Questo capitolo è il primo che ho scritto. Lo dividerò in due parti perché è lunghissimo, spero non sia troppo pesante.
Buona lettura.Prima parte
Era nervoso come non mai. Salì le scale di corsa, percorrendo poi il lungo corridoio deserto.
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Eccola.
Si fermò davanti alla porta di legno scuro e tese l'orecchio per captare qualche rumore al di là di essa ma non sentì nulla a parte il suo stesso respiro, accelerato dalla corsa. Cercò di riprendere il controllo, aveva il cuore in gola e le mani che sudavano.
Sapeva che Leo non si era sbagliato, nonostante Vic avesse fatto sparire le sue tracce, l'amico di una vita era riuscito a scovarla, anche se non immaginava ancora con quali mezzi. Tutto ciò che Damiano sapeva era che aveva percorso centinaia di chilometri per raggiungere quella méta sperduta tra le Alpi ed ora che era arrivato a destinazione, non sapeva se aveva più paura di non trovarla o di avere un confronto faccia a faccia con lei.
Era agitato ed anche molto arrabbiato per come Victoria aveva deciso di gestire tutta quella situazione ma allo stesso tempo non riusciva a togliersi di dosso la fottuta sensazione di essere stato un insensibile. Nonostante tutto era così preoccupato per lei: perché era fuggita così? Stava bene? Era sola? Gli avrebbe voluto parlare o ormai era troppo tardi?
Rimase a torturarsi le dita davanti a quella porta per un tempo imprecisato senza decidersi a bussare.
Vic era sicuramente lì, la receptionist non aveva battuto ciglio quando lo aveva visto fare il suo ingresso con gli occhialoni scuri e la sua giacca firmata, come se fosse la cosa più naturale del mondo che fossero insieme in quel posto dimenticato da Dio.
Ma che stava aspettando? Di cosa aveva paura? Lei era Vic, cazzo! Era la persona che conosceva meglio sulla faccia della terra, non l'aliena che aveva avuto l'impressione di vedere sul palco solo un paio di sere prima. Si schiarì la voce e finalmente si fece coraggio.
Toc toc.
Nessuna risposta.
Forse avrebbe dovuto chiamarla ed avvertirla del suo arrivo. E se non fosse stata sola? Forse era con Fra o magari con Joy. Ricordava fin troppo bene la notte in cui le aveva sorprese insieme, origliando attraverso una porta molto simile a quella. E se invece fosse stata con Luigi? Magari gli aveva raccontato tutto ed ora lui gli avrebbe spaccato la faccia.
D'un tratto riconobbe un suono inconfondibile, sordo, lontano. Un suono quasi impercettibile, che aveva sentito un miliardo di altre volte. Era un basso elettrico. Vic stava provando e per non disturbare gli altri ospiti della struttura, stava suonando in cuffia. La poteva immaginare benissimo, seduta su di un grande letto con il suo chignon spettinato e un maglione troppo largo per lei. Quell'immagine gli strappò un sorriso e lo spinse a bussare più forte.
Toc Toc.
Silenzio.
Doveva averlo sentito perché il basso aveva smesso di suonare.
Toc Toc Toc.
"Sì...? C'è qualcuno?"
Eccola.
Improvvisamente l'uomo ebbe l'istinto di scappare. Si sistemò la giacca come se avesse senso un gesto del genere.
"Chi è?"
Ora la voce della ragazza era proprio dietro alla porta. La conosceva così bene da poterne cogliere perfettamente ogni sfumatura. Era preoccupata. Triste. Aveva sicuramente pianto.
"Vic apri, so' io."
Si guardò intorno, scorgendo una cameriera, che aveva appena girato l'angolo e si stava avvicinando pericolosamente. E se lo avesse riconosciuto? Se li avesse venduti? Sputtanati ai giornali? Erano così abituati a quel bombardamento continuo che li voleva insieme a tutti i costi, che ormai avevano il terrore di muoversi. E del resto, come avrebbero potuto spiegare quella gita fuori porta? Di sicuro ci sarebbero state malelingue, che avrebbero fatto illazioni stupide. Ma poi erano davvero così stupide??
D'un tratto la porta si aprì impercettibilmente e una mano lo afferrò per la manica, trascinandolo dentro.
"Che cazzo ci fai qui??"
Damiano si aspettava quella domanda, aveva avuto un viaggio di più di sei ore per pensare alla risposta migliore da dare ma, ora che se la trovava lì di fronte, le parole sembravano restare incastrate in gola.
Era bellissima Vic, proprio come l'aveva immaginata pochi istanti prima: i capelli raccolti in modo disordinato le lasciavano scoperto il viso così pallido e perfetto. Le labbra, come sempre un po' screpolate, sembravano reclamare un suo bacio e gli occhi completamente struccanti davano l'impressione di essere più piccoli del solito, pur conservando quella dannata scintilla che lo colpiva ogni volta.
Vic continuò con maggiore impeto, senza nemmeno rendersi conto del suo momento di smarrimento.
"Cos'è, mi controlli adesso? Hai paura che ti metta nei casini?"
"Ma quali casini?? Io..."
La ragazza non sembrò nemmeno udire le sue parole ma continuò dritta come un treno.
"Ti avevo detto che avrei risolto tutto e lo farò, stanne certo... Ho solo bisogno di un po' di tempo. Cazzo, Dem... solo qualche giorno prima di ripartire, era chiedere troppo?"
"Prima di ripartire...? Ehi ehi no, aspetta... Ma che cazzo stai dicendo...? Hai idea di quante persone io abbia dovuto ricattare per farmi dire dove cazzo eri finita??"
Damiano era sconvolto e adirato insieme per quell'accoglienza così brusca e faticava ancora a raccogliere le idee.
"Chi avrai ricattato, sentiamo!? Nessuno, dal momento che lo sapeva solo Fra e lei non se ne fa un cazzo dei tuoi ricatti da boss dei miei coglioni!"
Parlava velocissima, come sempre quando era nervosa e lo sbeffeggiava apertamente, era il suo modo di colpirlo nel punto debole. Solo lei sapeva farlo così bene quando lo vedeva in difficoltà ed anche questa volta, suo malgrado, Damiano accusò il colpo e perse la pazienza.
"Ma porca troia, Vic!! Te rendi conto?? Sei sparita nel nulla! Nel nulla!! Stavo a sbroccà, cazzo! So' du' giorni che te cerco!!" Stava gridando senza nemmeno accorgersene.
"Non pensavo di doverti rendere conto di tutti i miei spostamenti. Fino all'altro ieri non ti interessavano un granché..."
La osservò mentre tornava a sedersi sul grande letto, recuperando il basso abbandonato sopra alla coperta. Sembrava così padrona di se stessa ma Damiano sapeva che fingeva.
"Non fare la testa di cazzo adesso! Lo sai... Sai che se non te chiedo niente... se non me faccio li cazzi tua è solo pe' lasciarte libera, perché guai a toccarte se decidi d'esse WonderWoman, che poi me dai der pazzo geloso e me tocca rincorrette pe' mezzo mondo!! Ma stavolta, cazzo... stavolta hai esagerato!! Te rendi conto di come lo so' venuto a sapere? Ero... ero fuori di me l'altra sera!"
"Intendi quando mi hai accusata di averti rovinato la vita?" Nemmeno lo guardava ma il risentimento e il dolore erano ugualmente così evidenti.
"No, non l'ho mai detto. Cioè... non ero quello che volevo..."
"Oh, certo che volevi!"
Lo stava mandando in confusione. Lui non era venuto per litigare ma Vic sapeva sempre toccare quei maledetti tasti, che lo facevano scattare. Allo stesso tempo però la vedeva lì, così piccola, così vulnerabile; Damiano avrebbe solo voluto raggiungerla ed abbracciarla. Avrebbe voluto sdraiarsi con lei su quel letto e stringerla per ore, giocare con i suoi capelli come aveva sempre fatto e dirle che sarebbe andato tutto bene, che lui ci sarebbe sempre stato. Avrebbe voluto tornare indietro a quando erano loro due soli, senza fans, senza telecamere, a quando bramavano il successo ma non dovevano rendere conto a nessuno tranne che a loro stessi. Sembrava passata una vita intera da allora.
Cercò di concentrarsi e riprendere il filo del discorso, per non sembrare così idiota come invece si sentiva in quel preciso momento.
"Ascolta... quello che volevo dire è... insomma lo sai anche te quello che volevo dí! Dovemo parlà!"
"Esiste il telefono."
"Ma se manco me risponni!!!"
"Non prende bene quassù..."
La odiava quando faceva così, quando fingeva di essere fredda e cinica solo per dargli sui nervi.
"Me stai a pijà pe'r culo?! Finiscila, cazzo! Non è 'na cosa che se pò dí così... Dovemo parlà seriamente..."
"Ne abbiamo già parlato."
"No invece, tu ne hai parlato. Tu hai sganciato la bomba e poi m'hai trascinato su quel fottuto palco davanti a migliaia di persone senza nemmeno farmi metabolizzare la cosa. Ne abbiamo discusso per quanto? Cinque minuti? Ero sconvolto, cazzo... Sconvolto..."
"E che altro avrei dovuto fare? Stavamo in un cazzo di backstage, mi hai messa con le spalle al muro davanti a tutti co' una della tue scenate da diva..."
"E allora??"
"Come, allora?! T'avevo detto d'aspettà dopo 'r concerto. Stavamo lavorando!"
"Non stavamo lavorando." Ribatté lui ormai esasperato per quel continuo battibeccare inutile.
"E invece sì. E c'era pure la ragazza tua, se 'n te sei dimenticato..."
"Aó, t'ho beccata che te stavi a fa 'na fiala de robba de nascosto..."
"E certo! Stavo a sboccà l'anima da 'n'ora! Avresti preferito che mandassi a monte la serata?? Che dovevo fà secondo te?"
"Me lo dovevi dì, cazzo!! Me lo dovevi dí subbito!" Damiano tirò un calcio stizzito al piccolo trolley nero che giaceva a terra. La vide mascherare un lieve sussulto e si pentì immediatamente di aver dato libero sfogo alla propria rabbia. Tentò di abbassare i toni, senza riuscire a nascondere tutta la frustrazione per una situazione fuori dal suo controllo. "Da quanto lo sai, eh?! Dal nostro ultimo viaggio? O da prima ancora?? Eravamo in casetta quando hai iniziato a sentirte male... Me ricordo benissimo... " Cercò il suo sguardo come a chiedere conferma di quella improvvisa presa di coscienza ma lei si rifiutò persino di ricambiarlo per la vergogna. "Ma fanculo, Victoria! Vaffanculo!! Nun fà la bimba stupida der cazzo!"
Non avrebbe dovuto usare quelle parole, se ne era accorto nel momento stesso in cui le aveva pronunciate. Vide la scintilla nello sguardo di ghiaccio, prima che lei lo attaccasse e si preparò all'impatto.
"Esci subito da qui!"
La sentì sibilare con un tono asciutto e pericoloso. Sembrava pronta ad alzarsi e a sbatterlo fuori con la forza ma lui non si diede per vinto e continuò, non badando ai toni.
"Non vado da nessuna parte! Ma tu hai la più vaga idea di quanto sia stato rischioso? Una tournée?! Non un concerto... Una cazzo di tournée!! Abbiamo già fatto quante? Cinque? Sei date??"
Ora lei gli avrebbe ruggito contro che non poteva dirle cosa fare e che quello era proprio il classico atteggiamento paternalistico e maschilista, che insieme avevano cercato in tutti i modi di combattere. Con sua somma sorpresa però, la ragazza tornò a ritirarsi, rabbuiandosi di colpo come se ci avesse ripensato.
"Ok, c'hai ragione tu... Sò 'na stupida, contento?! Lo so, che te credi?" L'espressione sul suo volto si increspò appena in una smorfia dolorosa, che lo fece stare male. "Ho avuto paura... Come pensi che l'abbia presa io? Ero scioccata quanto te, ho rifiutato l'idea per... per giorni... non ci volevo credere... E poi non sapevo con chi parlarne, non volevo rovinare tutto ora che tu e Giulia avete sistemato le cose..."
"Ma sistemato cosa??"
Si lasciò scappare l'uomo a mezza voce. Se c'era una cosa che il silenzio di Vic non avrebbe mai potuto cambiare, era l'inevitabile naufragio della sua relazione con quella ragazza.
"E poi io e te non facevamo altro che litigare, io... io... Volevo dirtelo, lo volevo davvero ma poi... come avrei potuto?? Anche quella sera, quella delle rose... Come potevo? Mi hai praticamente dato della zoccola e io ho pensato che avessi ragione... sì c'avevi ragione, cazzo! E allora Lello l'ha scoperto e a quel punto... Avrei solo voluto..." Tutto si stava facendo di nuovo confuso come i suoi ricordi e le sue paure. Scacciò una lacrima con l'orlo del maglione, tirato completamente sulla mano e continuò con maggiore emotività. "So' stupida, Damià, perdoname... Sò sempre stata troppo stupida per te!"
Damiano non riusciva ad ascoltare quelle parole. Come poteva dire una cosa del genere con tanta convinzione e tanta sofferenza.
"E no Victò, dai... nun t'ho mai dato della stupida... non l'ho mai pensato."
"Sì invece, hai sempre pensato che fossi troppo immatura rispetto a te e a tutte quelle che te piacevano così tanto... non negarlo adesso!"
Ok, Damiano lo aveva pensato e ancora peggio, lo aveva ripetuto centinaia di volte anche senza pensarlo. Cercò di rimediare, ben consapevole che era troppo tardi.
"Ma me conosci, Victò... lo sai che so' sempre stato 'n gran cojone con le ragazze... ma ormai dovresti averlo capito che non ce n'è una, non c'è una sola donna al mondo che preferisco a te!"
Vic non si sarebbe lasciata incantare dalle sue romanticherie così stucchevoli per lei. Lo conosceva, sapeva che era uno bravo con le parole, uno che ci lavorava e che sapeva girarle a suo piacimento.
"Ma se t'annavano bene tutte! No... no Damià, non te so' mai davvero piaciuta. Ora c'hai solo er senso de colpa che te divora. Come se non te conoscessi da tutta la vita...!"
"Non c'entra proprio un cazzo il senso di colpa. C'entri tu... noi!"
"Se'ridicolo! Ho sbajiato tutto... avrei fatto meglio a non dirti niente, a risparmiarte tutto 'sto casino inutile... ma tu hai insistito e io... io non ce la faccio più!" Si scostò i capelli dal viso, era esausta ed esasperata da tutta quella situazione che la stava letteralmente consumando sia fisicamente che psicologicamente.
Damiano si sentì sprofondare. Era così intenerito ma anche ferito da quel lungo silenzio. Ripensò a tutte le volte che si erano cercati e che lei aveva provato a parlargli. Non poteva credere che si fosse sentita così sola e rifiutata da tacere un segreto tanto importante.
"E meno male! Meno male che ho insistito! Cazzo Victò, tu forse nun te rendi conto... Pensavo te stessi a fa' na dose in quer camerino de merda! Nun sapevo più 'ndo cazzo sbatte la testa, ormai credevo che me stessi a nasconde quarcosa de grosso...che ne so, una depressione... 'na malattia grave! Hai idea di quanto fossi preoccupato per te in tutti quei giorni? Stavi scomparendo davanti aj occhi mia, nun te se poteva parlà! E poi che... davvero non mi avresti detto nulla?? Una cosa così? Stai a scherzà!? Noi ci diciamo tutto, cazzo! Tutto!!" Era così offeso. Quella era la persona della quale si fidava di più al mondo e gli avrebbe fatto un torto del genere per che cosa? Per proteggerlo? Per paura? Sapeva che stava per farle una delle sue odiose paternali ma non riusciva a fermarsi, era più forte di lui. "Io... non posso crederci. Da quanto ce conosciamo io e te? Sei? Sette anni? No... de più... de più... da quanno provavamo in quella saletta dietro alla palestrina. Andavamo alle medie... e tu... ? Non ce posso crede che m'avresti tenuto nascosta 'na cosa del genere! No..."
Era incredulo ma anche tanto deluso ed esasperato. In lui si agitavano tutte le emozioni del mondo ma non sapeva come esprimerle. Anche Vic era nervosa, lo si capiva da come si mordicchiava le pellicine delle dita. Evitava di guardarlo, ben sapendo che aveva ragione lui. Lo aveva evitato, sperando forse ingenuamente di poter mettere a posto le cose da sola, come aveva sempre fatto.
"Ora basta, te prego. È tutto più complicato..."
"E mò, visto che è complicato, sarebbe mejo escludermi come 'na testa de cazzo quarsiasi!?" La osservò chiudere gli occhi, negando con la testa e continuò sempre più cattivo. "In fondo che sarà mai? Se tratta solo de mí fijo!!"
"Finiscila!!"
Ruggì Victoria, come se l'avessero punta. Non riusciva nemmeno a sentire pronunciare quella parola, le faceva troppo male.
"No, non la finisco... perché è 'na roba troppo grossa! Dimme, è questa la tua idea de femminismo? Il corpo è mio e faccio come cazzo me pare?"
La provocò indignato, vedendola tentennare.
"Cazzo c'entra il femminismo? Questa è la mia idea di buon senso, magari!" Rispose lei come se lo volesse mordere.
"E te sembra buon senso? Un concerto de dú ore di fronte a diecimila persone, senza mangiare 'n cazzo e imbottita de chissà che cosa, te sembra 'na scelta sensata? Avresti potuto sentirti male o ancora peggio... Ma te sei vista? Sei la metà de dú mesi fa... Lo sà er medico tuo che stai a fà la matta in giro pe' l'Europa? Non ce vole 'na laurea pe' capí che è pericoloso!"
"Te prego..."
Vic avrebbe voluto protestare ma sapeva che aveva ragione. Erano le stesse parole che le ripeteva Leo da giorni ormai. La vedeva la sua faccia mentre la filmava da sotto il palco, era la stessa che aveva quando Damiano saltava in mezzo al pubblico, rischiando ogni volta l'osso del collo.
"No, io ti prego: ragiona!! Usa la testa. Tu hai voluto fare da sola come sempre. Proprio nun te riesce de chiede aiuto, eh?! La verità è che pe' fà la parte de quella forte tu m'hai escluso..."
Victoria negò decisa con la testa.
"Io non ti ho escluso."
"E invece sì." Gli fece eco l'uomo con decisione.
"Escluso da cosa? Perché non lo vuoi capire? Non ha importanza che io te l'abbia detto o no perché lo sappiamo che non può esserci niente! Non c'è nessuno figlio, Dem! Ma tu pensi davvero che ci goda a fare quella forte? Credi forse che mi sia divertita in questi mesi? Che l'abbia fatto apposta? Sto solo cercando di fare ciò che è giusto... quello che devo..."
"Beh... Non devi!"
Victoria gli saltò sulla voce senza ascoltarlo.
"Certo che devo. Non puoi pensarlo sul serio..."
"E perché no? Pensavi davvero che t'avrei detto d'arrangiarti? Me conosci così poco?"
Vic alzò gli occhi al cielo ma era visibilmente colpita da quella reazione inaspettata da parte sua.
"Non riguarda solo noi! E comunque ho già deciso... " Non riusciva a parlare, come se le mancasse il fiato al solo pensiero. "Volevo solo rimanere sola prima di tornare a Milano?"
Finalmente lo stava guardando ma a quel punto Damiano avrebbe preferito non incontrare mai i suoi occhi pieni di paura. Vic era terrorizzata da ciò che stava per succedere proprio come lo era lui.
"Che significa a Milano? Tu torni a Roma con me. Adesso!!"
Puntò i piedi come un bambino ma la vide negare di nuovo.
"Ho già fissato un appuntamento per martedì... Così partiremo nelle date stabilite... v'ho fatto perde già abbastanza tempo."
Damiano avrebbe voluto avere un'espressione meno stupida, meno scioccata.
"Ma chi se ne frega! Chi cazzo se ne frega della promozione! Chi se ne frega dell'America?!"
"Mi sembrava che fossimo d'accordo l'altra sera!"
"No invece! Perché nun m'hai manco dato er tempo de ragionà. Hai preso e sei scappata così! Avremmo dovuto parlare, vagliare tutte le possibilità."
Insieme.
Quella parola gli riecheggiava forte nella mente ma non la pronunciò.
"Quali? Quali possibilità? Pensi che non ci abbia pensato? Che non abbia passato tutte le mie giornate a pensare alle alternative? Beh... no, non ci sono alternative!!"
Lo disse ridendo, come se parlasse della cosa più naturale al mondo ma Damiano leggeva la sottile nota isterica in lei. Victoria non aveva preso una decisione a cuor leggero; lei che cercava di sembrare sempre così allegra e superficiale agli occhi altrui, nascondeva un tormento ed una profondità rari. Se lo aveva escluso, era perché non voleva farsi vedere soffrire e probabilmente non voleva veder soffrire nemmeno lui.
"Dimmi perché no!?"
"Perché no?? Me stai davvero a chiede perché no?! Torna in te, te prego! E cosa dovremmo fare? Tenerlo una settimana per ciascuno quando non siamo in tour? Valutare l'adozione? Pagare una cazzo de baby sitter che gli faccia da madre? Non è un cane, Damià!"
Non poteva nemmeno pensare che l'uomo avesse fatto tutta quella strada per cercare di convincerla a ripensarci.
"Quello che ti sto a chiede è perché dai così per scontato che noi non potremmo farcela? Tu ed io."
Damiano era visibilmente sconvolto, spettinato con i segni dell'insonnia ben impressi sul volto scavato. Aveva macinato chilometri per raggiungerla lassù, in quel residence disperso e, se da una parte lei lo odiava per questo, dall'altra si sentiva immensamente sollevata dalla sua presenza. Ora però stava accadendo l'impensabile: lui le stava chiedendo di ripensarci.
"Finiscila! Finiscila te prego co' st'idea de famija der cazzo che te sei messo 'n testa!"
Lo voleva demolire ma non ce l'avrebbe fatta ora che era convinto più che mai.
"Perché? Pare brutto? Io tutta questa idea de famjia der cazzo come dici te, nun ce l'ho mai avuta co' nessun'altra... quarcosa vorrà pur dire..."
Ed era vero. Anche quando Vic gli aveva confessato di essere incinta, lui non aveva mai detto che non voleva quel figlio, aveva sempre detto: non adesso. Come se fosse in qualche modo implicito in un meandro del suo cervello complicato che prima o poi quello sarebbe stato un epilogo scontato ed inevitabile. Ma ora? Ora che erano al centro della pista, avrebbero ballato. Non si sarebbe mai tirato indietro per quell'appuntamento con il suo destino.
Vic invece no. Forse non l'aveva mai vista così paralizzata e spaventata.
"Damiano, cerca di essere realista. Abbiamo un tour mondiale da mettere in piedi. Mondiale, capisci? Non italiano o europeo... non possiamo semplicemente cancellarlo, grazie e arrivederci... La gente ha pagato e tanto anche!"
"E chi parla di cancellarlo? Potremmo rimandarlo di qualche mese. Ci sono gruppi che lo fanno di continuo da due anni a questa parte. Non sappiamo nemmeno come sarà la situazione da qui a quanti? Sei mesi?"
"E come vuoi che sia? De merda uguale!"
"Appunto, potremmo doverli rimandare all'estate comunque..."
"Non dappertutto... E poi sai chi li rimanda i concerti? Stiamo parlando di mostri sacri della musica, non di noi quattro sfigati de borgata. Ti ricordi l'anno scorso quando abbiamo dovuto cancellare il festival? Una data, Damià... solo una e ne è uscito 'n bordello! Non serve nemmeno che te lo spieghi... Abbiamo avuto una botta de culo epocale e non ho nessuna intenzione di mandare tutto a puttane proprio adesso. Dopo tutti i sacrifici e il lavoro che abbiamo fatto! Mi stupisce che tu ci stia solo pensando!"
"Ecco, l'hai detto! I sacrifici e il lavoro... Non è stata una botta di culo. Lo sai anche tu che ce lo meritiamo. E il successo non sparisce così da un giorno all'altro quando lavori sodo e hai degli obiettivi. Guarda dove siamo arrivati dal nulla noi quattro sfigati!"
L'uomo si era avvicinato a lei, incerto se sedersi lì accanto ai piedi del letto o rimanere in piedi. Era assurdo, persino un gesto così naturale, ora diventava difficile. E pensare che lo aveva fatto milioni di volte in passato mentre provavano chiusi tra quattro mura molto simili a quelle, si era seduto accanto a lei, cibandosi del suo profumo e delle sue espressioni concentrate e spesso buffe. Avrebbe potuto facilmente cercare un contatto ma ora Vic rimaneva fredda, distante, come se avesse paura di lui. La sentì rispondere con sarcasmo e risentimento insieme.
"Non essere ridicolo per favore! Sai quanta gente là fuori se lo merita davvero? Il successo è un attimo, se non cavalchiamo l'onda ora, allora sarà troppo tardi. E agli altri? Hai pensato a Thomas ed Ethan? Chi glielo dice che stiamo per infrangere il loro più grande sogno, solo perché non siamo stati in grado di tenerci addosso i vestiti? No, io non lo farò mai! È una questione di rispetto!"
Damiano la capiva, eccome se la capiva. Erano gli stessi discorsi che gli ronzavano in testa incessantemente da due giorni. Ci aveva provato, si era detto mille volte che era stato un errore, una pazzia, eppure dentro di lui aveva iniziato a farsi strada una voce sempre più insistente, che gli diceva che non dovevano rinunciare per forza all'una o all'altra cosa.
"Ok, allora è stato solo questo secondo te? Sesso? Noi che non ce sapemo controllà? Semo dú animali che non sanno resistere all'istinto? Un errore dietro l'altro per mesi è stato... ok... Strano, perché io non lo ricordo così. Pensace n'attimo e..."
"Ci ho già pensato."
Lo interruppe bruscamente lei senza lasciargli nemmeno il tempo di proseguire.
"No, non è vero! Non è vero, Vic. Tu hai solo pensato a te. Lo hai sempre fatto, fin dall'inizio, da quando hai deciso de sacrificà la nostra storia per il gruppo..."
Victoria non poteva credere che glielo stesse rinfacciando ora, dopo tutto quel tempo.
"Ma quale storia? Quale storia? No, te prego. Non di nuovo!"
Gli saltò sulla voce lei. La vide allontanarsi impercettibilmente, come se fosse infastidita dalla sola sua presenza e allora lui prese coraggio e si sedette proprio lì accanto. Non le avrebbe permesso di evitare il discorso ancora una volta.
"E perché no? Nun lo vòi sentì? Ma è la verità, Victoria. La pura verità! Sei tu che m'hai allontanato... Tu che hai deciso tutto quanto fin dal primo momento. Hai deciso che potevo stare nel tuo gruppo alle tue condizioni, come ci saremmo vestiti, come ci saremmo truccati. Hai deciso de partecipà a'n talent e de nasconderci agli altri. Per quanto tempo vorremo fingere ancora?"
Il suo orgoglio strepitava dentro al petto, lo faceva da anni. Vic lo aveva rifiutato, relegandolo al ruolo dell'eterno fratello maggiore, quando entrambi sapevano che c'era stato molto, molto di più.
"Sono passati mille anni da allora. Eravamo dei cazzo di bambini!!"
"Beh, ora non siamo più dei cazzo di bambini!"continua...
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Amandoti
FanfictionQuesta è la mia prima ff e a dire la verità, credo che sarà anche l'ultima. Onestamente non so se faccio bene a pubblicarla perché tratta temi a volte delicati. Spero di averli affrontati con tatto e di non urtare la sensibilità di nessuno. Ci teng...