Capitolo 32

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Erano rimasti lassú, in quella stanza dal mobilio caldo tipico delle baite alpine, per un giorno e due notti. Così soli, volutamente isolati dal resto del mondo. L'unico contatto con l'esterno era Leo, il quale aveva provveduto a far circolare qualche vecchia foto per depistare i fan più accaniti.
Dopo il loro confronto Victoria era rimasta seduta sul pavimento per un tempo imprecisato. Non aveva più detto nulla, aveva solo pianto tra le sue braccia sfogando tutto il dolore di quelle ultime settimane terribili. Era confusa, aveva paura e non riusciva a capacitarsi dell'enormità di ciò che stava per fare. Solo quando si era assopita sulla sua spalla, Damiano l'aveva sollevata e l'aveva messa a letto, stringendola a sé per tutta la notte. Anche lui aveva provato a dormire ma le parole che si erano detti continuavano a rimbombargli nella testa, così come le immagini agitate del sogno che aveva fatto il giorno precedente.
Doveva essersi addormentato all'alba, perché quando aveva aperto gli occhi era rimasto accecato dalla luce proveniente dalla finestra. Si era guardato intorno senza capire dove si trovasse, accorgendosi ben presto che il letto accanto a lui era vuoto. Si era alzato in preda al panico, controllando che la valigia di Vic fosse ancora al suo posto, così come tutte le sue cose sparpagliate per la stanza. Non era mai stato così grato per il suo disordine perché, se se ne fosse andata di nuovo, non sarebbe più stato in grado di rintracciarla. Finalmente udí un rumore provenire dal bagno e si tranquillizzò.
"Vic?" Le chiese, bussando delicatamente.
Non ottenne alcuna risposta e si preoccupò, quindi bussò di nuovo.
"Victò? Tutto bene??"
Socchiuse la porta, senza guardare dentro per paura di disturbarla. Era uno stupido moto di imbarazzo che tra di loro non c'era mai stato ma era come se avesse paura di invadere la sua privacy.
"Sì amò, entra..." La ragazza era nella doccia, sembrava immobile sotto al gettò di acqua calda, che le scorreva lungo la schiena.
Damiano ubbidì e si richiuse la porta alle spalle, rimanendo un po' sconvolto dal vapore caldo che invadeva la piccola stanza, appannando gli specchi ed i vetri della finestra.
Ne approfittò per fare pipì mentre lei rimaneva sempre ferma là sotto.
"Che cazzo stai a fa? È 'n bagno turco, nun se respira qua dentro! Sei sicura che l'acqua calda vada bene... me pare d'aver letto da qualche parte che nun è un'idea così buona per la tua pressione bassa..."
Vic non era sicura di aver capito bene e mise fuori la testa, guardandolo male. "Che hai letto tu?? E poi non è bollente... vòi sentí?"
"Nun me provocà..." Fu la risposta dell'uomo, che sentiva già crescere l'eccitazione.
"Mò esco che è mejo..." Disse lei, chiudendo il rubinetto ed aprendo l'anta della doccia. La vide recuperare l'accappatoio appeso lì a fianco e si sorprese ad osservarla, riconoscendo tutti i piccoli cambiamenti di quel corpo che non vedeva da sole poche settimane. La sua pelle sembrava così morbida, quasi trasparente. Anche il seno era diverso, più pieno e sodo ed i capezzoli, dai quali era scomparso il famoso piercing, sembravano leggermente più scuri. Ne rimase affascinato, lo era sempre di fronte a lei. Scese con lo sguardo sul ventre, il quale, nonostante l'evidente magrezza dell'ultimo periodo, risultava leggermente arrotondato. Come aveva fatto a non accorgersi di nulla?
Victoria si strinse nell'accappatoio, ricambiandolo con un'occhiata distratta e lo costrinse a distogliere lo sguardo imbarazzato. Cazzo! Gli sembrava forse il momento per simili pensieri? Passò a lavarsi le mani mentre lei si dirigeva in camera.
"Scusa se t'ho svegliato... è che è l'unica cosa che m'aiuta..."
"La doccia?" Chiese lui scettico.
"Sì, per la nausea e anche per la schiena. L'acqua mi dà un po' di sollievo..."
"E le punture, allora?"
"Quelle sono per il vomito... Ma se non mangio non vomito..."
In effetti non faceva una piega come discorso. Damiano si rese conto che non la vedeva mangiare da un sacco di tempo.
"Dovremmo ordinare qualcosa... Devi pur mangiare, non puoi mica vivere d'aria! Che ne so, lo fanno il servizio in camera quassù? Cosa cucineranno, roba de montagna? Oppure potremmo uscire, trovare un posticino qui intorno dove facciano la colazione continentale che te piace tanto... dú uova con la pancetta o un bel toast, che dici?"
"Lascia perde, te prego..." Vic impallidì al solo pensiero e per un attimo l'uomo ebbe la sicurezza che sarebbe tornata a rifugiarsi sotto la doccia.
"Devi sforzarti, Victò! Devi magnà! Lo sai che non rompo mai 'r cazzo su ste questioni... e ho anche cercato de non insiste troppo i giorni scorsi perché magari ho pensato che stavi a fa 'na dieta delle tue... ma se avessi saputo, avrei cercato d'aiutarti. Te ricordi cosa me dicevi solo qualche settimana fa quanno m'hai fatto ingozzà de brioche alla crema? Daje, pijamo quarsiasi cosa... Vestite, te porto al Mc?! Oppure vòi che non ce facciano 'na pasta ar sugo qui dentro? Scommetto che te la fanno!"
"À Damià, dacce 'n tajo per favore. Tanto tutto quello che mangio lo rivedo ner giro de dieci minuti!"
Damiano si accorse della lieve nota disperata della sua voce e si intenerì.
"Ok. Allora spojate che te faccio la puntura."
Victoria scoppiò a ridere. "Non ce l'avresti mai il coraggio, fifone come sei!"
"Guarda che sono il maestro delle iniezioni. Ho fatto tanta pratica, che te credi?" Si pentì di aver fatto quel chiaro riferimento a Giulia ma Vic non glielo rinfacciò.
Lo lasciò condurre i giochi, facendogli ordinare la colazione come voleva lui. Non protestò nemmeno quando le fece l'iniezione, dimostrando di non avere proprio il tocco magico. Si ribellò solo quando tentò di rifilarle la frutta, che lei già normalmente odiava. Si sentiva così esausta per quel peso che aveva tenuto sulle proprie spalle per tutto quel tempo ma anche sollevata, ora che c'era lui, con il quale condividerlo. Gli faceva tenerezza, così preoccupato per lei e così genuinamente convinto che avrebbero potuto davvero avere una possibilità. Lo osservava mentre mangiava con gusto, sforzandosi di darle il buon esempio e di invogliarla a fare altrettanto. Capiva che cercava di non parlare del bambino, di non essere insistente e di distrarla il più possibile e lo apprezzava per questo, per il suo tatto, perché sapeva che era sincero e che avrebbe messo da parte i propri desideri pur di rispettarla. In tutti quei momenti disperati passati chiusa in un bagno qualsiasi e nelle lunghe notti trascorse a piangere, Victoria non aveva mai immaginato che sarebbe stato così comprensivo, che l'amasse così tanto da rischiare di perdere tutto per lei. Ora si pentiva di non averlo coinvolto subito, di avergli mentito e non aver avuto abbastanza fiducia in lui. Mentre lo osservava così sorridente come non lo vedeva da tempo, si chiedeva se davvero sarebbe stato possibile un futuro insieme a lui, se sarebbero stati abbastanza forti da resistere alle pressioni esterne e alla enorme responsabilità. Chissà, forse insieme ce l'avrebbero fatta? In fondo erano riusciti ad arrivare ovunque. Per un attimo, solo per un secondo aveva lasciato che si facesse largo in lei una timida speranza. Di certo Damiano sarebbe stato il migliore dei padri ma lei sarebbe riuscita ad essere all'altezza di quel compito? Lei che aveva già messo a rischio la sua salute e quella di una creatura che dipendeva solo da lei? Si sentiva così sbagliata, quasi un mostro, che in fondo non meritava tutte quelle attenzioni perché troppo egoista o solo immatura.
"Te senti bene?"
La voce preoccupata dell'uomo la riportò alla realtà. Non si era nemmeno accorta di aver ridotto in mille briciole il pane davanti a lei.
"Guarda che se non lo volevi magnà bastava che lo lasciassi... non pretendevo che lo uccidessi!" Sorrise lui, indicando il macello lasciato sulla tovaglia.
"Oddio, scusa... non ce sto co' la testa..."
"Lascia faccio io..." Damiano la precedette e sparecchiò il piccolo vassoio. Quante volte avevano mangiato in stanze come quella, con il servizio in camera pronto a soddisfare tutti i loro capricci? Quante volte l'aveva presa in giro per i suoi discutibili gusti e per la sua scarsa attenzione alle calorie e aveva finito per servirla e per riordinare il suo disordine?
"Ora che ne dici se ci vestiamo e usciamo a fare una passeggiata? Guarda che bella giornata... potremmo prendere un po' d'aria nei sentieri qui intorno..."
"Che ne sai tu dei sentieri, scusa?"
"Ho preso la brochure ieri sera quando sono arrivato." Estrasse un fogliettino tutto spiegazzato dalla tasca interna della giacca, abbandonata sulla sedia.
"Non credo sia il caso... potrebbero vederci..." Victoria era spaventata a morte alla sola idea che qualcuno li scoprisse insieme lassù.
"Staremo attenti... E poi chi vuoi che ci sia? È bassa stagione, non c'è un cane in giro e lo staff dell'hotel è pagato per tenere il massimo riserbo..."
"Pagato da chi??" Victoria non era sicura di aver capito bene.
Damiano si trovò in seria difficoltà.
"Tu non chiedere cose che poi non vuoi sapere..."
Sembrava una cosa non proprio legale ma Victoria decise di fidarsi, non aveva la forza per opporsi e in fondo aveva bisogno di uscire da quella stanza, nella quale ormai era rinchiusa da più di quarantotto ore.
Si imbacuccarono, indossando più strati di vestiti per ripararsi dal freddo e per rendersi meno riconoscibili. Damiano che non aveva portato nulla con sé, se non i vestiti che indossava la sera prima, si divertí a provare un po' tutti gli abiti della ragazza. Era una cosa che avevano sempre fatto, una sorta di festa in maschera, che li faceva sempre sentire complici. Uscirono e si incamminarono lungo un sentiero immerso nel verde. Il cielo era così limpido da fare male agli occhi e l'aria del mattino riempiva i polmoni di ossigeno nuovo. Damiano riconobbe il sorriso negli occhi azzurri come quel cielo e si sentì per la prima volta sereno dopo tanti giorni. Si era imposto di non insistere più con lei, per quanto questo gli risultasse difficile. Sapeva che non doveva farla scappare e che aveva solo bisogno di viverla, di recuperare tutto il tempo perso. Vic era molto cambiata nelle ultime settimane, sembrava cresciuta tutto d'un colpo e a volte aveva la sensazione che fosse diventata lei quella più adulta dei due; per questo motivo di tanto in tanto cercava di provocarla, di farla ridere per sollevarla per quanto fosse possibile. Entrambi avevano lasciato i telefoni in camera, così da essere sicuri di non venire disturbati da nessuno. Dovevano essere soli, senza social, senza fidanzati o amici invadenti. Dovevano essere loro due. Anzi loro tre.
Si sedettero su di un enorme tronco vicino a delle piccole cascate e restarono a prendere il sole senza dire una parola, dandosi fastidio ogni tanto, solo per il piacere di sentire la risata l'uno dell'altro. Sapevano che prima o poi quella specie di idillio sarebbe finito e che tutti i nodi sarebbero arrivati al pettine ma cercavano stupidamente di rimandare quel momento.
Al ritorno si fermarono a mangiare in un piccolo rifugio a conduzione famigliare. Vic aveva tentato di avvicinarsi al tagliere di salumi ma aveva dovuto desistere. Quindi, nonostante le sue proteste, Damiano era riuscito ad estorcere una per niente alpina pasta al pomodoro, che lei aveva divorato con gusto. Quando erano rientrati in hotel erano esausti ma rigenerati, come se stessero vivendo una sorta di vacanza. Ben presto però i loro sorrisi si spensero quando, recuperando i loro cellulari, si accorsero del numero esorbitante di notifiche. Fecero scorrere veloci i display ed ammutolirono.
"No, non esiste!!" Damiano era stato il primo a sbottare.
"Il 27 a Londra? Il 28 ad Amburgo? Il 30 a Lione?? Perché poi a Lione?? Che cazzo ce sta a Lione?" Lo staff gli aveva appena inviato le nuove date promozionali, delle quali loro non sapevano ancora nulla.
"Mò chiamo Lello e me sente... Lo sapeva che ce dovevano mollà fino a fine mese... Stí cojoni nun ce pensano che stanno a vive sulla nostra pelle! Chi cazzo glielo ha detto? Anzi chiamo Fabri che famo ancora prima!"
L'uomo era fuori di sé. Perché non ne parlavano insieme prima di decidere le trasferte? Si sentivano come degli operai, inviati a destra e a manca a seconda del cachet. Sapevano che dovevano approfittare di quella enorme popolarità e dovevamo assolutamente solidificare lo zoccolo duro dei fans europei prima di tentare l'avventura oltreoceano ma in quel momento il lavoro non poteva essere la priorità.
Vic si lasciò andare sul letto, con lo schermo ormai spento davanti.
"Devo disdire l'appuntamento a Milano..." Disse con un tono monocorde tra il depresso e il rassegnato.
"No, tranquilla. Ora lo chiamo e gli spiego tutto." Damiano stava già componendo il numero, quando lei lo fermò
"Lascia perde... Lo avrei disdetto comunque."
L'uomo non disse nulla ma cercò solo conferma nei suoi occhi. Che stava dicendo? Che ci aveva ripensato o solo che voleva rimandarlo? Ma poteva farlo? Aveva detto che non aveva più tempo.
Ricacciò in gola quelle domande ma si limitò a sedersi al suo fianco, lasciandosi poi andare sul letto accanto a lei. Ne osservò il profilo così immobile mentre lei rimaneva con lo sguardo fisso al soffitto. Chissà cosa le girava per la testa? Le scostò la frangetta, stampandole un bacio sulla guancia e rimase lì ad ascoltare il loro respiro.
"Il Circo Massimo però lo famo..."
La sentì mormorare così dal nulla. Damiano si alzò su di un gomito, come risvegliato all'improvviso dal torpore.
"Certo che lo famo! Se nasce a maggio a lujo recuperamo tutte le date primaverili e poi ce famo quelle dei palazzetti se ce li riaprono..." Avrebbe voluto suonare meno soddisfatto ma in realtà urlava di gioia dentro di sé.
"E intanto ci chiudiamo in casetta a scrive..."
"Ce la compriamo 'na casetta, Victò!!" Damiano stava per mettersi a piangere dall'emozione. "Ne trovamo una in collina... co' la piscina e 'na sala d'incisione tutta per noi. Te faccio costruì 'na sala solo per il ping pong e 'n guardarobba che va da qui fino ar Parioli..."
Victoria sorrise, era una bella idea per quanto pazza. I soldi li avevano, ok. Ma sarebbe stato un azzardo. Del resto perché affittare una villa ed uno studio di registrazione lontani da casa, quando potevano farne uno in casa propria? Avrebbero invitato tutti i loro amici ed anche i colleghi con i quali avrebbero voluto collaborare. E poi sarebbe stato un porto sicuro per rimanere soli, lontani dagli obiettivi, un posto in cui loro due avrebbero potuto crescere la loro famiglia.
Damiano le posò una mano sulla pancia, aspettando la reazione della ragazza, che non arrivò. Era un sì. Victoria gli stava dicendo che lo desiderava almeno quanto lui e non c'erano più paure o preoccupazioni per ciò che sarebbe venuto ma solo una immensa e spropositata eccitazione.
Rimasero per quella notte ancora, per cercare di raccogliere le forze e prepararsi a ciò che avrebbero dovuto affrontare una volta rientrati nel mondo reale. Avrebbero dovuto parlare con i loro rispettivi partner, con le famiglie e soprattutto con i ragazzi del gruppo. Avrebbero dovuto mettere in chiaro che non avevano nessuna intenzione di abbandonare il loro progetto, che ci avrebbero messo tutto l'impegno e la serietà dimostrati fino a quel momento ma lo avrebbero fatto come una famiglia. Avrebbero dovuto contattare una clinica privata, specializzata in tutti quegli esami prenatali, ai quali Vic non si era ancora sottoposta e avrebbero trovato uno specialista, che la seguisse nelle trasferte successive. Poi avrebbero dovuto spostare le date del nuovo anno, alle quali di sicuro lei non avrebbe potuto partecipare. E poi... poi c'era da trovare quella villa abbastanza grande da contenere tutti i loro sogni; avrebbe dovuto essere vicina al papà di lei ma non troppo lontana dal baretto. Magari un vecchio casale da ristrutturare, con un giardino grande grande per Chili e tante camere da letto. E poi... poi c'era una vita intera da progettare, un nuovo album da mettere in cantiere, un nuovo salto nel buio da compiere mano nella mano.
Vic aveva deciso di non cenare, vinta di nuovo dalla nausea. Damiano l'aveva seguita nella doccia ed erano rimasti lì dentro insieme, ad amarsi e a farsi coccolare dal vapore tiepido. Infine si erano infilati sotto alle coperte e si erano addormentati. Un sonno sereno e ristoratore, che non gli capitava da secoli. Damiano si sentiva un leone, pronto a combattere per perseguire un nuovo obiettivo e così felice di poterlo condividere per l'ennesima volta con lei.

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