Capitolo 23

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I giorni passavano e il malessere non accennava a diminuire, Vic era solo diventata più brava a controllarlo. Non ne aveva parlato con nessuno, aveva piuttosto cercato con ogni mezzo di sfuggire alla realtà, che si palesava sempre più evidente. Gli esiti del tampone le confermavano che non era Covid ma non aveva fatto nessun test per escludere una gravidanza. La verità era che lo sapeva già, se lo sentiva. Aveva avuto altri ritardi come quello ma sapeva ascoltare il proprio corpo e quello non mentiva. Il seno indolenzito, la fame nervosa, unita alla costante nausea e quel mal di schiena sordo e continuo, che non le dava tregua nemmeno di notte.
Per sua fortuna avevano trascorso qualche giorno di vacanza prima di partire per la promozione, così da toglierle l’imbarazzo di una convivenza forzata. Ora però avrebbero dovuto vedersi ogni giorno per le interviste e le ultime prove prima del lancio del nuovo album.
Dopo l’episodio del capogiro, lei e Damiano si erano scambiati sì e no un paio di battute. Lui era diventato ancora più freddo, come se gliela volesse far pagare per non avergli permesso di starle vicino come avrebbe voluto. La realtà era che Victoria non voleva che qualcuno le stesse accanto, aveva il segreto terrore che lo capissero, che la trattassero diversamente. Si sentiva come una sorta di alieno, non più padrona del proprio corpo e nemmeno dei propri pensieri, che vagliavano confusi tutte le possibilità. Non si era mai sentita tanto sola in vita sua. Più ci pensava e più si convinceva che non esisteva una sola persona al mondo, con la quale avrebbe potuto parlare di quella ipotetica gravidanza: non Luigi, con il quale continuava a vedersi senza sapere nemmeno il perché, nè Joy, che si era allontanata proprio per la sua tresca con il cantante. Non poteva nemmeno confidarsi con Fra o Nica, loro non ci avrebbero pensato un secondo prima di spifferare tutto a Damiano. Ancora più complicato sarebbe stato parlarne con Thomas o Ethan perché, nonostante l’amicizia con i colleghi fosse cresciuta tanto nell’ultimo periodo, rimaneva il fatto che ne andava anche della loro vita e soprattutto della loro carriera.
Cazzo, Victoria!! Come aveva fatto ad essere così stupida? Eppure ormai sapeva come andavano certe cose.
Non aveva mai rischiato così tanto in passato, nemmeno quando era una ragazzina imbranata, che non sapeva dove mettere le mani. E poi con lui? Con Damiano-fottuto-David?? L’unico uomo al mondo che l’aveva sempre capita, appoggiata, l’unico che era più donna di lei, con tutte le sue paranoie e le loro confidenze notturne. L’unico con il quale non avrebbe mai dovuto commettere cazzate del genere.
“Ehi… Chili, no! Così mi fai cadere!”
La cagnolina aveva appena trovato qualcosa di schifoso per terra ed ora lo annusava scodinzolando ed impigliandosi con il guinzaglio attorno alle sue gambe.
La risata inconfondibile di Damiano, le arrivò ancora prima che il suo profumo di bagnoschiuma e tabacco. Tutti gli odori sembravano nuovi per lei, amplificati fino alla nausea per la maggior parte delle volte ma non quella. Sapeva di buono Damiano, sapeva di pulito e di successo, di sicurezza e protezione. Sapeva di casa.
“Bella Vincé!”
Thomas l’aveva raggiunta insieme al cantante e a Leo, mentre Ethan se ne stava in disparte, ormai rapito da un paio di fans particolarmente calorose.
“Bisognerà dirglielo che non deve per forza dire di sì a tutte!” Sghignazzò la ragazza.
“Ma a lui piace così, non è vero piccolé..?!”
Rispose il cantante, prendendo dalle sue mani il guinzaglio e raccogliendo da terra la cagnolina, che aveva già iniziato a fargli le feste. Victoria non poté fare a meno di sorridere, non avrebbe voluto ma quella scena le faceva sempre sciogliere il cuore. Era assurdo come Chili fosse legata all’uomo, nonostante non fosse lui il suo padrone. Avevano sempre avuto un rapporto speciale quei due e doveva ammettere che a volte ne era persino gelosa.
“Che famo? Annamo a magnà, poi dritti in sartoria!” Leo aveva già programmato ogni loro passo come sempre del resto. Se non ci fosse stato lui ad incastrare tutti gli impegni, probabilmente non avrebbero nemmeno saputo che ore erano.
“E poi, se proprio volete dà retta ar Cobbra vostro, ve porto tutti a Ostia pe’ l’aperitivo.” Aggiunse Thomas, carico a molla per quella giornata di quasi libertà.
“Io non so se vengo… ho un mezzo impegno più tardi… “ Si affrettò a dire la bassista, che aveva già annusato il pericolo. Non aveva nessuna voglia di andare al mare, né tanto meno di bere, vista la sua ultima esperienza con una semplice birra.
“E dai Victò, tra dú giorni partimo, che c’avrai da fa’ de così importante?! Cos’è, c’hai da salutà l’attore tuo? Fa vení pure lui, così non sarò l’unico fregno della spiaggia.” Thomas era un cecchino quando si trattava di dire la cosa sbagliata al momento sbagliato.
Vic vide il guizzo della mascella di Damiano e ne percepì subito il fastidio, quindi si affrettò a rettificare. “No, devo comprare le ultime cose prima di partire…”
“Le compri domani! Madò Vic, quanto se’ diventata pesante! Goditela, cazzo! E poi vedrai che te fa bene un po’ de sole, guarda come stai… me pari ‘na mozzarella de bufala annata a male!”
Damiano sorrise ma decise di non intervenire. Non aveva nessuna intenzione di insistere dopo i loro ultimi confronti e poi il solo pensiero di quel coglione, gli faceva torcere le budella.
Vic da parte sua non aveva più tempo per le scuse ora che la parola mozzarella riecheggiava come un gong nella sua testa, insieme alla parola pizza. Non riusciva a pensare ad altro, come se la sua vita dipendesse solo da quello.
“Va bene, regà… va bene tutto ma portateme a magnà dar Tato. Ve prego, ve prego!!”
Gli amici la guardarono un po’ straniti da quel cambio repentino di umore.
“Ok… basta che nun te metti a piagne. Edgard, scusa ma c’avemo da fa’, s’è fatta ‘na certa! Ragazze perdonatelo, il lavoro chiama!”
Leo richiamò all’ordine il batterista, il quale lasciò con fatica le sue spasimanti. Si incamminarono lungo le vie laterali della loro amata città, quelle che conoscevano da tutta la vita. Erano sempre fieri di girare per i vicoli, di sentire i sampietrini sotto i tacchi e di salutare la gente, che li fermava e li fotografava come se fossero dei divi. Loro non si sentivano così ma portavano alta la bandiera con orgoglio, ben consapevoli che non avrebbero mai lasciato le loro radici.
Arrivarono alla pizzeria, accolti dal sorriso dell’oste. Era una vera e propria istituzione nel quartiere, Victoria ricordava di averci passato alcune delle serate più belle della sua vita; spesso al ritorno da qualche esibizione per strada si fermavano lì, dove un panzerotto costava pochi centesimi, così da risparmiare i soldi guadagnati nella giornata. Damiano l’aveva portata lì la prima volta che avevamo fatto sega a scuola insieme; Vic era una specie di secchiona ma non voleva risultare troppo sfigata agli occhi del ragazzo, quindi aveva accettato ed era stata così felice di ritrovarsi nel suo posto preferito. Era stato come un segno del destino. Si erano presi due thè freddi alla pesca e una pizza rossa da dividere. Non ricordava un altro momento così perfetto e spensierato come quella mattina di metà novembre.
Mangiarono con gusto, apprezzando l’atmosfera appartata e famigliare del posto. Vic sentiva gli occhi nocciola puntati su di lei mentre addentava con voracità la sua marinara. Non poteva farci nulla, adorava quella pizza, ne bramava il profumo giorno e notte. Pomodoro, origano, olio e una foglia di basilico: non avrebbe mangiato altro in quei giorni.
“Masticala almeno, Victò! Poi nun te lamentà se te senti sempre male.”
La redarguì Thomas.
“È che c’avevo fame… non ho fatto colazione.”
Scorse il sorriso di Damiano, nonostante lui fosse più occupato con il proprio telefonino che nella conversazione. Vedeva che era offeso con lei e anche molto trattenuto. Immaginava che Giulia gli avesse fatto delle storie perché non era tornato a pranzo e lui si tenesse a debita distanza da lei proprio per quel motivo. Thomas, Leo ed Ethan cercavamo di tenere il morale alto ma anche loro sapevano che se Damiano e Victoria non si chiarivano al più presto, tutto il meccanismo che li teneva uniti si sarebbe inceppato.
Erano ormai al caffè quando un uomo di mezza età si avvicinò con garbo al tavolo. Damiano lo aveva scorto ormai da tempo, dall’altra parte della sala. Vedeva come guardava Victoria e come sempre la sensazione di pericolo imminente lo aveva fatto mettere in allerta. Ora però il tipo si era presentato al tavolo insieme ad un enorme mazzo di fiori e quei due occhi da predatore, che se la mangiavano con la stessa voracità, con cui lei aveva appena divorato la sua pizza. Vic lo ringraziò imbarazzata, accogliendo i suoi complimenti da viscido mentre Damiano abbozzava un sorriso tirato di circostanza, buttando giù un caffè amaro come la sua gelosia.
Lo sconosciuto se ne andò e lui cercò di non far trasparire troppo la tensione. Doveva controllarsi, quante volte era già successo? Vic aveva i suoi fan, era corteggiata, spesso venerata. Come poteva pensare di tenersela tutta per sé? Nemmeno se fossero stati due ragazzi normali sarebbe riuscito a tenere gli ammiratori lontani da lei. Odiava però che la popolarità rendesse legittima quella invasione di campo da parte di tutti. Odiava vederla in imbarazzo mentre accettava dei fiori che lei considerava un gesto gentile ma appartenente ad un retaggio tipicamente paternalistico e maschilista.
“C’è sta er bijetto. Da’ qua…” Thomas strappò il biglietto dalla carta trasparente e lo aprì senza chiederle il permesso. “Alla stella più luminosa… Daniele…" Ahò, c’è pure er numero de telefono!”
“Dai qua, cojone!”
Vic gli strappò il bigliettino dalle mani e se lo mise in tasca. I suoi occhi incontrarono per sbaglio quelli di Damiano per una frazione di secondo, facendola sentire una specie di mostro.
“Embé?? Voi nun c’avete i fan che ve lasciano i numeri?”
Certo che ce li avevano ma non così. Damiano si alzò di scatto per andarsi a fumare una sigaretta con fare scazzato. Stava aspettando la telefonata di Giulia, che proprio quella mattina aveva una visita importante e non aveva tempo per quelle bambinate. Già, quanto era bambina Victoria?

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