Capitolo 15

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Lui si avvicinava e lei si allontanava. Lui si fermava e lei correva via. Lui la guardava per cercare un contatto e lei si concentrava sugli accordi, sulle luci, sul pubblico, su tutto ciò che la poteva tenere occupata per non incrociare il suo sguardo. Succedeva di continuo e sempre più spesso che i loro momenti di interazione fossero relegati a qualche secondo concordato in scaletta ma quella sera era andata peggio di qualsiasi altra performance che ricordasse. Era così maledettamente frustrante, così diverso da come tutto era iniziato. Damiano era un animale da palcoscenico, sapeva come starci sopra e come accattivarsi l'audience, sapeva usare il proprio corpo come uno strumento e non aveva paura di farlo ma quella specie di muro invisibile lo faceva sentire in gabbia. All'apparenza sembrava tutto normale ma chi li avesse conosciuti avrebbe sentito le innegabili vibrazioni tra di loro: pena, paura, rabbia, orgoglio. Era un mix letale, capace di infiammare i cuori più freddi ma ugualmente doloroso per lui, che odiava starle lontano.
Da quando Vic aveva deciso di chiudere con lui, entrambi si erano arroccati in uno strano silenzio fatto di sguardi fugaci e finte risate in compagnia. Damiano aveva sempre saputo di non poter mantenere la sua promessa, non era uno che mentiva a se stesso e, benché odiasse vivere nella menzogna, non aveva idea di come resistere a quel fuoco che gli bruciava dentro. Era come una fottuta droga quella ragazza, una droga dalla quale sperava di essersi disintossicato per sempre, prima di ricaderci di nuovo. E ne voleva ancora e ancora di Vic. Ne voleva anche se sapeva che stava facendo male ad entrambi, così come ad un sacco di altre persone intorno a loro.
Vic no, lei lo odiava quando diventava così irrazionale. Odiava quando lui si comportava da bambino e la ignorava per giorni interi per poi cercarla quando era un po' su di giri e odiava soprattutto che lo facesse in pubblico mentre si supponeva che stessero lavorando.
"Lo fai solo per mettermi in imbarazzo!" Gli aveva rinfacciato quel pomeriggio prima del concerto.
"Sé va bé... Mó anche se me faccio 'na birra è per te..."
L'aveva presa in giro lui, ingollando un altro bicchiere di champagne.
"Non beviamo prima di salire sul palco..." La ragazza parlava sottovoce, sistemandosi le spalline del minuscolo reggiseno leopardato, che avrebbe sfoggiato sotto la giacca.
"A Victò, nun vení a fa la maestrina con me, tu e le tu' regole der cazzo! E poi so' sempre io che non bevo,, voi fate quel cazzo che ve pare dalla mattina alla sera... Già non dovrei esse qui stasera..." Brontolò lui con quella sua espressione insofferente, che la faceva arrabbiare ancora di più.
"E piantala con 'sta storia! Tranquillo, domani sarai comunque a casa da lei..."
Lei era Giulia, la sua fidanzata, che si sarebbe sottoposta ad un intervento proprio il giorno successivo. Era ammissibile che l'amico fosse preoccupato ma era assurdo che pretendesse di mandare a monte il festival per rimanere a Roma, dove comunque non avrebbe potuto fare nulla.
Damiano ricambiò il suo sguardo con un mezzo sorriso carico di astio.
"Oh certo, tanto a te che te frega? Scommetto che te fa pure piacere! Non te preoccupi mai pe' nessuno... Te scorre tutto addosso come se non te riguardasse!" Era stata una cattiveria gratuita, della quale si pentì subito. Certo, Vic non era una che si piangeva addosso ma dire che era un'egoista, era estremamente ingiusto, soprattutto visti i suoi trascorsi famigliari.
"Va beh, tanto è inutile... mò me ne vado..."
La fermò prima che girasse i tacchi per allontanarsi.
"Perché devi sempre fare così, Victò? Perché devi sempre prendere e andartene?"
Vic lo ricambiò con un'espressione piena di risentimento. "Perché non ho voglia di litigare!"
"Non stiamo litigando."
"Sì invece. Stiamo litigando perché tu stai bevendo troppo e diventi intrattabile."
"No, stiamo litigando perché tu c'hai paura de me!"
Quella frase colse impreparati entrambi, come se contenesse troppa verità.
"Io non ho paura di te. Sono stanca di questa situazione. Voglio star tranquilla..."
"E sò io a non farte stà tranquilla?"
"È tutto quanto..."
Non parlavano più a voce bassa ora, Vic si sarebbe voluta mettere ad urlare per la tensione accumulata negli ultimi giorni. Lei non negava a se stessa ciò che provava ma cercava disperatamente di sistemare le cose e il fatto che lui non vedesse tutto il suo impegno ma lo scambiasse per superficialità, la faceva soffrire tantissimo. Già molte volte in passato era accaduto che lui la accusasse di non essere abbastanza impegnata, responsabile e matura e lei aveva sempre cercato di giustificarsi e di migliorare. Se Damiano non fosse stato così ottenebrato dai suoi sentimenti forse avrebbe riconosciuto quanti miglioramenti aveva fatto per lui, per renderlo soddisfatto di lei, per farsi vedere alla sua altezza e renderlo orgoglioso. Ma non sembrava mai abbastanza, lei non si sentiva abbastanza. Ed ora di nuovo le stava chiedendo di più, come se lei non fosse già totalmente ed irrimediabilmente coinvolta.
L'uomo bevve un sorso direttamente dalla bottiglia, squadrandola da capo a piedi solo per infastidirla. Una parte del suo cervello gli diceva di lasciar perdere, di non continuare a punzecchiarla a quel modo. Era come continuare a torturare un dente dolorante, sapendo di non poter far altro che peggiorare la situazione.
"Ma tutto quanto cosa, Vic? Cosa?? Stavamo bene fino all'altro giorno o sbaglio? E te adesso decidi che non va bene più? Di nuovo! Ma che t'ho fatto? L'altra sera Giulia ha esagerato... Lo ha ammesso pure lei. È che ce stanno sempre i paparazzi..."
Victoria alzò lo sguardo irrequieto per non fissarlo nel suo. Non voleva parlarne in quel momento, dovevano solo concentrarsi e salire sul palco senza pensieri negativi. Damiano però non riusciva a scrollarseli di dosso, complice il vino e la preoccupazione per la fidanzata. Quindi continuò nella sua invettiva a senso unico.
"Io non ce la faccio, ok?! Lo so che abbiamo sbagliato, so che non doveva succedere e che sono un pezzo de merda ma non lo accetto... non accetto che tu mi dica che non ti importa niente. Non ti importa nemmeno che io abbia sempre scelto te? Che ti abbia sempre messo al primo posto...? Non lo vedi proprio che farei qualsiasi cosa? Vuoi che le parli? Te l'ho detto un milione di volte, lo farò non appena sarà passato questo periodo e..."
No, non l'avrebbe mai fatto. Vic lo sapeva e glielo avrebbe detto, se solo la paura di sembrare una pazza gelosa non l'avesse bloccata. Lei non voleva che lui lasciasse la fidanzata per lei e allo stesso tempo non voleva chiudere con Joy, perché sapeva che erano i rapporti più sereni e sani che avrebbero mai potuto avere.
"No Damià, non ne voglio parlare più..."
La ragazza fece di nuovo per andarsene con quell'aria delusa e vagamente annoiata, che lui tanto odiava.
"Ecco brava, vattene! Vattene dalla tú fidanzata che nemmeno te se 'ncula..."
"Sei odioso quando fai così, te ne rendi conto?"
Certo che se ne rendeva conto e si odiava per questo. Damiano si odiava e beveva appunto per esorcizzare quella sensazione di abbandono, che sentiva ribollire nel petto. Era il suo punto debole, la paura che lei lo lasciasse, che gli voltasse le spalle perché sapeva che senza di lei non avrebbe potuto continuare ma allo stesso tempo odiava esserne così dipendente da avere la sensazione di non respirare. Erano momenti altalenanti in cui si diceva che doveva lasciarla perdere, smettere di cercare la sua approvazione, smettere di sperare che lei ricambiasse i suoi sentimenti ma allo stesso tempo si crogiolava in quell'amore mai del tutto corrisposto, si rotolava letteralmente nella propria autocommiserazione.
Si alzò dal bracciolo della poltrona bianca, sulla quale era seduto per avvicinarsi pericolosamente a lei.
"Anche tu sei odiosa quando fai la finta superiore... Credi che nun te conosca? Che non veda quanto fai la sostenuta pe' stamme lontano?"
Le prese la mano per portarsela alla guancia ma lei la fece scivolare via.
"T'ho detto che ne abbiamo già parlato, basta!!" Distolse lo sguardo, la sua voce era diventata un sussurro per paura che gli altri la sentissero.
"Basta tu, Victò! Basta tu! Basta scappare.... Dove credi di poter andare? Siamo inchiodati qui, non possiamo muoverci e voltare pagina come se niente fosse successo... saremo sempre tu ed io, saremo sempre i nostri peggiori nemici... "
Era vicinissimo e Victoria sentiva il profumo del suo dopobarba mischiato a quello dello champagne. Lo odiava così tanto per averla messa in quella situazione e odiava ancora di più se stessa perché glielo aveva permesso.
"Te prego, amò... lasciame annà dagli altri..." Era una supplica vera e propria la sua. A ben pensarci era una scena molto simile a quella che avevano vissuto qualche giorno prima, quando in un camerino abbastanza simile a quello, lei aveva dichiarato chiusi i giochi. Quel senso di déjà-vu gli fece ribollire ancora di più il sangue e sbottò.
"Te prego amò, un cazzo! Te corri sempre dagli altri per non star con me, è la tua scusa a tutto, non è vero?! Non facciamoci vedere dagli altri, non facciamolo sapere agli altri, chissà gli altri cosa penseranno? Chissà quanto soffriranno? E a noi? A noi non ce pensi mai?"
Damiano era proprio davanti a lei, il braccio appoggiato allo stipite quasi a volerla intrappolare. Entrambi sapevano che se avesse voluto, Vic avrebbe potuto semplicemente aprire la porta alle proprie spalle per andarsene ma entrambi sentivano quella specie di forza magnetica che li teneva bloccati lì, l'uno di fronte all'altra.
"Non puoi fare così! Non puoi decidere tutto tu... Mi snobbi per ore, fai il geloso perché non sopporti che io abbia qualcuno, quando tu non ti fai problemi a portare la tua donna ovunque e lei fa pure finta di essere mia amica. Non mi caghi, poi mi cerchi di nuovo e dovremmo fare davvero come se niente fosse? Dobbiamo pensare a noi? Beh... l'unico favore che possiamo farci è quello di rimanere amici, come abbiamo sempre fatto fino ad ora... Te l'ho già spiegato un miliardo di volte... non possiamo... rischiamo di impazzire così!"
"Io sto già a impazzí... nun me vedi?"
"Se non bevessi, sarebbe meglio..."
"Ma vaffanculo, Victò!!" Si staccò da lei, incazzato come un drago. Perché doveva sempre rovinare ogni cosa con quella puttanata dell'amicizia? Anche i muri lo sapevano che non potevano essere amici. Aveva funzionato per un po' forse ma ora le cose stavano correndo più di quanto riuscissero a controllarle.
Lei non disse nulla. Lo guardó scolarsi un altro sorso, prima di andarsene via con il suo sguardo deluso e schifato.
"Brava... brava vai dagli altri... vatte a fà protegge da loro, scappa dal mostro..."
Si buttò di nuovo sul divanetto, guardandosi distrattamente allo specchio. Doveva calmarsi ma si sentiva così eccitato quando l'aveva intorno e allo stesso tempo rifiutato. Si sentiva in colpa per averla trattata male ma anche così in collera con lei, che voleva continuare a vivere con i paraocchi, ignorando i suoi sentimenti. E poi aveva il pensiero di Giulia, che lo aspettava a casa e stava affrontando tutto da sola per sé stessa ma anche per lui, per migliorare il loro rapporto, mentre lui riusciva solo a pensare ad una stronza egoista, che non gli dava un briciolo di attenzione o di importanza.
"Stronza..."
Ripeté tra sé, prendendo in mano il telefono.

AmandotiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora