Capitolo 25

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"Damme 'na mano, va!"
Ethan tirò su di peso l'amico, il quale stava pian piano scivolando lungo la parete, proprio come il liquore che aveva appena rovesciato. Con l'aiuto di Leo lo riuscì a trascinare fino al divano rosso della suite, nella quale si stavano consumando gli atti finali di quel afterparty da paura. Rimasero entrambi qualche secondo ad osservarlo, per valutare la situazione.
"Ma quanto cazzo ha bevuto?"
Chiese il batterista, che come al solito aveva preferito occupare il suo tempo in dolce compagnia.
"Non lo so... un paio di cocktail e qualche shottino... ma forse no. Forse è stata la gara di tequila bum bum cor Cobbra a stenderlo..."
Anche l'assistente doveva ammettere di non essere proprio lucidissimo ma almeno sarebbe riuscito ad alzarsi in tempo per fare il checkout della mattina successiva e soprattutto per preparare la conta dei danni nella suite.
"Forse dovremmo farlo vomitare?
Chiese il batterista che di sbornie non se ne intendeva poi tanto.
"No, la cosa migliore da fare è lasciarlo dormire... poi domattina penseremo a dargli qualcosa per renderlo presentabile almeno all'uscita dell'hotel."
In quel momento Damiano sembrò destarsi; continuava a tenere gli occhi chiusi ma mugugnava parole a caso, stringendo la mano di Ethan.
"Che c'è? Dem, te senti male?" Chiese il ragazzo, preoccupato.
"Vic...?!"
"Ecco... tanto pe' cambià!"
Fu il commento rassegnato di Leo, ormai abituato a quel genere di scene. Si sapeva che Damiano quando beveva aveva solo un pensiero in testa, raramente però accadeva che si riducesse in quello stato.
"Vic stà in camera sua... stà a dormì... faresti bene a dormire anche tu."
"No, la vojo qui... 'ndo sta, Lé? È co' lui? È cor cojone...? Me lo devi dí se è co' lui. Me lo devi dí, Lello!"
L'assistente si rese conto che non sarebbe stato facile. Si confrontò con l'espressione costernata di Ethan, il quale aveva i suoi stessi pensieri. Entrambi sapevano che Vic e Damiano avevano avuto un duro scontro quel pomeriggio, solo un sordo non avrebbe sentito le grida provenienti dal camerino. Entrambi sapevano anche che la bassista non si era più fatta vedere da allora, aveva declinato l'invito al party e a dire la verità, si stava comportando in maniera strana da settimane.
"Va bé dai, Edgard. Mò la vado a chiamà, così magari se chiariscono e finarmente s'addormenta..."
Leo si alzò con un lamento e si incamminò barcollando lungo il corridoio del loro piano. Vic era nell'ultima stanza in fondo, forse non era nemmeno sola ma decise di tentare. Del resto erano ormai le tre di notte, tuttalpiù non gli avrebbe aperto.
Stava per raggiungere la camera, quando si bloccò di colpo, vedendo uscire Luigi con un'espressione sconvolta dipinta sul volto. Non l'aveva mai visto così, era spettinato e sembrava che si stesse rivestendo con gesti nervosi. Non si dissero nulla, si lanciarono solo un'occhiata torva e lo vide scappare via, giù per le scale verso la hall. Un campanello d'allarme si accese nella sua testa all'improvviso. Doveva essere successo qualcosa.
Aspettò che girasse l'angolo fingendo di andare verso la propria stanza e poi tornò sui suoi passi e bussò piano alla porta dell'amica.
Tese l'orecchio senza ricevere alcuna risposta e bussò di nuovo.
"Vic? Ce stai?" Non voleva urlare ma allo stesso tempo non era sicuro che l'avesse sentito. Bussò di nuovo, provando a girare la maniglia e si accorse che la porta era aperta, quindi si affacciò titubante.
"Vic? Sei qui?"
La stanza era immersa nell'oscurità ma sentiva che qualcuno era presente. Per un attimo lo assalì una strana sensazione di paura e pensò di andarsene, poi riconobbe il pianto sommesso in un angolo della stanza.
"Victò?!" Ora che i suoi occhi si stavano pian piano abituando al buio, scorse un movimento sulla destra e si precipitò da quella parte, rischiando di travolgere un piccolo tavolino di plexiglass.
"Che cazzo! Vic... che ci fai qui per terra?"
La ragazza era rannicchiata sul pavimento proprio di fianco al letto. Stava singhiozzando e, anche se cercava di rispondergli, il ragazzo non capiva una sola parola.
"Ehi ehi... Mò calmati... Vic, so' Leo... me vói dì che è successo? È stato Luigi? L'ho visto uscire... Ti ha fatto qualcosa??"
Si accorse solo in quel momento che era quasi nuda. Non che la cosa lo imbarazzasse ma tutta la situazione era terribilmente equivoca. Luigi non gli aveva mai dato l'impressione di essere un uomo violento, benché Damiano lo avesse sempre definito uno stronzo. Doveva ammettere però che l'aveva visto particolarmente strano in corridoio ed ora non poteva più escludere nessuna possibilità. Prese la coperta dal letto e la tirò fino a che non riuscì a coprirla. Era una situazione assurda: Leo era venuto a cercarla perché Damiano aveva bisogno di lei ed ora avrebbe tanto voluto poter chiamare l'amico per soccorrerla.
Che doveva fare? Per un attimo pensò di chiamare Thomas, poi si ricordò che era già andato in camera da un pezzo con la sua fidanzata. Forse se avesse chiamato Gaia o un'altra delle ragazze, sarebbe stato più semplice. Victoria sembrava così sotto shock e lui aveva quasi paura di toccarla.
"Victò, te prego! Dimme quarcosa... Dimme che non t'ha fatto nulla!! T'ha messo le mani addosso? Devo chiamà la polizia?"
"No... no!" Si affrettò a dire lei, scuotendo ripetutamente la testa. "Sono stata io... io..."
"Ma a fare che?" Era abbastanza inverosimile che lei lo avesse molestato ma non impossibile.
"Io... i... io ho fatto una cosa orribile... Leo, io..."
Leo la osservò attonito senza riuscire a capire.
"Tu cosa...? Cosa puoi aver fatto di così orribile?"
"Non ce l'ho fatta... non ho avuto il coraggio... come potevo?"
"Come potevi fare cosa?"
"Co... come potevo fargli credere che fosse suo? Non potevo, Lé... io... io..."
"Che fosse suo...?" Solo allora abbassò lo sguardo su di lei, avvolta nella coperta come se fosse racchiusa in un bozzolo e d'un tratto tutto gli fu chiaro. "No eh... No, Victò, dimme che non è vero! Te prego. Dimme che non è come penso...!?" Si sentiva come se pian piano lo stessero risucchiando nelle sabbie mobili.
Vic non lo guardava, si vergognava troppo ma continuava a singhiozzare senza riuscire a prendere fiato. Come faceva a raccontargli come si era sentita in quelle ultime settimane? Come faceva a dirgli che dopo la fine della sua disastrosa storia con Damiano, aveva cercato conforto nelle attenzioni di quel ragazzo d'oro senza mai nemmeno farsi toccare? Non si sentiva pronta, diceva... ma la verità era che non sarebbe mai stata pronta. Quella sera, dopo la furibonda lite nel camerino, aveva pregato Luigi di portarla lontano da lì, avevano cenato in camera, avevano bevuto e sì, forse stupidamente aveva sperato che, se fosse successo qualcosa tra di loro, tutto sarebbe stato più semplice. Forse Luigi non sarebbe mai stato Damiano ma di sicuro sarebbe stato felice di quella gravidanza, dandole un piccolo spiraglio di speranza in quel momento così buio. Lo aveva sedotto, aveva cercato in tutti i modi di non pensare a quanto fosse sbagliato ciò che stava facendo ma poi all'improvviso si era fermata in un barlume di lucidità e lo aveva pregato di andarsene. A nulla erano servite le proteste di lui, che nemmeno poteva immaginare il favore che gli stava facendo. Ora Victoria si sentiva persa, così sola ed il senso di colpa la stava divorando. Lei non era quel tipo di persona, lei non ingannava il prossimo ma la sola idea di averci pensato la faceva sentire male. Come poteva aver anche solo preso in considerazione un'idea tanto malata? Luigi sarebbe stato un ottimo padre e magari non avrebbe mai nemmeno sospettato nulla ma Damiano? Che avrebbe pensato lui? Eppure sembrava un prezzo altissimo ma che in fondo poteva pagare, se le avesse consentito di tenere il bambino. Ora che avrebbe fatto? Era terrorizzata da se stessa e dal futuro.
Anche Leo aveva paura. Se ne stava lì di fronte, sperando di essersi sbagliato, benché si rendesse conto che era quasi inevitabile che succedesse. Conosceva Victoria da tanti anni, forse da prima ancora che Damiano gliela presentasse ma non l'aveva mai vista così fuori controllo. Vic era una tosta, una che affrontava le avversità con una forza inusuale, non avrebbe mai mentito su una cosa simile.
"Hai parlato co' lui?" Non c'era nemmeno bisogno di pronunciare il suo nome, era ovvio chi fosse quel lui. Forse sarebbe stata la più logica spiegazione alla disastrosa sbronza dell'amico.
La ragazza negò di nuovo.
"Ma Co... Come? Non... non potrei mai... mi odierà... lui... lui mi odia già, Leo..."
"Ma secondo te? Non ti odia..." Le accarezzò i capelli, sorridendo appena. Come poteva pensare una cosa tanto stupida?
"Non ti odierà mai. Daje, ora tirate su e vieni a lavarti la faccia... Stai troppo agitata, cerca di calmarti... dai..."
Cercò di spronarla ad alzarsi, non riusciva a vederla in quello stato ma lei subito protestò con decisione.
"No, no... lasciami qua..." Si ribellò, rifiutandosi di collaborare. Fu allora che Leo si accorse che qualcosa non andava: non erano solo i singhiozzi di poco prima o le lacrime.
"Ma che c'hai? Hai bevuto??"
Lei non rispose ma Leo accese la piccola luce sul comodino e l'arma del delitto si palesò davanti a loro. Una bottiglia di gin ancora mezza piena troneggiava sul piccolo tavolino insieme ad un paio di bicchieri e alle bottigliette di tonica.
"Ma che sei scema? Sei ubriaca??"
Vic scosse la testa come se non volesse sentire la sua voce. Ora che la guardava meglio si rendeva conto che era distrutta, gli occhi gonfi di pianto erano irriconoscibili.
"Vic, ma che cazzo... ma sei fuori?? Che cosa pensavi di fare...? Lo so pur'io che non bisogna bere, che fa male... Non mi dire che stavi a pensà de fà 'na cazzata?!"
Non era da Leo fare le paternali, anzi era il giullare per eccellenza ma ora che l'amica aveva condiviso quel segreto enorme con lui, si sentiva una responsabilità maggiore addosso.
"Te prego, non ora..." La vide muoversi velocemente per sgusciare fuori dalla coperta e catapultarsi in bagno. La seguì quando si rese conto che si stava sentendo male.
"Cazzo, Victò! Mò chiamo quarcuno..."
"No..." riuscì a dire lei tra un conato e l'altro. "Adesso passa..."
Le mise addosso la sua felpa grigia e le rimase accanto per un tempo imprecisato con una bottiglietta di acqua presa dal frigobar e un asciugamano umido nell'altra. Non era sicuro di fare la cosa giusta, Vic aveva un colore non proprio rassicurante mentre cercava con tutta se stessa di resistere ad un ennesimo attacco di nausea e lui pensava che avesse bisogno di un dottore.
"Daje Vic, butta fóri... vedrai che te senti mejo dopo..." Cercava di rincuorarla e di convincersi che fosse la verità.
Finalmente la vide appoggiarsi alla parete, era stremata ma sembrava respirare in modo più regolare e anche le sue guance avevano ripreso colore. Le offrì un sorso d'acqua, che lei prese con riconoscenza.
"Scusami, Leo..." Disse infine la ragazza con un filo di voce, ostinandosi a sfuggire il suo sguardo. "E di cosa?" Le rispose lui con tutta la dolcezza, di cui era capace.
"Di tutto... di questo... non avrei dovuto ma ero fuori di me e... Volevo sentirmi normale... non lo so nemmeno io cosa volevo! Non avrei mai dovuto coinvolgerti..."
Abbandonò la testa contro la parete di marmo rosa dietro di lei. Lo sapeva di aver sbagliato, sapeva che non avrebbe dovuto bere ma dopo le parole di Damiano si sentiva ferita e completamente in balía degli eventi. Le continuava a sentire quelle parole nella sua mente e la ferivano ancora e ancora ogni volta che ci pensava. Era stata una stupida. Era stata una debole ed un'incosciente ed ora Leo la giudicava con quei due grandi occhi neri e lei avrebbe solo voluto scappare via lontano.
"Non me devi chiede scusa... hai fatto bene a dirmelo... non pòi tenerte tutto pe' te. Da quanto lo sai?"
Vic alzò le spalle. Che doveva dirgli?
"Sei andata da un medico, vero!?? Dimme che ce sei annata, altrimenti Damiano se incazza cor mondo intero... chi lo sente poi a quello?"
Victoria lo ricambiò con uno sguardo spaventato.
"No... no, non glielo dirai, vero!?! Non glielo puoi dire, promettimelo. Leo, devi prometterlo!"
"Io no. Tu lo devi fa! Victoria lo devi fare il prima possibile. Lui lo deve sapere m'hai capito? Mò stasera magari famolo riprenne che stava 'n attimino de fóri..."
"Che vuoi dire?"
"Che siete dú stupidi! L'ho lasciato collassato su un divanetto, 'mbriaco fraccico che te cercava manco fossi la Madonna... e mò vengo qua per portatte da lui e te ritrovò così? Parlance Victò... prima lo fai e mejo è!"
Lei annuì ma non disse nulla. Tornò a chiudere gli occhi, passandosi la bottiglietta fresca dietro al collo.
"Forse dovrei solo risolvere tutto senza combinare altri casini... non ce la faccio più... più... " Sussurrò, sentendo salire di nuovo quel maledetto senso di nausea.
Leo la guardò con compassione. Ora che ci pensava meglio, si rendeva conto che era da un po' di tempo che Vic era strana. Pensava che fosse solo colpa del suo rapporto altalenante con Damiano ma ora si rendeva conto che doveva capirlo subito.
"Perché non ne parli co' Gaia... lei ti può accompagnare da un medico bravo. Qualcuno che sia discreto e che possa aiutarti... Magari ci stanno delle medicine... se vuoi ce penso io ma devi comunque parlare con lui. Te prego Vic, guardame un secondo..." La costrinse ad aprire gli occhi per fissarli nei suoi. "... Non prendere nessuna decisione prima di aver parlato con Damiano. Non te lo perdonerebbe mai e nemmeno tu ti perdoneresti, credimi!"
Aveva ragione. Anche se Victoria si odiava ogni secondo di più per non essere riuscita a tenere quel segreto per sé. Ora si sentiva incastrata in quella situazione, dirlo a Leo era come dirlo direttamente a Damiano e prima o poi, che lo volesse o no, la verità sarebbe venuta fuori.
"Lo so, Leo... sto solo aspettando il momento giusto..."
"Non ci sarà mai il momento giusto, lo sai anche tu. Devi solo prenderlo da parte e dirglielo prima che finisca il tour... comunque lo sai che se ne accorgerà, lui ti conosce troppo bene, Vic."
"Lui mi sta odiando... mi detesta perché non sarò mai quella che vuole lui. Non sarò mai come lei, capisci? Non sarò mai la sua donna... io non so' così, Lé... Me conosci, faccio troppo casino, sò impulsiva e... e poi sò 'na chiavica a dimostrà i sentimenti..."
"Ma smettila, sei solo spaventata..."
Avrebbe voluto dirle di stare tranquilla perché l'amico l'amava esattamente così com'era ma non poteva, senza tradire la sua fiducia. Erano un vero disastro quei due, non facevano altro che rincorrersi e sfuggirsi a vicenda, dicendosi cose che non pensavano per costringersi a non stare insieme. Doveva immaginare che prima o poi sarebbe accaduta una cosa del genere.
Vic rimase in silenzio per un po', la testa che non riusciva a rimanere ferma se non attaccata alla parete ed uno sguardo vacuo, perso.
"Tu non saresti spaventato al posto mio?"
Chiese infine dopo un lasso di tempo che gli era sembrato infinito. Lello le scostò una ciocca di capelli dalla fronte sudata, non era sicuro di ciò che era meglio dire in quel momento.
"Sì, Victò... sarei terrorizzato! Anzi me la starei a fà sotto... Ma ora non sei più sola!"

Spazio autore

Grazie a tutti per i messaggi bellissimi. È sempre tutto finto, eh?! Finto, fintissimo, tutto inventato. Spero vi piaccia, fatemi sapere.








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