Capitolo 33

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Spazio autore

Grazie a chi è arrivato fino a qui con la lettura, so che sono capitoli un po' lunghi. Grazie anche per i commenti. Questo è un capitolo che mi piace molto e spero piaccia anche a voi. Scusate sempre per i dialoghi, io non so il romanesco e sicuramente ci saranno degli errori. Specifico sempre che è tutto frutto della mia fantasia. Spero di sapere che ne pensate, buona lettura.

Afferrarono le chiavi al bancone della reception, scambiandosi uno sguardo enigmatico. Era assurdo che fossero lì a Londra, nella loro città del cuore e che fossero costretti a separarsi in due stanze differenti.
Entrarono nell'ascensore, facendo delle battute maliziose sulla receptionist ed Ethan fu il primo ad insistere per un selfie di gruppo. Vic esaudí il suo desiderio e fece un piccolo video che avrebbe caricato di lì a breve. Continuarono a guardarlo in loop fino a che le porte non si aprirono, lasciandoli liberi lungo i lussuosi corridoi. Le guardie del corpo non avevano accesso a quella parte, grazie al cielo erano in grado di ritagliarsi ancora un minino di privacy.
Thomas ed Ethan avevano ovviamente notato il grande cambiamento tra i due compagni ma ormai erano così abituati ai loro alti e bassi, che forse non ci facevano più nemmeno caso.
Si separarono, entrando ognuno nella propria stanza, consapevoli che nel giro di un nanosecondo avrebbero iniziato a girovagare per le camere, decidendo qual era quella più figa, nella quale trascorrere la serata.
L'indomani avrebbero avuto l'intervista ed il live per una radio britannica, una sorta di evento super esclusivo, al quale avrebbero partecipato solo un migliaio di spettatori. Non era il massimo ma in quel momento Damiano era ben felice di non dover affrontare un palco chilometrico di un festival all'aperto. Sapeva di non poter insistere con Vic ma contava sul suo senso di responsabilità, che sapeva esistere lì sotto la sua proverbiale pazzia di sempre. Non lo avrebbe ammesso con lei ma si sentiva già un vecchio padre apprensivo, che avrebbe voluto portarle la valigia e non farle muovere un muscolo fino alla fine della gravidanza. Sapeva i rischi che aveva già corso e non voleva in nessun modo che quelle tre ultime date mettessero a repentaglio la sua salute. Le lanciò un'occhiata distratta mentre lei faceva una delle sue foto da figa nel bagno lì accanto. Sorrise. Vic stava bene nonostante la nausea ma anche quella sembrava migliorare di giorno in giorno, facendogli pensare che il fattore psicologico doveva avere il suo peso.
"Vic... allora che me metto stasera? Che te lo sei portato quer gilet grigio che m'avevi detto?"
Anche Thomas sembrava più rilassato. Dopo l'ultimo concerto e la scomparsa di Vic, il chitarrista sembrava aver eliminato definitivamente Damiano dalla sua lista di amici. Non riusciva a capire cosa fosse successo ma era così stanco di lui e delle sue indecisioni. Aveva cantato da schifo quella sera e si era comportato da stronzo più o meno con tutti. Se poi a questo si univa come aveva sbroccato quando Vic era scappata via, allora poteva benissimo dire di aver chiuso per sempre con lui. Avrebbero continuato a lavorare insieme ma il loro rapporto sarebbe finito lì.
Ora però eccolo il solito Dem, con quel bellissimo sorriso dipinto sul volto e la barba lunga di qualche giorno. Qualunque cosa fosse accaduta tra lui e Victoria, sperava che fosse qualcosa di duraturo. L'atmosfera era rilassata, nessuno di loro aveva una fidanzata al seguito e si dovevano solo concentrare sulle performance e sugli outfit pazzeschi.
Damiano si finì di allacciare i pesanti scarponi, valutando la comodità dei suoi pantaloni. Thomas ed Ethan erano tornati nelle loro stanze e lui era lì, seduto ai piedi del letto di Victoria, che si stava finendo di preparare.
"Comunque nun me pare 'na grande idea..." Disse l'uomo, fingendo una certa indifferenza mentre lei si infilava gli ultimi anelli alle dita.
"Eddai... non penserai davvero che me ne starò chiusa in hotel la nostra prima sera qui a Londra!?"
Damiano alzò gli occhi al cielo con quella sua espressione rassegnata.
"No, figuramoce... ma quanno mai! Victoria che se riposa per piú de dú ore quanno po' annà a zompà in mezzo a 'na bolgia de gente tutta gnuda..."
"Che bacchettone!! E poi dici agli altri... E invece ne dovresti approfittà, presto te le scordi le serate in discoteca!"
Lo provocò lei, avvicinandosi al letto con un sorriso complice. Damiano l'attirò a sé, cingendole i fianchi per stringerla appena e mormorare dritto verso la sua pancia scoperta.
"Ahò Piccolé, preparate che tú madre ce mollerà sempre a casa pe' annarse a divertì co' lo zio Tony!"
"Che scemo!" Vic scoppiò a ridere, tirandogli appena i capelli per allontanarlo.
"Ah no?! E poi ce toccherà pure d'annarli a ripijà alle quattro de mattina!" Disse a voce piú alta, cercando di evitare lo schiaffo scherzoso di lei.
Scoppiarono a ridere entrambi, elettrizzati dall'idea di poter condividere quella notizia con gli altri ma anche intimamente preoccupati per l'avvicinarsi di quel momento. Presto lo avrebbero saputo tutti ma per ora era ancora il loro segreto, che custodivano e cullavano nei loro cuori, sentendosi quasi una persona sola.
Nonostante le proteste di Damiano, avevano finito per uscire dalla hall, vestiti di tutto punto e pronti per fare baldoria. Leo li stava filmando come ogni volta mentre Gaia parlava con l'autista, che ci stava evidentemente provando con lei sotto lo sguardo attento di Ethan.
Scesero dal van e fecero il loro ingresso in quel club, nel quale avevano suonato varie volte durante il loro primo tour europeo. Quella sera si sarebbero solo divertiti, avrebbero ascoltato un concerto da spettatori e forse nessuno li avrebbe riconosciuti.
Ben presto si erano resi conto di quanto fosse assurda quella speranza. La loro presenza non era passata di certo inosservata e avevano tutti gli occhi puntati addosso, dai baristi ai buttafuori. Il gruppo sul palco aveva chiesto subito di fare un duetto e Damiano aveva dato il meglio di sé, spogliandosi ed ammiccando verso tutti gli uomini in platea. Sapeva che quello era un locale gay ed adorava sentire gli sguardi affamati su di sé. Anche quello di Vic era puntato sul suo fondo schiena, mentre se la rideva incitandolo a continuare, ad esagerare. Adorava quella parte di lui, lo amava forse proprio per quello.
"Che nun bevi, Vincé?"
Le chiese Thomas, raggiungendola al bancone del bar.
"Sì che bevo..." Fece lei, alzando il bicchiere del suo cocktail.
"E che cazzo è? Coca cola?"
"Coca e Rum..." Rispose lei distratta, lanciando un'occhiata al bicchiere di soda allungata di Ethan. Chi avrebbe mai detto che i trucchetti di Edgard sarebbero tornati utili?
Anche Damiano la guardò storto quando scese dal palco con il petto sudato e una salvietta intorno al collo.
"È coca cola..." Si affrettò a sussurrargli all'orecchio non appena fu abbastanza vicino. Lui annusò il bicchiere con aria scettica, per prenderne poi un generoso sorso.
"Bono... fammene n'artro và!"
Disse al barista, ben sapendo che non avrebbe capito nulla. Era buffo starsene lì e fingere di ubriacarsi, sentendosi davvero un po' su di giri solo per il fatto di essere finalmente fianco a fianco davanti a tutti come una coppia vera.
"Credi che ce sta troppo casino?"
Le disse, avvicinandosi appena e sfiorando con il dorso della sua mano, quello di lei.
"Pe' cosa? La gente dici? Semo tutti vaccinati!" Disse la ragazza, cercando di sovrastare la musica.
"No... per gli ampli... che ne sai de cosa se sente lì dentro?" Indicò il ventre di lei, stando attento a non farsi vedere. La ragazza da parte sua dovette sforzarsi per non posarvi istintivamente una mano sopra, come se tutti quei piccoli gesti in codice fossero qualcosa di proibito ed eccitante insieme.
La vide sorridere appena. In effetti il volume era molto alto, quel genere di alto che ti fa sentire le casse nel petto e il rimbombo sotto i piedi.
"Non so... immagino che sia abbastanza insonorizzato..."
Sorrisero insieme ma costò ad entrambi una certa fatica non toccarsi. La verità era che avrebbero dovuto aspettare ancora qualche giorno e poi finalmente si sarebbero potuti liberare di quel peso. Era troppo chiedere loro di rimanere divisi anche ora che avevano finalmente dichiarato vero ed ammissibile quel sentimento.
"Noiartri uscimo a fumà, vuò vení Dem?"
Leo lo aveva appena richiamato all'ordine, riconoscendo i classici segni di cedimento. Ormai quei due tubavano come colombe e persino un sasso avrebbe potuto riconoscere i sintomi tipici dell'amore.
"Ok, vai... io intanto vado in bagno..."
"Fatte accompagnà da Sami..." Le gridò l'uomo preoccupato, mentre veniva trascinato via dagli amici.
Vide l'espressione scioccata di Vic e poi fu risucchiato da un corridoio pieno dei personaggi più strani, era tutto un susseguirsi di occhiate languide e mani che gli sfioravano il petto. Quando uscì alla luce dei lampioni, si sentì subito meglio.
"Sta mejio, eh?!"
Non si aspettava quella domanda così a bruciapelo ma Thomas sembrava un po' brillo e non stava più nella pelle.
"Chi, Vic? Sembra de sì..."
Disse lui, tentando di rimanere sul vago. Leo aveva lo sguardo puntato sulla punta dei propri anfibi, era così in imbarazzo che avrebbe voluto tornare dentro al club per non assistere a quella scena penosa di Damiano che tentava di mentire ai compagni.
"È merito tuo?" Chiese il chitarrista, facendolo sentire ancora peggio.
"No... non saprei. Ce semo chiariti!" Forse avrebbe fatto meglio a dire che in qualche modo era colpa sua, più che un merito.
"Beh... quarsiasi cosa sia, famo che rimane così armeno pe' quindici giorni, ce la fate? Nun ve stamo a chiede tanto, dú settimane de pace... così... che ridete e magnate e ve divertite come na vorta. Ce stai?"
Gli porse la mano, come a suggellare un patto.
"Andata..." Damiano strinse la mano del chitarrista, ricordandosi che doveva far finta di aver bevuto almeno quanto lui.
"Ma che fai? Non hai manco fumato?"
Chiese questa volta Ethan, gettando il suo mozzicone nel posacenere accanto alla porta.
Il cantante si accorse solo in quel momento di non aver nemmeno estratto la sigaretta dal pacchetto.
"Ehm... no, a dire il vero sto cercando di ridurre un po'..."
Era in imbarazzo. Avrebbe dovuto essere fiero dei suoi sforzi e invece si sentiva scoperto. Come poteva confidare che aveva deciso di smettere per Vic e per quella nuova piccola vita, che presto sarebbe nata e che doveva trovarlo in forma e in perfetta salute? Gli sembrava una scelta ovvia e normale per un uomo nella sua posizione ma gli amici ancora non potevano capirlo.
Leo invece capí al volo e decise di intervenire.
"Sarà mejo... 'n artro po' e nun c'hai più voce pe' finì manco 'na canzone!"
Aveva cercato di usare poco tatto per chiudere la questione e riportare tutti al livello giocoso di sempre. Damiano gli fu così grato per averlo tolto dall'imbarazzo. Presto lo avrebbe liberato da quel difficile ruolo di angelo custode e gli avrebbe affidato solo quello di padrino. In fondo chi non avrebbe voluto un padrino come Lello?
Rientrarono nel locale e Damiano si ritrovò subito a cercare Victoria tra la folla. La scorse in un angolo, era seduta ad un tavolino con una bionda che non era Gaia e che ci stava provando con lei. Era così evidente, lo capiva dal linguaggio del corpo senza nemmeno dover sentire le parole. Si avvicinò e con fare garbato la soffiò alla nuova arrivata.
"Ehi... che cazzo fai? Stavo parlando!"
"Sì ma è ora d'anna..."
Le disse, trascinandola verso gli altri.
"Non è vero!!" Protestò lei, minacciando di tornare sui suoi passi.
Damiano si voltò, le luci blu del locale rendevano il suo viso ancora più affilato e leggermente cattivo.
"Allora, vedemo de capí bene 'na cosa: che te se' libera lo so già e me po'annà pure bene fino a 'n certo punto ma che me devo stà a preoccupà pe' tutte quelle che te girano appresso, proprio nun esiste!"
Victoria dovette sforzarsi di non scoppiargli a ridere in faccia.
"Senti chi parla!! Con quale coraggio, David...!?"
Lo stava prendendo per il culo? Damiano si morse le labbra, guardandosi intorno ma poi dovette cedere ad un lieve sorriso.
"Ok, ok... vale pe' tutti e due. Mó 'nnamo che ce sta troppa confusione per i gusti mia e nun vojio che faccia male ar regazzino!" Le afferrò la mano senza darle modo di protestare ma scorse il suo sorriso rassegnato, prima di voltarsi e trascinarla lontano. Non voleva perderla in mezzo alla bolgia e aveva il timore che la calca potesse schiacciarla. Che idea del cazzo era stata quella di andare a ballare!
Rientrarono, sfatti e stremati. Vic aveva affidato i suoi stivaletti ad uno dei bodyguard e se ne andava saltellando scalza per l'hotel. Presero di nuovo le due chiavi, chiedendosi perché tenere in piedi quella farsa patetica e salirono in camera. Damiano non fece nemmeno l'atto di entrare nella sua stanza ma salutò gli altri, chiudendosi la porta della stanza di Vic alle spalle.
"Ma che fai?"
Lo apostrofò subito lei, abbassando la voce che lasciava lo stesso trasparire tutto il suo disappunto.
"Tanto che vói che dicano? Lo sanno che non stamo a fà 'na partita a carte... E poi se devono pur abituà all'idea, no?!"
Fece spallucce e si lanciò sul letto, sfilandosi gli anfibi con un unico gesto.
"Non sono sicura di volerti sempre nella mia stanza..." Vic lasciò cadere quella frase mentre si dirigeva in bagno.
"Come no? Nun te pare 'n po' tardi pe' dirmelo??" L'uomo rise ma non era sicuro che stesse scherzando. "Comunque se sono accorti che non fumo più!" Disse alzandosi con un lamento stanco per raggiungerla davanti all'enorme specchiera.
"Per forza... fumavi come una cazzo de ciminiera! Basterebbe darti un limite... che ne so, cinque al giorno..."
Si stavano struccando l'uno accanto all'altra, scambiandosi gli stessi prodotti come avevano fatto migliaia di volte in passato.
"Non me vojio dà 'n numero. Vojo smette e basta!"
"Credo sia troppo drastico... come co' l'alcol, chi cazzo lo dice che se io nun bevo, manco tu lo pòi fa?"
"Quello è diverso... è solidarietà!"
Il telefono di Vic vibrò, rischiando di cadere nel lavandino e i gesti di Damiano si fermarono a mezz'aria.
"È lei?" Chiese quasi deluso. Che stupido, per qualche ora aveva smesso di pensare alle loro vite reali, a quelle che ancora li imbrigliavano nel passato.
"Sì, è appena rientrata co' Nica e gli altri..." L'uomo non disse nulla. Si sciacquò il viso e si apprestò a lavarsi i denti, sempre con quell'espressione dipinta addosso. Vic non riuscì a rimanere zitta e sbottò.
"No eh... non incomincià a fà l'offeso, che se dovessi farlo io per ogni vocale che t'arriva, saremmo a posto pe' tre anni!"
"Non sono offeso."
Biascicò lui con lo spazzolino in bocca.
"E allora? Luigi possiamo anche archiviarlo ma Joy fa parte della mia vita, lo sapevi anche prima..."
Damiano sputò il dentifricio giusto per ribattere.
"Certo che lo sapevo ma non m'aspettavo che ci andassi a vivere insieme... eravate amiche, chi lo immaginava che sareste diventate così... amiche!?"
Era un termine vecchio e lui si sentiva vecchio, appunto. Ma che le doveva dire? Che andava bene che lei e Joy rimanessero in quel limbo di amicizia e sesso anche ora? Era una situazione che andava chiarita subito perché lui era disposto a condividerla con il mondo intero ma non proprio nel senso letterale del termine.
"Le parlerò, ok? Tu parli co' Giulia e io farò la mia parte... Non è così semplice, ce semo allontanate molto nell'ultimo periodo... sono stata io ad allontanarmi a dire il vero..."
Ecco, anche quella alla fine era colpa sua. Damiano si sentiva ancora peggio di prima mentre finiva di sciacquarsi la bocca e le puntava addosso uno sguardo stanco.
"È questo... è proprio questo che me spaventa. Lei ha sempre saputo di noi ed è rimasta. Se dovesse rimanere anche ora? Non fraintendermi, io rispetto il vostro rapporto, so che è speciale e va al di là dell'attrazione... ma è proprio per questo... prova a metterti nei miei panni, prova a pensare a come sarebbe a parti invertite. Se io e Giulia rimanessimo amici. Se continuassimo a sentirci e ad uscire in compagnia insieme... e non so... se venisse ai nostri concerti e alle cene o boh... ar compleanno der pupo, te che diresti?"
"Nulla."
Fu la secca risposta di Vic che era già in mutande pronta per infilarsi sotto alle coperte.
"Non ti credo! Le caveresti gli occhi... ecco cosa faresti!"
Erano più rilassati ora, anche Damiano l'aveva raggiunta nel lettone ed ora aspettava solo che Vic si rannicchiasse nel suo abbraccio, in quello spazio che sembrava disegnato apposta per lei.
"Non lo farei mai. Ascolta, non ti preoccupare per Joy... pensamo a 'na cosa pe' volta..."
"Quindi a cosa? Ai ragazzi? Abbiamo già deciso quando dirglielo... "
"No, pensiamo al concerto di domani... alle domande che ci faranno in radio... al fatto che non dobbiamo farci scoprire almeno fino a che non saremo tornati a casa... Credi che se ne accorgeranno?"
"Chi vuoi che se ne accorga? Sei sempre più vestita de me..."
Le accarezzò il ventre con dolcezza, lasciandole un bacio sulla punta del naso.
"Lo so ma... no non è vero, non lo so... Non so come faremo a renderlo pubblico. Ci odieranno tutti, hai idea di quante date dovremo spostare? Tanto casino pe' vendere i biglietti e poi noi li fregamo così?"
Quello era un pensiero fisso nella testa di Victoria e Damiano aveva il segreto timore che tutta quell'ansia avrebbe finito per farle male.
"Ascolta, qui nessuno frega nessuno... Credi davvero che non capiranno l'importanza di un evento del genere? Stiamo parlando di qualche mese... solo di qualche mese e saremo pronti per tornare in sella. Lo so che non ti fermerai, non te lo chiedo neanche... Tutti qui sappiamo quanto possa essere stacanovista mamma-Maneskin quando ce se mette d'impegno..."
Questa volta le sfiorò le labbra, scostandole la frangia dalla fronte. "Vedrai che andrà tutto bene... ce faremo li cazzi nostri pe'n pochetto e torneremo più fregni de prima... solo che saremo in cinque!"
Victoria non poté fare a meno di sorridere, ben sapendo che non sarebbe stato così semplice. Sembrava una montagna insormontabile e loro erano ancora all'inizio della scalata.
"E se dovesse andare male? Se qualcosa andasse storto...? O se gli altri dicessero basta e gli sponsor..."
"Sssh..." Damiano la zittì, posandole l'indice sulle labbra. "Basta se, abbiamo già preso la nostra decisione, ricordi?! In fondo al cuore sappiamo che è quella giusta... Ora dobbiamo solo pensare a questo, a noi tre... Voglio che te riposi e che te senti meglio e poi lunedì quanno tornamo te accompagno in clinica e famo tutti quegli esami che t'ha detto il dottore tuo... Tutto il resto può aspettare."
Vic non protestò ma si capiva dalla sua espressione che non era così convinta. Non era convinta che gli altri l'avrebbero presa così bene e nemmeno che la sua famiglia l'avrebbe supportata. Non era convinta di nulla, non sapeva nemmeno se sarebbe stata ancora in grado di suonare dopo quei mesi di fermo o se qualcuno li avrebbe ancora voluti. Non era professionale. Era romantico, certo ma non era un cazzo professionale.
"E per l'Eurovision... nun c'hai pensato?"
Damiano si mosse con un leggero lamento. "Certo che ci ho pensato... lo faremo. In qualche modo lo faremo. Ce verrà un'idea, vedrai! E poi pagamo 'n sacco de gente, quarcuno ce darà 'na mano... non eri te che me parlavi de Kim Gordon che sonava incinta de nove mesi?"
"E grazie ar cazzo... io non sono Kim Gordon..." Si ribellò subito lei.
"Te sei mejo!"
Le baciò i capelli, dichiarando chiusa quell'ennesima schermaglia. Sarebbe stato sempre così, Vic avrebbe sollevato mille problemi e lui li avrebbe risolti uno per uno per convincerla che aveva preso la decisone giusta. Sapeva che non sarebbe stato facile con una testa dura come lei, che voleva sempre avere ragione, ma si sarebbe impuntato e un giorno lo avrebbe ringraziato, di questo ne era sicuro.
"Pensi che sarà un maschio o una femmina?"
La voce di Vic gli arrivò del tutto inaspettata. Sorrise appena, era una domanda che ovviamente si era già fatto un milione di volte nella sua testa ma decise di prendere tempo.
"Non saprei... secondo te?"
Vic rispose con un'alzata di spalle, intrecciando la propria mano su quella di lui, che era ancora posata sulla sua pancia. La verità era che a lei non importava un granché, forse non aveva mai nemmeno pensato di diventare madre prima di allora, era troppo giovane e non sentiva di averne la vocazione. Quindi no, non le interessava che fosse maschio o femmina perché sarebbe stato esattamente ciò che avrebbe voluto essere.
Damiano si abbandonò sui cuscini con un sospiro.
"Io ce scommetto che sarà una bambina..."
"Una bambina? E perché?" Chiese la ragazza sorpresa da tanta sicurezza.
"Non lo so... sesto senso. Ho letto che le nausee più forti le danno le femmine... e me pare anche ovvio... so' femmine!"
Vic scoppiò a ridere.
"Hai letto?? Me sa che stai a legge 'n po' troppo... anche quella storia della pressione, degli esercizi..."
"Embè, che c'entra...? È cultura generale, no?!"
Scherzò lui, rimanendo sul vago.
"Sé, vabbè... cultura generale..."
Vic lo colpì scherzosamente sul braccio, alzandosi appena per guardare la sua espressione. Sorrideva, come se fosse assorto nei suoi pensieri. E lo era, Damiano stava ripensando alle lunghe ore di angoscia che aveva passato dopo la fuga di Vic, alla spasmodica attesa di notizie e a quel senso di impotenza, che lo aveva portato stupidamente a cercare una soluzione, documentandosi su tutto ciò che poteva aiutarlo a capirla. Ora non le avrebbe detto che ormai sapeva tutto sulla nausea e i disturbi in gravidanza, sulla ginnastica posturale e sui rimedi naturali. Non le avrebbe nemmeno confidato che aveva già visto il viso di loro figlio nei suoi sogni e che in qualche modo era convinto di conoscerlo da sempre.
Sospirò di nuovo, sistemando meglio il braccio sotto al collo di Vic e facendo scorrere la mano tra i suoi capelli mentre l'altra rimaneva ferma sul ventre di lei.
"Non lo so, ok? È solo una sensazione la mia... Forse perché penso che in qualche modo me la farà pagare pe' tutte le stronzate che ho fatto nella vita mia come solo una donna sa fare... "
In quel momento sembrava dolce anche l'idea delle mille preoccupazioni che sapeva già non gli avrebbero fatto chiudere occhio per il resto della sua vita.
"Te lo meriteresti..." Lo punzecchiò lei, provocando subito la sua reazione.
"Ah sì? Me lo meriterei... eh?" Salì con la mano a farle solletico là dove sapeva che lo soffriva di più.
"No... no te prego..." Disse lei, divincolandosi senza smettere di ridere. Avrebbe finito per tirargli una ginocchiata delle sue, come faceva sempre. "No... basta, Dem... lo sai che mi fai male."
Damiano si fermò alle proteste di lei, ormai consapevole che quel corpo cambiava alla velocità della luce e non era più lo stesso che conosceva lui.
"Uffa... Nun te se pó più toccà..." Sbuffò, tornando a rilassarsi nella sua parte del letto.
"Scusami... scusa, è colpa delle mie tette che non vogliono più saperne niente di te..."
Concluse lei, lamentandosi appena con aria divertita. Lo provocava, amava farlo e lui amava così tanto lasciarla fare. Damiano sorrise, sfiorandole il seno nudo, che era diventato ormai così sensibile da essere una sorta di zona proibita.
"Mò ce faccio io 'n ber discorsetto co' queste..."
Ammiccò con quello sguardo malizioso, prima di scomparire con la testa sotto alle lenzuola.

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