni che aveva avuto in quei giorni e che lei aveva rimandato. Lui la stava pregando, era confuso e spaventato a morte ma come dargli una simile notizia? Vic sentiva di non avere più aria nei polmoni quando si decise ad aprire la bocca.
Parlò, lo fece con un tono tagliente, quasi spazientito. Come se non le avesse lasciato altra scelta.
“Sono incinta, ok?!”
Era solo un sussurro ma così deciso. Lo disse con rabbia per zittirlo e per zittire la propria testa, che minacciava di scoppiare.
Damiano rimase per un attimo intontito, come incapace di incassare il colpo. Il fiato sembrava essersi spezzato mentre l’ombra di un sorriso incredulo si era dipinta sul suo volto perfetto. Avrebbe voluto parlare, dirle di piantarla di dire cazzate. Era uno scherzo ridicolo e di cattivo gusto, come era solita fare lei del resto. Poi il sorriso gli morì lentamente sulle labbra, lo sguardo sempre ancorato a quello impassibile di lei. No, non stava scherzando e lui stava finalmente realizzando la reale portata di quella notizia.
“No…”
Fu l’unica sillaba che riuscì a pronunciare, rimanendo come attonito, instupidito. I rumori tutto intorno a lui sembravano ovattati, il vociare lontano era uno spaventoso e lento boato. Si sentiva sprofondato dentro ad una voragine, dalla quale sembrava impossibile poter uscire.
Victoria lo scartò di nuovo, approfittando di quel momento di debolezza. Aprì la porta e prese il corridoio principale, scontrandosi con le espressioni costernate dei due amici, che li aspettavano lì fuori.
Solo allora il cantante riuscì a reagire e la seguì a ruota.
“Ehi ehi… no. ‘Ndo cazzo vai? Vic! Fermati!"
La prese per un braccio, attirandola a sé esattamente con aveva fatto quella famosa sera d’estate,  quando l’aveva salvata da un pirata della strada. Si rese conto di aver usato troppa forza solo quando i loro sguardi si scontrarono di nuovo.
“Lasciami!!” Lo stava sfidando con quel sibilo e l’espressione ribelle, che in passato lui stesso aveva tanto adorato.
“È suo?? Dimmelo… è suo?? Per questo è sparito?” Si sentì dire in un vano tentativo di cambiare la realtà o perlomeno darle una spiegazione logica. Del resto aveva senso, anche se il solo pensiero lo feriva a morte.
Vic gli sfuggì ma riconobbe il suo tono ironico e strafottente.
“Che vuoi che ti dica, Damià? Sì… sì, è suo…ok? Se’ contento adesso?!”
Lo prese in giro lei, ben attenta a non alzare la voce per non farsi sentire dai presenti, che si tenevano a debita distanza.
“No!!” Gridò invece lui, esasperato mentre la realtà gli piombava addosso come un treno ad alta velocità. “Lo è??”
Si rese conto di quanto fosse stupida quella domanda nel momento stesso, in cui incrociò lo sguardo di lei. Era lo sguardo di un animale selvatico pronto a morderlo. In quel momento Damiano ripensò chiaramente alla frase scritta sul vecchio basso della ragazza: girls bite back. Di sicuro lo avrebbe morso se si fosse avvicinato troppo.
Cercò di recuperare goffamente: “Ma non… non è possibile… siamo stati attenti…”Non era vero. Lui lo sapeva e lei lo sapeva ancora meglio. Ok, erano stati attenti la maggior parte delle volte ma non sempre  avevano pensato alle conseguenze, presi com’erano da tutti i loro casini sentimentali e dalla passione incontenibile.
“Non può essere… Io non… No, non può succedere ora! No…” Balbettò confuso mentre pian piano si rendeva conto di cosa comportasse una simile notizia. Si portò una mano alla tempia, quasi il suo fosse un dolore fisico. Vic fece un passo indietro. Dovevano andare, Thomas li stava raggiungendo, ormai spazientito da tanto ritardo. Lui era l’unico che avrebbe avuto il coraggio di farlo.
“Dobbiamo andare…”
Lo spronò di nuovo Victoria, rendendosi conto di avere sbagliato a dirgli la verità in quel momento. Aveva compromesso il live, il loro lavoro e quello di tutto il loro team di amici e colleghi. Non avrebbe dovuto permetterlo e si odiava per questo. Anche per questo.
“E adesso? Te rendi conto…? E adesso??” Damiano sembrava scioccato, come se non sentisse più ciò che gli accadeva intorno. “Che facciamo adesso? Voglio dire… no… la tournée… Noi due… Cazzo, no. Non adesso!” Non doveva succedere e basta, questa era la verità. “È tutto rovinato, non capisci? La mia vita… tutto rovinato!”
Era in evidente stato confusionale; Victoria l’aveva già visto così in passato, gli succedeva quando il suo enorme autocontrollo si sgretolava improvvisamente e aveva bisogno di raccogliere i pezzi. Lei era quella che di solito li raccoglieva e li rimetteva insieme ma come poteva farlo in quel momento.
“Daje regà, ‘nammo?!”
La voce di Thomas, arrivò distintamente alle orecchie di entrambi, nonostante il chitarrista si fosse fermato a qualche metro da loro. Non era un coglione, aveva intuito che c’erano spazi da non invadere e di sicuro non si sarebbe intromesso in quel diverbio tra i due maschi alfa del gruppo. Già, Victoria e Damiano alternavano questi momenti in cui diventavano primedonne o uomini dominanti, l’importante era che non lo fossero entrambi nello stesso momento, proprio come stava accadendo davanti ai suoi occhi. Di sicuro non poteva immaginare il vero motivo di quella lite, se lo avesse fatto, sarebbe stato il primo a mandare a monte il concerto.
Ora Vic sapeva che era arrivato il momento di prendere in mano la situazione. Era ferita dalle parole dell’uomo, il quale le aveva appena detto chiaramente che gli aveva rovinato la vita ma allo stesso tempo si rendeva conto che aveva bisogno che lui reagisse per continuare a lavorare. Lasciò scivolare il basso con la tracolla dietro alla propria schiena e si avvicinò a Damiano, prendendogli il volto tra le mani.
“Non si è rovinato niente… Sistemerò tutto, ok?! Te lo prometto, penserò a tutto io! Ora dobbiamo andare là sopra e fare quello che sappiamo fare meglio. Il resto lo risolvo io! Mi hai capito, bene?”
L’uomo si aggrappò alle sue mani, scrutando dritto nel blu dei suoi occhi. Voleva così tanto crederle, voleva sperare che non fosse cambiato niente tra di loro. Senza il gruppo lui non era nulla. Senza di lei, non era nulla.
Annuì debolmente.
“Ora vieni con me!”
Vic si mosse di nuovo verso il corridoio, raggiungendo velocemente gli altri. Lui cercò di ricomporsi, si sentiva come svuotato, per niente pronto a mettersi a nudo di fronte a migliaia di sguardi adoranti. Era come se un peso lo trascinasse indietro, lontano dal palco, che prima lo attirava così tanto. Sapeva che non stavano facendo la cosa giusta, dovevano chiarirsi prima che iniziasse lo show.
“Scusatece!”
Vic si sistemò gli auricolari mentre un tecnico l’aiutava ad agganciare l’air monitor alla cintura, fissando poi il nastro adesivo sulla schiena nuda. Aveva recuperato tutta la sua solita aria concentrata. Gli occhi brillavano della stessa luce di sempre, nonostante i segni del pianto fossero ancora ben visibili.
Il fermento cresceva, così come la loro adrenalina. Damiano invece non sentiva niente. Le mani del tecnico armeggiavano con i fili dentro la sua maglietta ma lui non riusciva ad aiutarlo. Per la prima volta in vita sua non provava alcuna emozione. Rimaneva fisso con lo sguardo sul volto della ragazza. Che cazzo stava facendo?
Si scambiarono le solite strette di mano in quel gesto scaramantico, che li univa all’inizio di ogni esibizione. Lo fece in modo automatico, lasciandosi trascinare dagli eventi. Solo quando Vic gli porse la guancia per baciarla,  fu preso da un istante di lucidità e la fermò d’improvviso, sussurrandole all’orecchio: “Che cazzo vói sistemà?”
“Non ora!”
Gli rispose lei senza guardarlo nemmeno negli occhi. Gli diede una pacca sulla schiena e se ne andò lasciandolo lì, così, a guardarla prendersi le urla dei fans impazziti.
“Daje…”
Lello lo spronò a seguire i compagni con una nuova pacca sulla spalla. Il suo ero lo sguardo comprensivo di un amico. Un amico che sapeva e chissà da quanto tempo.
Si schiarì di nuovo la voce, cercando di ricordarsi come si metteva un passo di fronte l’altro.
Lo show doveva continuare.


















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