Capitolo 4

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Non era iniziato tutto a Rotterdam. No, non nell’euforia del trionfo, non nella notte in cui tutto era cambiato.
Ma a Rotterdam di sicuro qualcosa era accaduto.
Erano stati sballottati da una parte all’altra della Green Room, ancora un po’ ubriachi di champagne e stracarichi di adrenalina. Erano così frastornati, increduli, stanchi morti. Damiano ricordava di aver realizzato chiaramente che da solo non ce l’avrebbe mai fatta a gestire tutte quelle emozioni, era importante poterle condividere con le persone che amava di più al mondo. Perché sì, quei tre stronzi gli avevano salvato la vita e lui li amava come se fossero un prolungamento di se stesso.
E poi Victoria… cazzo, Victoria era stata una fottuta rockstar!! Aveva tenuto in piedi l’intera conferenza, le domande scomode e la pressione dei media, alle quali forse lui non era del tutto preparato. Mentre se ne stava lassù con l’adrenalina a bomba e il tasso alcolico più o meno allo stesso livello, Damiano l’aveva osservata: il viso sporco di trucco e lacrime, gli occhi che le brillavano come due gemme preziose e quel sorriso, che non le aveva mai visto addosso prima di allora. A dire il vero l’aveva osservata a lungo per giorni, così felice che il loro rapporto pian piano si stesse rinsaldando e così curioso di conoscerla di nuovo. La osservava giocare a ping pong, sfoderando tutta la sua proverbiale competitività e poi la riconosceva scherzare, ballare, gesticolare in quel suo modo inconfondibile che attirava le simpatie di tutti. Rimaneva sempre se stessa, la piccola irriverente e competitiva ragazzina di un tempo ma era diventata anche molto altro, molto di più: era più seria, matura, lucida, professionale come mai in passato. Il cantante aveva cercato di starle dietro, rimanendo in qualche modo sorpreso ed affascinato dalla sua disinvoltura e da ciò che questa provocava anche sugli altri. Vic sembrava nata per quello, ogni interlocutore ne rimaneva in qualche modo succube. Da mesi notava quei piccoli cambiamenti senza riuscire a dare loro un nome ma ora che poteva viverla ogni giorno ventiquattrore su ventiquattro, doveva ammetterlo: quella ragazza era la cosa migliore che gli fosse mai capitata. Era un nuovo affiatamento il loro, qualcosa di meno infantile e spontaneo, qualcosa di intenso e vagamente pericoloso, che pensava di avere perso in tutto quel tempo passato lontano da lei.
Ma allora, quando Vic aveva iniziato ad allontanarsi da lui? Perché era di questo che si parlava.
Di lui, di Victoria.
Era successo forse a Londra? O magari al loro ritorno? Era successo durante la pandemia come pensava? O forse prima, quando Vic aveva deciso di fare sul serio con quel cazzo di attoruncolo per teenager?
Damiano non sapeva ancora darsi una risposta ma la domanda era sempre la stessa da mesi. Cosa non andava? Cosa stava succedendo?
Ora che ragionava meglio forse iniziava a ricordare: che qualcosa si fosse rotto, lo aveva avvertito distintamente per la prima volta in un pomeriggio d’autunno inoltrato, quando si erano dati appuntamento per le foto promozionali del loro ultimo album. Erano eccitatissimi, sarebbe stato tutto un nuovo mondo, tutto un nuovo concept, qualcosa in cui credevano fortemente e che risaliva a tempi lontanissimi. Sarebbero tornati e lo avrebbero fatto in grande stile, rivoluzionando non solo la loro immagine ma anche il modo di presentarsi al pubblico. Avrebbero fatto un ulteriore salto, convinti dell’importanza e dell’unicità di quel nuovo figlio, che avrebbe visto la luce di lì a pochi mesi.
Si trattava solo di semplici foto, uno shoot qualsiasi. Quanti ne avevano fatti nella loro vita? Certo, si trattava pur sempre di uno dei fotografi più famosi al mondo, ma in fin dei conti non sarebbe stato diverso da mille altre volte in passato.
Poi le luci si erano spente e loro erano rimasti lì davanti, spogliati di tutto, davanti ad un unico faro acceso. Non era tanto la trasgressione della nudità, dal momento che erano abituati a vedersi senza gli abiti ormai da tempo, era piuttosto quello strano senso di invincibilità e vulnerabilità insieme. Per quanto si sforzasse di mantenersi professionale e di concentrarsi sul lavoro e su se stesso, Damiano aveva faticato a controllarsi; forse per la prima volta la confidenza dei loro corpi così giovani e così vicini, si era palesata come qualcosa di diverso, di dolce e familiare ma anche di atavico, di chimico. Anche per lei era stato imbarazzante ed eccitante e così intimo, anche lei sentiva quella stessa sensazione alla bocca dello stomaco, ne era assolutamente certo. Forse era solo suggestione la sua, forse era la voce dell’uomo dietro all’obiettivo o solo il profumo dei loro corpi così giovani e perfetti ma era la prima volta che la percepiva in quel modo. La sentiva dentro.
Che avesse ragione Giulia ad essere così gelosa del loro rapporto? Damiano non ricordava nemmeno più tutte le volte in cui le aveva assicurato che tra lui e Vic non c’era assolutamente niente. Ok, forse aveva omesso che in passato aveva avuto una discreta cotta per lei e che in effetti qualcosa era accaduto tra di loro… ma in fondo cosa importava ormai? Era acqua passata, tutti lo sapevano e nessuno ne parlava, era una storia conclusa e mai davvero iniziata. Ora Victoria era semplicemente uno dei ragazzi e poco importava che Giulia gli controllasse il telefono o lo chiamasse mille volte mentre era in tournée, sapendo che avrebbero condiviso la stessa stanza, perché non avevano assolutamente nulla da nascondere. Lui e Vic (o Vincenzo, come amavano chiamarla gli amici del team per i suoi modi non proprio femminili), avevano un rapporto simbiotico e limpido, in  perfetto equilibrio tra il successo e le loro vite private. Se i fan volevano pensare disperatamente che fossero una coppia, beh… che facessero pure. Quello che importava veramente era ciò che sapevano loro. E loro sapevano che non ci sarebbe stato più nulla, perché era così che doveva andare. Perché non sarebbe finita bene, perché erano troppo simili e troppo diversi. Perché Vic era ‘na regazzina immatura e lui si sentiva più grande della sua età. E poi perché sì, perché si erano impegnati così tanto ad evitarsi, perché c’erano sempre state altre relazioni, che li avevano preservati dal cadere di nuovo in tentazione.
Dopo quel momento però, dopo che le luci si erano riaccese, catapultandoli di nuovo nella realtà fatta di assistenti e parrucchieri, si era creato uno strano clima. Non lo avrebbero mai ammesso apertamente ma era come se si fossero spaventati di loro stessi e di quelle sensazioni, che speravano sepolte nelle pieghe dell’adolescenza. Ora non erano più ragazzini e non potevano più permettersi di giocare con il fuoco. Così era successo: si erano allontanati impercettibilmente, poco a poco, cercando di distogliere l’attenzione morbosa degli altri dal loro rapporto. E non solo quella dei fans ma anche quella degli amici e delle loro famiglie.
Avevano iniziato a ridurre le interazioni sul palco, cercando di spostare l’attenzione sugli altri componenti del gruppo. Non erano felici di questo cambiamento, capitava spesso che Damiano la cercasse con lo sguardo, in attesa della sua approvazione o solo di un contatto ma Vic era quella forte dei due e lei non sembrava incline a dargli corda.  Erano più grandi di prima, vivevano entrambi altre storie importanti lontano dai riflettori. Potevano farcela. Dovevano farcela.
Poi all’improvviso tutto aveva iniziato a correre veloce: l’inaspettata vittoria a Sanremo, i voli, le interviste, i social, le foto, gli ingaggi, i progetti. La loro carriera aveva subíto un’impennata clamorosa e si erano ritrovati a vivere di nuovo fianco a fianco il sogno più grande della loro vita.
Erano stati dieci giorni incredibili a Rotterdam, nei quali erano riusciti a ritrovare il vecchio rapporto, condividendo tutto e amando ogni singolo secondo insieme. Tornando indietro Damiano non ricordava quasi nulla della serata finale; le emozioni erano state così tante e così forti che aveva la sensazione di averle perse per strada. Ricordava bene lei però. Il profumo dei suoi capelli, la sua voce roca per le troppe urla e le lacrime. Un fiume di lacrime. Forse non l’aveva mai vista piangere in pubblico, nemmeno a Sanremo. Lì era stato lui a cedere all’emozione, lo aveva fatto come quel bambino, al quale era stato detto più volte che non sarebbe arrivato da nessuna parte, lo stesso che si era preso la più grossa rivincita di sempre. Questa volta l’emozione aveva avuto la meglio su Vic e l’uomo non faticava ad immaginare il perché. Per capire quella piccola grande donna bisognava ricordare bene che dietro alla sua parlata coatta, esisteva tutto un altro mondo: c’erano tanta sofferenza ed una tenacia mai viste, la costanza ed una irriducibile onestà. Poi c’erano i suoi magnifici occhi di ghiaccio ed i tratti nordici da elfo, che aveva ereditato dalla madre, la quale sarebbe stata così incredibilmente orgogliosa di lei. 
L’aveva guardata e aveva capito all’istante:  Victoria non poteva condividere quel trofeo con la persona che le mancava di più al mondo ma poteva condividerlo con lui, che in quel momento non riusciva a pensare a nessun altro di così importante nella sua vita. Cosa avevano fatto? Cosa erano riusciti a creare?? Era rumoroso e perfetto, erano le loro voci, i loro obiettivi, la loro fottuta vita. Quindi lo aveva detto. Nell’euforia, nella gioia, nella baraonda della vittoria si erano abbracciati e lo aveva detto: “Quanto te amo, Victò!"
Gli era uscito così di getto, mentre lei lo stringeva forte, così piccola rispetto a lui e ai suoi tacchi alti. Avevano sollevato il trofeo più importante della loro carriera ed era stato liberatorio e naturale pronunciare quelle parole.
Vic sorrideva, tra le lacrime e il sudore, ancora scossa e sotto shock. Non era sicuro che avesse capito bene e per un attimo aveva sperato che non avesse sentito affatto.
Damiano aveva passato la serata a baciare Ethan e Thomas, ben consapevole del messaggio che voleva dare al mondo ma altrettanto consapevole che non doveva fare altre cazzate con lei. Bastava un fottuto sguardo, un sorriso immortalato da una telecamera qualsiasi ed ecco che il suo cuore sarebbe stato messo a nudo. Gli capitava sempre così con quella ragazza.
Avevano rilasciato le interviste di rito e festeggiato tutti insieme in hotel fino all’alba.
“Te lo avevo promesso, amò…” Le aveva sussurrato all’orecchio, passandole la bottiglia di vodka.
“Che cosa?”
“Che questa volta ce sarei stato…”
Vic non gli aveva risposto. Gli aveva scompigliato i capelli, porgendogli la guancia come faceva ogni volta e aveva aspettato il tocco leggero delle sue labbra, fino a che lui non aveva affondato il viso ormai ispido di barba nell’incavo del suo collo. Si erano addormentati l’uno tra le braccia dell’altra, così stremati e ancora truccati dalla sera prima. Damiano aveva dormito solo un paio d’ore ma non ricordava di essere mai stato così in pace come in quel momento.
Per tutto il resto della serata e anche l’indomani Vic non aveva più sollevato l’argomento, nemmeno un accenno a quelle parole, che forse vedeva come una semplice dimostrazione di affetto. Del resto lei non aveva mai fatto mistero di amarlo: lo amava come un amico, come un fratello, spesso come un padre, come una parte di sé. Una volta aveva dichiarato in un’intervista che tra loro due non c’era mai stato nulla ma che lo amava più di tutto. Lo aveva fatto per scrollarsi di dosso una volta per tutte le insinuazioni su una loro ipotetica storia e allo stesso tempo per non dire troppo, così da non mettere in crisi le loro vite private, tenute ancora nascoste. Era stata una dichiarazione molto bella ed elegante. Lo aveva colpito e allo stesso tempo un po’ innervosito. Anche per lui era lo stesso, anche per lui Vic non era classificabile: era la sua migliore amica, ma non era Lello. Era la sua famiglia ma non era Jacopo. Era il suo amore ma non era Giulia.
Era tutte queste cose ed ora che apriva gli occhi e la vedeva ancora addormentata lì accanto, con la testa in una posizione improbabile e le labbra un poco schiuse, si rendeva conto che gli era mancata come l’aria che respirava. Le rimboccò le coperte come aveva fatto centinaia di altre volte e rimase come incantato ad osservarla.
Quanto te amo?
Sì, lui l’amava come tutte queste cose e di certo non era la prima volta che le diceva delle parole del genere ma, come succedeva nel canto, era stata l’intenzione quella che lo aveva fregato. Non il timbro, non il colore. L’intenzione. E quella sera la sua non era stata l’intenzione di un fratello, né quella di un amico.
Quanto te amo, Victó!


Spazio autore

Grazie a chi ha avuto la pazienza di leggere gli altri capitoli. Mi scuso se l'impaginazione non è sempre chiara, ho cercato di metterla a posto 200 volte ma non ho molta dimestichezza.

Ribadisco che è tutto frutto della mia fantasia, ci sono chiari riferimenti ad eventi conosciuti ma servono solo come spunto per la fiction.

Grazie.







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