Capitolo 26

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“Filma filma…”
Thomas se la rideva sotto i baffi mentre cercava di importunare l’amica, ancora addormentata nel van, che li stava portando verso l’ennesima tappa del loro tour.
“E dai… no… non nei capelli! Adesso vedi come si incazza!”
Victoria si svegliò di soprassalto quando sentì il liquido freddo colarle sulla fronte mentre gli amici scoppiavano in una fragorosa risata mentre riprendevano la scena con sadismo.
“Bastardi!!” Vic si ribellò con la voce ancora impastata dal sonno e quell’espressione adorabile da bimba, che aveva sempre quando si alzava.
“Eddai, tanto c’avemo er parrucchiere stasera! E poi stai sempre a dormí, Victò?” La prese in giro il chitarrista, cercando di non farle prendere la bottiglietta di Coca-Cola che aveva ancora stretta tra le mani.
“Nun me devi rompe 'r cazzo, Tony! Se dormo che fastidio te do? Mo’ se te prenno, te smonto!”
“Smettetela bambini!”
Li richiamò Ethan, il quale stava tentando di leggere uno dei suoi libri. Damiano osservò la scena dal suo posto senza riuscire a sorridere. Di solito i bisticci dei due fratellini facevano parte degli aneddoti più divertenti dei loro viaggi ma non in quel momento.
Dopo l’ultima stupida discussione, l’atmosfera all’interno del gruppo era radicalmente cambiata. Non avrebbe saputo dire il perché, era già capitato in passato che lui e la bassista litigassero furiosamente ma questa volta sembrava davvero una rottura definitiva. Era come se tutti respirassero quell’atmosfera tesa e diversa dal solito, così come di solito percepivano chiaramente la loro simbiosi. Damiano avrebbe tanto voluto mostrarsi superiore e fare finta di niente, così da sollevare gli animi ma continuava a pensare e ripensare a quel camerino tutto in disordine e all’enorme mazzo di rose rosse abbandonato sul tavolo. Victoria non gli aveva più parlato, era scomparsa quella sera e lui aveva passato tutta la nottata ribaltato su un divano del cazzo di una suite altrettanto del cazzo ad invocare il nome della ragazza. Ma per cosa poi?? Lei di sicuro era a spassarsela con quel coglione dagli occhi di ghiaccio, che si era presentato a rovinargli la data più importante. E lui? Beh, non poteva certo dire di essersi comportato proprio come un signore: prima l’aveva provocata, per poi aggredirla verbalmente ed insultarla. Era stato meschino ma quella maledetta ragazza aveva il potere di tirare fuori il meglio e il peggio di lui. E che altro avrebbe dovuto fare?? Victoria si ostinava a negarsi. Dopo il loro viaggio in Francia sembrava aver chiuso definitivamente, accusandolo di non voler prendere una posizione con Giulia, quando entrambi sapevano benissimo che non sarebbe mai cambiato nulla tra di loro perché era proprio lei quella che si tirava indietro. E poi doveva ammetterlo, lui non era più tanto sicuro di voler chiudere con la fidanzata, ora che quest’ultima stava affrontando un periodo delicato e gli haters le rendevano la vita impossibile. Giulia era fatta così, lei non aveva paura di chiedergli aiuto, si era sempre appoggiata a lui, si fidava di lui e lo faceva sentire uomo. Anche ora gli aveva fatto capire che aveva bisogno più che mai di averlo accanto e Damiano non era uno che si tirava indietro.
Per un attimo gli tornarono alla mente alcune delle parole che Victoria gli aveva urlato contro durante il loro ultimo confronto: “Forse ce stanno cose più importanti de lei! Forse non gira sempre tutto intorno a te!!” Era stata un’accusa stupida ed infantile, alla quale lì per lì non aveva dato particolarmente peso ma ora, ripensandoci, aveva la sensazione di non averla capita affatto. Da quando Victoria chiedeva attenzioni? Lei le rifiutava per la maggior parte del tempo, anche quando i suoi problemi l’avevano schiacciata, non gli aveva mai chiesto di parlare e se lo aveva fatto, era successo molto tempo dopo, magari tra uno shot di whiskey e l’altro in una serata di confidenze. Ecco, se doveva proprio fare un paragone tra lei e Giulia, forse quella era la differenza maggiore: la fidanzata si riteneva una persona forte, ne aveva passate tante ma gli chiedeva costanti attenzioni. Victoria no, lei non pensava di essere una tosta ma allo stesso tempo non gli aveva mai e poi mai chiesto aiuto. E allora cosa le stava succedendo? Perché era abbastanza evidente che qualcosa stava succedendo e Damiano aveva la sensazione che fosse qualcosa di grave e che quella fosse una disperata richiesta di aiuto. Anche la sua stupida recriminazione sul testo della loro canzone. Da quando le importava qualcosa? Ok, era un testo importante, ci aveva messo una parte di sé ma perché ora? Vic amava quella canzone, ne era certo. Damiano ricordava distintamente i suoi occhi azzurri la prima volta che gliela aveva fatta sentire a mezza voce con il solo accompagnamento della chitarra di Thomas. Lei non conosceva tutta la storia ma aveva capito subito a chi erano dedicate quelle parole ed era stato probabilmente in quel preciso momento che aveva deciso di non combattere per lui. No, Vic non avrebbe mai rubato l’uomo ad un’altra donna, specie se quest’uomo era capace di dedicarle parole del genere ma in quei mesi era successo, cazzo… Damiano ricordava ogni secondo di passione e tenerezza di quei momenti insieme. Ogni profumo, sospiro. Come poteva rinnegarli ora? E poi quali erano queste cose più importanti?? Gli aveva detto che l’aveva sempre data per scontata e che l’aveva usata quando le cose tra lui e la fidanzata andavano male. Chissà, forse aveva ragione lei, forse aveva colto solo l’occasione senza rendersi conto di ciò che stava rischiando di rovinare. Ma ora che Victoria si era allontanata davvero, Damiano iniziava a capire che la vita senza di lei  faceva abbastanza schifo.
La osservò di nuovo dal suo posto, rigorosamente lontano, stando ben attento a non farsi scoprire. La vide sistemarsi sul sedile sempre troppo scomodo per la sua schiena malandata e chiudere di nuovo gli occhi. In fondo Thomas non aveva poi tutti i torti quando la prendeva in giro: la bassista non faceva altro che dormire da quando avevano iniziato il tour. E poi la vedeva più scarica, più svogliata. Damiano aveva la segreta paura che non le piacesse più quello che stava facendo o ancora peggio, di essere l’unico responsabile del suo cambiamento. Anche lui ce la metteva tutta per essere sempre al top ma gli mancava quella spinta, ora che il loro rapporto si era così raffreddato. Avrebbe tanto voluto prenderla da parte e dirle che aveva commesso un grave errore, che era stata solo la gelosia ad accecarlo e che non poteva perderla per nessun motivo. Avrebbe voluto sedersi accanto a lei e offrirle la sua spalla per riposare o magari farsi dei selfie stupidi, vederla fare le boccacce e sentirla ridere fino alle lacrime con quel suono tanto fastidioso ma il suo orgoglio gli impediva di compiere il primo passo. Si sentiva in qualche modo tradito e allo stesso tempo traditore ma soprattutto si arrabbiava con se stesso per quel senso di smarrimento che provava senza di lei accanto. Non poteva dipendere tutto da quella ragazza. Non doveva.
“Thom, puoi aprire un po’ il finestrino?”
La sentì chiedere con voce stranamente lamentosa all’amico seduto davanti a lei.
“No Vic, ce stà l’aria accesa!”
“Te prego, sto a soffocà!”
“Eddai, tra poco semo arrivati. Nun fa’ i capricci!”
L’espressione costernata della bassista  costrinse il cantante a mettere da parte il suo smartphone per tendere l’orecchio. La vide agitarsi, slacciando un paio di bottoni della camicia con ansia crescente. Il suo viso imperlato di sudore era diventato di colpo bianco come uno straccio. Non stava facendo i capricci, questo era evidente. Anche Chili sembrava essersi accorta delle difficoltà della sua padrona,  perché si era alzata nel trasportino ed ora cercava di attirare la sua attenzione. E se avesse avuto uno dei suoi attacchi di panico lì sopra in mezzo a tutti? Non era da Vic non protestare, lei avrebbe fatto fermare un intero pullman con i suoi modi sempre un po’ sopra le righe. Invece ora se ne stava lì, immobile con gli occhi di nuovo chiusi, facendosi aria con il volantino di un parco acquatico delle vicinanze.
Stava per intervenire, quando vide Leo alzarsi dal suo posto per avvicinarsi a lei e forzare il finestrino accanto a Thomas.
“Ma che cazzo fai?” Fu la pronta protesta del chitarrista, che non si aspettava certo quella intrusione improvvisa.
“Nun vedi che se stà a sentí male?!” Rispose con forse un po’ troppa foga l’assistente. Victoria aprì di nuovo gli occhi, guardandolo come se non capisse ciò che stava succedendo. Damiano era sconcertato, non aveva mai visto Lello così impanicato come in quel momento.
A quel punto anche Thomas e gli altri parvero rendersi conto di ciò che stava accadendo e concentrarono la loro attenzione sulla ragazza.
“Vic, che c’hai? Te senti male? Devi vomitare??” “Tié, bevi un po’ d’acqua fresca e vedrai che te senti subito mejo!” “Non ha nemmeno mangiato a colazione, te credo che sta così…” “Magari co’ un po’ de zucchero…”
Leo si pentì all’istante, forse avrebbe fatto meglio a non attirare tutte quelle attenzioni su di lei. Vic sembrava in imbarazzo, come se volesse scappare da quello spiraglio aperto dal finestrino. Non guardava nessuno ma Damiano sapeva che era l’unica persona lì dentro a poterla aiutare.
Senza dire niente a nessuno, raggiunse il conducente e lo pregò di accostare il prima possibile. Lanciò un’occhiata a Leo, il qualche lo ricambiò con un cenno di assenso.
Ci vollero solo un paio di chilometri per arrivare alla stazione di servizio successiva. Damiano, come tutti lì sopra, sapeva quanto potesse essere rischioso fermarsi in mezzo alla gente. Di sicuro li avrebbero riconosciuti, fotografati e ci avrebbero messo un’eternità prima di riuscire a rimettersi in viaggio.
Non appena furono fermi, si avvicinò alla ragazza con il suo modo più rassicurante. Sperava che non fosse così cocciuta da rifiutare l’aiuto solo perché era lui a darglielo.
“Forza Victò, usciamo de fòri. Chili deve prenne 'n po' d'aria...” Abbozzò un sorriso incerto, tendendole la mano per aiutarla ad alzarsi.
Vic la osservò assorta per qualche istante prima di decidersi ad afferrarla. Si sentiva debole, stupida ma anche molto riconoscente. Aveva le gambe  che le tremavano e il sudore freddo lungo la schiena. Ogni giorno che passava si rendeva conto che diventava sempre più difficile nascondere la sua condizione ma allo stesso tempo era convinta di dover rimandare  ogni decisione a dopo la chiusura del tour. Leo continuava a farle pressioni ormai da un paio di giorni ma lei non riusciva a fare altro che chiedergli tempo. Chi meglio di lui poteva capire? C’erano in ballo milioni di euro, sponsor, hotel, norme rigide da seguire e spostamenti di persone da tutto il continente. E poi c’era il nuovo album da promuovere, l’imminente promozione negli States e di nuovo le date europee. Come poteva uscirsene con quella notizia e rovinare ogni cosa? Come poteva solo chiedere una pausa? Ma soprattutto come poteva dirlo a lui? Ci aveva provato, Dio solo sapeva quanto; ci aveva provato in più occasioni ma tutto sembrava agire contro di loro.
Dopo la nottata passata con Leo, seduti sul pavimento del bagno di un hotel a cinque stelle, Vic aveva fatto i pensieri più sconnessi: aveva pensato di dargli retta e parlare subito con Damiano, poi aveva risolto che sarebbe stato meglio interrompere subito la gravidanza, prima di creare troppo scompiglio e soprattutto prima di affezionarsi all’idea di maternità, che, suo malgrado, faticava a scacciare. Infine aveva persino pensato di mollare tutto e andarsene via lontano: in fondo i ragazzi sarebbero stati bene anche senza di lei, avrebbero continuato a scrivere, comporre e magari un nuovo componente ancora più fregno avrebbe persino giovato al loro successo. Poi aveva capito quanto fosse stupida quell’idea: dove sarebbe potuta scappare? In Danimarca forse? In America? In Thailandia? E poi come? Da sola con un figlio da crescere? Non sarebbe riuscita a nascondersi per sempre e Damiano non l’avrebbe mai perdonata. Era un’idea così assurda e malsana da non poter nemmeno essere presa in considerazione. L’alternativa era una sola e, benché la considerasse una rinuncia terribile, sapeva benissimo che era l’unica possibile. Da allora passava momenti altalenanti, durante i quali si diceva che doveva parlare, per poi convincersi che non doveva farlo affatto. Forse avrebbe fatto meglio ad arrangiarsi, e lasciare che tutto scorresse così come doveva: lei e Damiano sarebbero rimasti amici per il bene della band, magari non così amici come prima ma pur sempre compagni di viaggio. Colleghi. Perché dirglielo? Perché metterlo in una posizione così scomoda, quando non c’era alcuna possibilità per loro due?
Scesero lentamente, l’aria autunnale li accolse come uno schiaffo e per un attimo Damiano ebbe la sicurezza di aver fatto una cazzata a portarla lì fuori.
“Lellí, passame la giacca intanto che stai a scenne!”
L’amico, ancora dentro al bus, gli fece segno attraverso il finestrino senza capire una parola.
“La giacca de Vic, Leo! La giacca…” Ripeté il cantante, cercando di farsi capire a gesti. A quel punto l’assistente porse il cappotto ad Ethan, il quale stava per scendere a sua volta.
“Tieni Vic, fa freddo…” Il batterista le posò la giacca sulle spalle con un gesto così dolce e paterno, che anche Damiano ne rimase sorpreso. Doveva ammetterlo, da quando i suoi rapporti con lei erano cambiati, la ragazza aveva legato tantissimo con Ethan, non in modo sconveniente, questo mai, ma si rendeva conto che tra i due c’era una stima sempre maggiore e che Ethan, da ragazzino un po’ sfigato e fuori dal coro, si stava trasformando in un uomo affidabile e sempre più sicuro di sé. La ragazza gli sorrise appena, lasciando la presa del guinzaglio di Chili nelle mani rassicuranti del batterista. Lui e Damiano si scambiarono uno sguardo preoccupato; Ethan non gli era contro come Thomas, lui non disapprovava la loro relazione o qualsiasi cosa essa fosse. Per il batterista era una cosa normale, che esisteva prima che lui si unisse al gruppo e ci sarebbe sempre stata. Non ricordava di aver mai pensato a un Damiano senza una Victoria e viceversa e, benché riconoscesse gli errori di entrambi, sapeva che sarebbero sempre stati molto peggio lontani, che uniti.
Gli amici passarono accanto a loro, sfilando uno per uno, senza nemmeno fare l’atto di intervenire. Tutti sapevano che se c’era una persona che poteva aiutare la ragazza, questo era proprio il cantante. Era la normalità, Vic e Dem erano un tutt’uno, nessuno di loro avrebbe osato dire il contrario, benché conoscessero tutti le loro fidanzate.
Victoria se ne stava con il volto basso, cercando di concentrarsi sul proprio respiro per non cedere alla nausea. Se solo avesse potuto, si sarebbe nascosta dietro ad un cespuglio per vomitare. Ma vomitare era fuori questione. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di evitarlo. Sentiva lo sguardo indagatore di Damiano, lì accanto a lei. Era preoccupato e titubante, incerto se toccarla o rimanere solo in disparte. Era la prima volta che non si parlavano per giorni dopo una lite, solitamente era Damiano, che dopo essersi sbollito, la cercava per mettere le cose a posto con un sorriso ma questa volta era diverso. Vic era diversa.
“Come va? Meglio?” Le chiese infine, seguendola verso il piccolo parco giochi vuoto, lì accanto all’ingresso dell’autogrill.
Vic annuì ma era chiaro che non si sentiva meglio. La vide fermarsi accanto ad una panchina, appoggiandosi al suo schienale senza sedersi.
“Victò, non è panico, vero?!” La ragazza negò con la testa, confermando i suoi sospetti. “Te devi magnà quarcosa… stai a diventà secca secca, lo sai che nun me piaci così…” La verità era che Damiano si stava iniziando a preoccupare sul serio. Aveva paura che fosse colpa sua, che Vic stesse cadendo in una sorta di depressione e che l’unica causa fosse la loro relazione tutta sbagliata, quell’eterno tira e molla, che non riuscivano a fermare. “Lo sai che queste cose so’ pericolose! Se inizia così e non se sà come se finisce. Te devi sforzà armeno per il gruppo! Nun li vedi come stanno persi senza de te?! Sai che famo? Te vado a prenne 'n bel toast ar prosciutto de quelli che te piacciono tanto a te. O magari vedo se c'hanno quarcosa che pòi magnà, che ne sò, delle patatine. Per oggi nun te rompo manco er cazzo con la dieta sana, ce stai?”
Victoria sbiancò ancora di più. “No, te prego. Va bene così… mó me ripijo!”
Damiano si sedette sulla panchina, senza mai staccarle gli occhi di dosso. Sentì il telefono vibrare nella tasca dei pantaloni ma lo ignorò deliberatamente; non avrebbe permesso a niente e nessuno di intromettersi in quel momento. Sentiva gli occhi degli amici puntati verso di loro, probabilmente qualcuno stava comprando acqua, bibite energetiche, caramelle e tutte quelle cazzate che Vic amava sempre mangiare quando erano in viaggio.
Finalmente dopo un tempo che gli era sembrato infinito, la vide aprire gli occhi, di nuovo padrona di se stessa. Si decise a sedersi accanto a lui, anche se un po’ distante e si strinse nel cappottino color azzurro polvere, quello che a lui faceva impazzire.
“Grazie.”
Si limitò a dirgli con espressione riconoscente.
“E de cosa? Nun volevo che me vomitassi sulle scarpe…” Sorrisero entrambi ma Damiano si pentì subito della pessima battuta. Con lei era sempre stato difficile esprimersi. Non poteva solo dirle: Cazzo Vic, te amo troppo e me so’ cagato sotto quanno t’ho vista così? Doveva buttarla in caciara, fare il buffone, farla ridere. La osservò di sottecchi, senza avere il coraggio di fumarle accanto, nonostante ne avesse un bisogno disperato. Il suo volto stava riprendendo colore, con quelle guance rosse per il freddo, che gli ricordavano tanto i loro primi incontri.
“Che me stai a combinà? Ce la fai a sonà stasera?”
“Certo che ce la faccio! Per un po’ di mal d’auto! Lo sai che odio il tourbus!” Lo guardò finalmente negli occhi con quella sicurezza, che sapeva essere contagiosa. Notò che erano dello stesso azzurro chiaro della giacca, così limpidi e profondi. Avrebbe voluto accorciare le distanze e accarezzarle il viso ancora sudato e poi mandare a puttane tutto e tutti e baciarla, baciarla finalmente senza preoccuparsi, baciarla davanti agli altri che sapevano, senza mai averli visti una sola volta.
“Sei ancora arrabbiata per l’altro giorno, lo so! C’hai ragione, só stato uno stronzo!” Si sorprese delle sue stesse parole, come se gli fossero scappate dalla lingua senza che lui riuscisse a controllarle.
“No… non dirlo. ” La voce di Vic era ferma ed il suo sguardo fiero come sempre ma il movimento ritmico delle gambe le dava un ché di ossessivo.
“Ah no? E allora che famo?? Continuamo a non parlarce? Te fai sempre quella lì che nun je ne frega ‘n cazzo ma te vedo, sai? Te vedo che ce stai male pure te… Pensi che me ne freghi? Che non m’accorga de quello che te sta a succede? Lo so che è colpa mia… Che so’ stato il solito cojone, possessivo der cazzo! È per quello che ho detto a Luigi? Non me riesco a controllà quanno se tratta de lui. Guarda, famo ‘na cosa: vói vederte co’ Luigi? Bene, te vedi co’ Luigi. Vói tornà co’ Joy? Accomodati pure! Ma nun me dì che è per loro che hai voluto chiude perché nun ce credo manco per il cazzo! Te vedo, Vic. Lo so che ce stai male, che sei gelosa de Giulia come io de quello… e vedo che te dà fastidio che me la porto sempre appresso ma nun dici niente… È che io non so più come comportarmi. Te direi che la amo e che rimango con lei per questo ma poi lo sapemo che se fosse vero, non avrei mai fatto quello che ho fatto…”
“No dai basta… Che stai a dí?”
Victoria sembrava spaesata. Di certo non si aspettava quel genere di discorso, lei che era tutta così concentrata sul suo di torti e che voleva solo scappare da tutta quella situazione paradossale.
“La verità.”
La verità. Vic sorrise nervosamente, spostandosi i capelli dal viso. La verità era una ed era enorme. Così grande che aveva la sensazione che la divorasse dal di dentro come una enorme bocca. La verità era che aveva paura, si sentiva una codarda a rimandare, perché in fondo sapeva che Damiano se la meritava quella verità e che prima o poi sarebbe comunque venuta in superficie. Prese un profondo respiro, non doveva guardarlo negli occhi, altrimenti non ce l’avrebbe mai fatta.
“No… la verità è che dobbiamo parlare… “
“Lo stiamo facendo.”
Ma perché doveva essere così difficile? La ragazza si concentrò sugli anelli dorati alle proprie mani per poi rivolgere lo sguardo verso l’altalena abbandonata a pochi passi da loro.
“Sì ma… te devo dì ‘na cosa importante e non so… io non…”
“Scusate… Potreste fare una foto?!”
La timida voce di una signora si fece strada tra di loro, interrompendo la sua sofferta confessione.
Damiano si voltò visibilmente scocciato ma poi vide i visi delle due bambine, che lo guardavano con ansia e adorazione e la sua espressione cambiò di colpo.
“Certo!”
Vide subito Vic fare spazio tra di loro per accogliere le bimbe e si mise in posa mentre la madre faceva la foto.
“Come vi chiamate?”
Fecero tante foto e scrissero lunghe dediche, godendo di quei sorrisi così felici ed innocenti. Era sempre stato così con i loro piccoli fans, non li avrebbero mai delusi. Mai.
“Daje regà, in carrozza che se parte! Arriveremo in ritardo per il soundcheck se nun ce sbrigamo!”
A quel punto videro tutto il gruppo sfilare davanti a loro, Lello con il suo immancabile cappellino, li osservava in modo insistente. Li stava filmando, tanto per cambiare. Damiano si irrigidì non appena riconobbe l’obiettivo, succedeva ogni volta. Victoria capí subito che la sua occasione era persa irrimediabilmente. Sarebbe stato perfetto, una confessione in grande stile con le due piccole fans ed il supporto mediatico del loro assistente, fissato con i documentari verità.
Salutarono la famigliola e si incamminarono a passo spedito verso il gruppo, là dove Victoria recuperò la cagnolina dalle mani di Ethan.
Damiano la seguiva con espressione confusa. Aspettò che si sedesse al suo posto e questa volta le si mise accanto tra il vociare allegro del gruppo. Il motore ripartì e le campagne ricominciarono a scorrere davanti ai suoi occhi attraverso il finestrino.
“Che me dovevi dì?”
Damiano, le sussurrò all’orecchio, quando vide che tutti non facevano più caso a loro.
“Niente, Dam. Niente…”


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