Capitolo 10

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Erano rimasti abbracciati così per ore, senza dire nulla. Avevano fatto di nuovo l’amore, questa volta in modo più dolce, più lento, assaporando ogni istante della loro unione, che sembrava andare al di là dei loro corpi. Vic sapeva essere così tenera e materna a volte, anche in quel momento in cui lui si sarebbe messo a piangere di desiderio e paura, lei lo aveva cullato in una danza delicata, così diversa dall’amplesso selvaggio della sera prima.
Non aveva protestato quando le aveva detto che l’amava ma non gli aveva nemmeno risposto. Del resto quante volte glielo aveva già detto? Non era una novità che i suoi sentimenti fossero quelli, Damiano non se ne vergognava più da tempo, solo cercava di non metterla in difficoltà. Ma ora non esisteva più alcun imbarazzo tra di loro. Non si erano mai sentiti più completi.
“Che facciamo adesso?”
Era sua quella voce profonda e preoccupata? Rimaneva immobile, nudo sopra alle lenzuola di quella stanza d’hotel con le dita intrecciate nei fili dorati dei capelli di lei ed il telefono spento, nascosto nella tasca dei suoi pantaloni, che dovevano essere lì per terra da qualche parte.
“Nulla…”
La sentì stringersi appena nelle spalle e la abbracciò più forte.
“Lo so che quando ci alzeremo, tu scapperai via da me…”
Questa volta lei si staccò appena dalla sua stretta, posandogli addosso i suoi occhi di ghiaccio.
Damiano continuò ad osservare il soffitto sopra di loro per paura di cedere all’emozione.
“Non dovevamo farlo… questo lo sai anche tu.”
Vic non sembrava voler scappare da ciò che era successo, di sicuro non era una che non si prendeva le proprie responsabilità, ma a quel punto sembrava solo rassegnata.
L'uomo protestò.
“Dimmi come può essere sbagliato…? Come possiamo dire che tutto questo è sbagliato se stiamo così bene?”
“Lo sai che non riguarda solo noi…”
“Già… non siamo mai stati solo noi…”
Sospirò avvilito. Quanto sarebbe stato più semplice se non si fossero cacciati in quell’enorme vortice di successo, che li aveva risucchiati. A volte si sentiva come intrappolato dentro un tritacarne senza via d’uscita.
“Cercheremo di non farlo succedere più, ok?! Promettimelo, Dem.”
Vic si era alzata su un gomito, i capelli le lasciavano scoperto il seno e lui si chiese come aveva fatto tutto quel tempo a guardarla e a resisterle. Scosse la testa, sorridendo mestamente.
“Sapevo che lo avresti detto… ”
“E allora? Trovami tu una soluzione se ce l’hai…” Ribatté lei con quel misto di sfida e aspettativa.
“Non ce l’ho una soluzione… io vorrei solo che fosse più semplice. Vorrei dividere la nostra vita i compartimenti stagni e non permettere che una parte rovini sempre l’altra…” Si passò le mani sul viso per poi stropicciarsi gli occhi stanchi.
“Che vuol dire, in compartimenti stagni?”
“Nulla Victò…  Vuol dire che sono un egoista del cazzo e che vorrei poter lavorare con te di giorno ed essere tuo amico come lo eravamo una volta... e giocare e scherzare… e fare la pazza Damiana di sempre. E poi vorrei stringerti ogni notte e sapere che sei mia e di nessun altro e vederti crescere vicino a me… senza perdere ancora così tanto tempo.”
“E Giulia?” Questa volta era più fredda.
“E Joy, allora? Non ho ancora capito che cazzo siete voi due! Non capisco se la ami… Se vivete insieme…”
“Io e Joy abbiamo un rapporto molto aperto… lei capisce la situazione non vuole legarmi…”
“Come me?” L’uomo terminò la frase con amarezza. In fondo lo sapevano che il problema era quello. Damiano era un geloso, che non sarebbe mai riuscito a separare il lavoro dall’amore con lei. Non ci riusciva nemmeno ora, che non stavano insieme.
“Ognuno è fatto a modo suo…”
A quella risposta così inutile e serafica, l’uomo proprio non riuscì a resistere e si mise su un fianco, dritto di fronte a lei.
“Ma perché devi sempre essere così accondiscendente, cazzo?!”
“Che vuoi che ti dica? Che è impossibile far funzionare le cose? Lo sai anche tu che lo è… Stamo a combinà ‘n bordello, Damià… fermiamoci prima che sia troppo tardi.”
“Ok, allora fermiamoci. Ma dimmi che senso ha venire a letto con me per poi dire che è sbagliato? Lo sapevamo, lo abbiamo sempre saputo, no?! E allora perché cazzo lo hai fatto? Ti sei resa conto che hai fatto tutto tu, non è vero? Io dopo il bacio in casetta non avrei mai e poi mai provato a…” Damiano si era alzato a sedere ed ora anche Vic lo aveva seguito come punta da un’ape.
“Ok dai, è stata colpa mia allora. Sono io che non mi so controllare! Se ti fa sentire meglio mi prendo tutta la responsabilità e vaffanculo! Scusa… beh… Scusa se ho violato il tuo onore, caro il mio principe azzurro!”
Era scivolata fuori dal letto e non lo guardava nemmeno, stava cercando i vestiti sul pavimento e tra le coperte in modo forsennato, come se volesse uscire il prima possibile da quella stanza.
“Ehi ehi… non ho mai detto questo. Ho solo detto che cercavo di rispettati, che se non fossi stata tu ad acconsentire, avrei continuato a stare lontano ma non possiamo starci…”
L’uomo trovò il perizoma di pizzo della ragazza tra le coperte e glielo lanciò in modo scherzoso, come se fosse una sorta di elastico. Si aspettava quel genere di situazione, in cui lei sarebbe stata devastata dai sensi di colpa e lui si sarebbe sentito di nuovo rifiutato ma in fondo al suo cuore, continuava a  rivivere forti le sensazioni di quella notte e si diceva che non tutto era perduto.
“E come pensi di vivere in questo modo? Nascosti da tutti quanti? Quanto ci metteranno prima di scoprirci? Sai quanti anni è che ci tengono d’occhio? Non possiamo muovere un muscolo che abbiamo un cazzo di paparazzo dietro al culo e…”
Toc toc
Entrambi si immobilizzarono.
Chi poteva essere a quell’ora del mattino? Avevano fissato la partenza per le dieci ma non erano nemmeno le otto.
“Vic?? Vic, ce stai? Lo so che sei sveja! Aprime, so’ Leo!”
Gli occhi a mandorla della ragazza si allargarono a dismisura. Che doveva fare?
“Sì, Lé…. Sto a fa la doccia… Mò te apro!”
Damiano scattò sull’attenti, mentre entrambi cercavano un nascondiglio abbastanza grande per lui. L’armadio era troppo piccolo e pieno di abiti, sotto al letto gli faceva schifo, nudo com’era. Decise di precipitarsi nel bagno, passandole una salvietta da avvolgersi intorno al corpo.
“Eccomi… che c’hai? È successo qualcosa?”
Aprì la porta, ritrovandosi la telecamera dell’assistente puntata dritta in faccia.
“Te prego, Lé… spegni sta cosa. Sono un cesso a quest’ora…”
Il ragazzo obbedì subito, cercando di entrare nonostante la ragazza rimanesse sulla porta.
“E che nun se trova più Damiano. Non è rientrato nella sua stanza stanotte…"
Vic sentí come un tuffo al cuore.
“E allora? Sarà in giro… magari è uscito presto per visitare la città senza i fan…”
Leo sorrise con quel suo sguardo da bambino furbo e discolo.
“Certo… o magari è qui con te?!”
“Qui dove?” Cercava di mantenere la calma ma si sentiva scoperta. Leo entrò nella stanza senza mai perdere il sorriso.
“Non saprei, immagino qui in bagno…”
Bussò alla porta e la aprì senza attendere la risposta, ben sapendo cosa avrebbe trovato al suo interno.
Damiano era nudo, con una minuscola salvietta bianca a coprirgli i fianchi e una espressione strafottente dipinta sul volto.
“Embé….? Che c’hai da guardà, Lellí?!”

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