Capitolo 5

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La vita delle rockstar non era poi così male, anche se non aveva nulla a che fare con la trasgressione e la sregolatezza che molti immaginavano. C’erano tante levatacce, impegni imprevisti, regole da seguire e orari da rispettare. C’erano partenze, arrivi, stanze vuote e bagni di folla e poi foto, prove audio, prove trucco, prove costume. Non trovavano quasi il tempo per riposare e finivano per addormentarsi tra uno spostamento e l’altro, spesso accasciati su qualche sedile troppo scomodo persino per loro che erano così giovani.
Erano in tour da settimane ormai. Damiano iniziava a rendersi conto di quanto fosse piena di solitudine quella nuova routine: di fatto la loro vita privata non esisteva più. Dopo la vittoria di Rotterdam non era tornato a casa se non per un paio di giorni e, anche durante quella pausa, aveva dovuto lavorare per una serata promozionale.
Si sentiva spesso malinconico; odiava le stanze d’albergo e poi gli mancava la sua famiglia, la sua città, gli amici del bar e quelli della palestra. Il fatto che potesse condividere queste sensazioni con i compagni della band era di vitale importanza per farlo rimanere focalizzato sull’obiettivo. Solo loro potevano capire appieno ciò che gli frullava per la testa, perché in fondo era lo stesso che provavano sulla propria pelle ogni dannatissimo giorno.
Certo, Giulia lo aveva raggiunto per qualche giorno ma anche in questa occasione erano rimasti separati per la maggior parte del tempo, lui sempre impegnato con il lavoro e lei costretta a fare la vita della turista, tra un pranzo fuori ed una visita al museo. A dire il vero, ora che era lì, chiuso in un’auto dai vetri scuri e stava tornando da lei, Damiano iniziava a pensare che sarebbe stato meglio rimanere lontani, così da evitare inutili tensioni e la tristezza della separazione imminente che già sentiva crescere dentro. Di lì a poche ore entrambi avrebbero preso due aerei per due destinazioni opposte. Erano abituati a passare del tempo lontani ma ora iniziava ad affacciarsi in lui il dubbio che forse avrebbe fatto meglio a tenere ben separata la vita privata dal lavoro, così come erano soliti fare i suoi compagni di avventura. Anche loro avevano delle relazioni a Roma con ragazze, magari non popolari come la sua e che di certo non attiravano nemmeno i flash dei paparazzi.
Da dove veniva poi quel pensiero? Giulia non aveva mai fatto nulla per dargli noia o cercare l’attenzione della stampa. Non era il tipo di donna che amava vivere di luce riflessa e di sicuro era molto autonoma da sempre. Per questo l’amava, per la sua maturità, per la sua bellezza d’animo oltre che per quella fisica. Ma ora? Ora che la loro storia era di dominio pubblico si rendeva conto di non sentirsi meglio, come immaginava solo pochi mesi prima. Già, era stato uno stupido a pensare che dire la verità sarebbe stata la soluzione per vivere la sua vita alla luce del sole, di fatto i paparazzi non gli lasciavano un attimo di tregua e gli haters si scatenavano con i loro giudizi non richiesti.
E lei? Lei era infastidita da tutta quella attenzione o cavalcava l’onda proprio come gli facevano notare tutti? Ricordava all’inizio quando era la fidanzata quella che si allontanava in varie location per lavoro o quella che voleva nascondersi dai fotografi. Ora i ruoli si erano invertiti e Damiano non era più sicuro di nulla. Non era nemmeno sicuro che ciò che riguardava il gruppo fosse solo lavoro e non vita privata. Se c’era qualcosa di privato, quello era proprio il loro rapporto fraterno. Come poteva essere lavoro?
Eppure aveva la sensazione che l’enorme stanchezza stesse avendo la meglio sul loro spirito di squadra, offuscando ciò che di bello c’era nel raggiungere un traguardo dopo l’altro. A ben pensarci, era trascorso solo un mese dalla loro vittoria all’Eurovision ma sembrava passata una vita intera da allora. Tutto era cambiato, loro stavano cambiando alla velocità della luce. Avevano molte più persone al seguito, autisti, organizzatori, fotografi, promoter; a volte aveva la sensazione di aver messo in piedi un circo e si sentiva leggermente soffocato.
L’unica nota positiva era il lento riavvicinamento tra lui e Victoria, i quali sembravano finalmente tornati a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Non ci era voluto poi così tanto ma era come se avessero dovuto prima riscaldare i motori e prendersi le misure a vicenda. Ciò che un tempo era così naturale, ora sembrava quasi spaventarli ma in fondo entrambi erano consapevoli di non avere scelta: più si evitavano, più finivano per fare scintille. Erano sempre stati due esseri complementari, ridevano delle stesse cose e spesso finivano le frasi l’uno dell’altro. Per quanto cercassero di mascherare o arginare la loro complicità, questa traspariva da ogni gesto, da ogni sguardo. Funzionavano, ecco tutto. E per funzionare dovevano essere necessariamente insieme. Vic era il suo alter ego e la sua nemesi. Lo consigliava sul look, lo truccava, gli parlava in inglese per ore, solo per aiutarlo a migliorarsi e poi lo spronava: senza nemmeno saperlo quei due occhi blu lo obbligavano ad andare avanti, a sperimentare e scavare. Gli davano idee per nuovi testi, storie di amore infinito e non corrisposto, storie di rivalsa e rinascita, libertà, anticonformismo e determinazione. Era il suo primo critico musicale, la sua fottuta musa. Che fosse davvero lei la fantomatica Marlena?
Il traffico notturno di Amsterdam non era nulla in confronto a quello di Roma; davanti a lui scorrevano veloci le strade illuminate a giorno ma lui non riusciva a concentrarsi su di esse, perso com’era dai suoi pensieri.
Perché non era felice? Erano mesi ormai che non lo era. E dire che aveva aspettato quel momento da tutta la vita. Perché sentiva quel peso nel petto, che non lo lasciava rilassare, nonostante si sentisse stanco morto? Cos’era quel senso di angoscia?
Per un attimo ebbe come un déjà-vu, le immagini di qualche ora prima tornarono a tormentarlo in un eterno rewind.
Avevano appena terminato un’intervista televisiva per un talk show olandese, erano stati grandi, l’audio era perfetto e, benché lo studio fosse molto piccolo, loro avevano dato tutto. Si era divertito molto e anche la stanchezza sembrava un po’ meno terribile. Poi ecco, era stata solo una frazione di secondo. Erano scesi dal piccolo van con i vestiti di scena ancora indosso e un paio di birre in mano. I fan erano impazziti davanti al locale e loro di sicuro non si sarebbero risparmiati, sapevano di non avere la spocchia dei divi consumati e quanto fosse importante coltivare il rapporto con i loro sostenitori. Ed ecco che tra il vociare aveva avuto come un flash: un faro sempre più vicino. In quel momento era come se tutto si fosse fermato. L’aveva afferrata per un braccio e trascinata verso di sé, solo un attimo prima che venisse investita da un grosso scooter, che viaggiava a tutta velocità.
Victoria lo aveva guardato ridendo, un sorriso grato ma anche divertito, come a dire: lo so, dovevo stare più attenta, per poi spostarsi verso le fan in visibilio. Così, nel suo solito modo naturale e leggermente superficiale. Come se non avesse nemmeno per un secondo provato la paura, che invece lui sentiva ancora lì, ad urlargli nel petto.
“Che fai? Nun m’hai inculato proprio!”
“T’ho detto grazie.” Aveva risposto lei con la sua solita aria candida.
“Embé, t’ho appena salvato la vita, dovresti dirme: grazie, Damià…!!
L’aveva presa e stretta forte a sé, più per assicurarsi che stesse bene, che per scherzare di fronte alla gente. Il senso di terrore e di sollievo per lo scampato pericolo continuavano ad alternarsi in lui in un eterno mix, che lo faceva sentire un po’ matto.
Victoria forse lo dava per scontato e forse anche lui ormai lo faceva, erano insieme praticamente ventiquattr’ore su ventiquattro ma quell’episodio, quella frazione di secondo era come se gli avesse aperto gli occhi.
Che avrebbe fatto se le fosse successo qualcosa? E se un giorno lei non ci fosse stata più? Aveva senso una vita senza di lei? Una carriera senza di lei? Damiano si stava rendendo conto che gran parte dei passi che aveva compiuto per arrivare fino a lì non li avrebbe mai fatti se accanto a lui non ci fosse stata l’amica. Lei era un po’ una figura materna, della quale amava cercare l’approvazione e allo stesso tempo era come una bambina, che lui avrebbe voluto proteggere da tutto e tutti. Come poteva spiegare un simile rapporto? Chi poteva capirlo veramente?
Quella sera si erano salutati velocemente. Lei era scesa insieme agli altri ragazzi per rientrare in hotel, mentre lui eccezionalmente sarebbe andato in un residence un po’ lontano, là dove lo stava aspettando la fidanzata. Non era la regola, questo era ovvio, ma sentiva un misto di tristezza e di solitudine in quel preciso momento. Avrebbe solo voluto bussare alla sua porta e rimanere a parlare per ore, come avevano fatto migliaia di volte in passato. In fondo lui era la sua migliore amica, così come gli diceva sempre Vic per prenderlo in giro e sottolineare quel rapporto così sopra le righe, che erano riusciti a creare fin da subito. Più che fratelli, più che amici ma mai amanti.
Ma ora, parlandosi chiaro, poteva davvero dire che non ci fosse nulla di più del semplice affetto? Che non ci fosse mai stato nulla?
No.
Questo no.
Il successo era anche disciplina e loro erano stati bravi, avevano mantenuto le promesse, in bilico tra quello che voleva il pubblico e ciò che avrebbero voluto loro stessi. Erano andati avanti con altre storie, faceva parte del loro equilibrio perfetto e così avevano lasciato che il loro rapporto si rafforzasse.
Ma non tutti lo capivano.
Giulia non lo capiva, ad esempio. Tollerava Vic, si fidava di lui ma ugualmente c’era una sorta di tensione tra le due. Damiano avrebbe detto che non si piacevano a pelle, che non legavano. Ma ad essere sinceri, lui aveva mai legato con un fidanzato di Vic?
La bassista da parte sua cercava di starsene al suo posto, voleva disperatamente che le cose funzionassero e non aveva nessuna intenzione di rovinare il rapporto migliore che l’amico avesse mai avuto. Gli voleva bene, per questo voleva solo il suo bene, nonostante sospettasse che sarebbe stato più felice sperimentando maggiormente la propria sessualità.
In quanto a lei, beh… anche Vic stava frequentando una ragazza: una vera artista, magari un po’ freak ma per niente diva. Si conoscevano da sempre, eppure doveva essere scattato qualcosa mentre erano lontani. Damiano la conosceva da tempo e non si era sorpreso quando l’aveva vista gironzolare per la casa studio con la scusa di badare a Chili, doveva ammettere però di averci messo un po’ prima di capire che le due stavano insieme. Non poteva dire di esserne davvero infastidito ma nemmeno che la cosa lo eccitasse particolarmente. Ok, sapeva di non poter pretendere che Vic rimanesse single a vita ma comunque gli dispiaceva non avere più quel genere di confidenza con lei: un tempo sarebbe stato il primo a sapere una simile news. Non che fosse una gran sorpresa, l’amica non aveva mai fatto mistero di essere bisessuale ma Damiano forse non l’aveva mai immaginata veramente in una relazione seria con un’altra donna. Ricordava vagamente un passato lontano, in cui aveva tentato un timido approccio con lei ma anche allora Vic lo aveva snobbato perché molto presa da una compagna di classe. Era stato un duro smacco per la sua autostima, nessuna donna gli aveva mai detto di no, con il tempo però, aveva imparato a capire ed apprezzare anche quel lato della personalità dell’amica ed ora che Vic era di fatto diventata un’icona gay, era estasiato nel vedere quanto consenso riscuoteva sia tra gli uomini che tra le donne. 
L’auto rallentò e fu catapultato di nuovo nella realtà, dove l’aria fresca della notte lo accolse per risvegliarlo dal torpore del suo tormento.
Salutò l’autista velocemente e aprì il portone, stando ben attento a non farsi vedere da nessuno. Era diventato quasi paranoico, questo lo sapeva.
Salì le scale e trovò Giulia lì ad aspettarlo. Bellissima. Sapeva che non avrebbero fatto nulla, era troppo stanco anche solo per spogliarsi, ma avrebbe dormito nel suo abbraccio e questo lo consolava.



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