Capitolo 31

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Seconda parte

“Beh, ora non siamo più dei cazzo di bambini!”
Damiano non avrebbe voluto suonare così patetico ma non riusciva a trattenersi. Perché non si poteva mai ragionare con lei? Proseguì con maggiore impeto, cercando di rivendicare il proprio diritto di avere dei sentimenti.
“Pensi che sia stato facile per me in tutti questi anni? O noi o il gruppo! Beh certo… prima viene sempre  il bene della band…” La interruppe ancora prima che Vic potesse esprimere quel pensiero, che ormai entrambi conoscevano a memoria.“E il nostro di bene allora?”
“Questo è il nostro bene.” Rispose secca, ponendo volutamente l’accento sul verbo al presente. “Ma poi de che volemo parlà? Te sei nascosto quanto me. Volevi tenerti tutte le strade aperte! Lo abbiamo deciso insieme. O forse sbaglio?”
Sbagliava.
“E certo, perché anche allora quale scelta m’hai dato? Non avemo manco provato a cercà altre soluzioni perché quanno semo usciti de là le cose sò cambiate! Dovevamo pensà alla carriera, non è vero?!"
“Ah Damià, ma se te sei messo co’ una ner giro de venti minuti!! Ora basta con la stronzata del gruppo. Qui l’unico bene della band è stato che io ho deciso de restà amica tua anche quanno sei annato co’ quella!”
Il tono della ragazza era tagliente come la lama di un rasoio. La stava davvero rimproverando per non aver lottato per il loro fantomatico amore, quando lui era rimasto single sì e no due settimane in tutta la sua vita?
“Con chi?? Che cazzate te racconti, Victò!?” Rispose l’uomo visibilmente colpito.
“Ma credi davvero che sia così cretina? Che non sapessi che stava a succede?”
Voleva ferirlo, voleva che aprisse gli occhi e si rendesse conto che solo perché non lo mostrava, non voleva dire che non provasse dei sentimenti. Lui l’aveva ferita e lei si era trincerata nella sua riservatezza di sempre per non farsi vedere debole, per orgoglio. Perché qualsiasi vita sarebbe stata meglio della vita senza di lui.
“Io e Giulia ce sentivamo e basta…"
“Nun sto a parlà de lei! E comunque le sei corso dietro per anni! C’avevi proprio er pallino pe’… ”
“Attenta a quello che dici!” La redarguì lui, colpito da quelle parole.
“Perché? Non è vero??”
“E che dovevo fa’, sentimo? Dovevo aspettarte come la Madonna? Almeno per qualcuno ero importante!”
“Certo, perché tu devi sempre essere il più importante, il più desiderato, il più bello, non è vero?! Devi sentirti gratificato! Mi ero appena lasciata per te, che altro dovevo fare?”
“Provarci, cazzo!!”
“Sé… provare che? Credi che non sappia da quanto ve conoscevate voi due?”
Vic aveva ragione, negare l’evidenza era sempre stato il suo metodo preferito ma non in quel frangente, in cui Damiano sentiva che c’era troppo in ballo per fare qualche stronzata.
“Ok, ce conoscevamo ma non stavamo insieme… io non avevo la testa e lei… beh lei non si è mai fidata completamente!”
“E certo che nun se fidava… c’avevi la fila fori dalla porta!”
“Perché te no??” La gelosia era sempre lì in agguato.
“Nun ce provà!!”
“Lo sai che non è mai stata ‘na cosa seria…!”
“Ma ora la è… ora sì che è ‘na cosa seria!” Esclamò la ragazza, troncando sul nascere tutte le sue scuse.
Damiano abbassò lo sguardo sopra la punta dei propri anfibi. Annuì mestamente, consapevole di ciò che era successo.
“Ok. C’hai ragione te! Ce stò… è diventata ‘na cosa seria…"
“E certo! E girala come te pare ma tra me e te non c’è mai stato nulla di così serio… semo sempre stati dù scopamici der cazzo!”
Brutta quella parola. Damiano l’aveva sempre odiata ed ora gli sembrava un vero e proprio insulto ai suoi sentimenti, a tutto ciò che c’era stato veramente. Si sforzò di mantenere la calma, posizionandosi proprio davanti a lei, avrebbe potuto toccarla ma non lo fece. Si morse le labbra, cercando le parole adatte ma quando parlò la sua voce risultò seria e greve, più di quanto si aspettasse.
“Ok. Vedila come te pare, se te piace pensarla così fai pure ma… mó ne dovemo parlà pe’ forza… Anche se non lo vòi sentì ne parlamo perché me so stufato de tutte ‘ste stronzate che te racconti e me racconto pur’io da ‘n sacco de tempo. Io le vojo bene a Giulia, forse per un certo periodo me so pure illuso de poterla amà, de poter far funzionare le cose ma… Guardarce cazzo, Vic… Guardace! Non se pò… Io e te saremo sempre legati, che tu lo voglia ammettere o no, gli altri saranno sempre un ripiego!”
“Ce mancavano solo le puttanate sul destino! Te conosco, Damiano… te conosco  e Giulia non è mai stata un ripiego!”
Lo provocò la ragazza, ormai esasperata da quel discorso. Era sempre così con lei, sempre cocciuta come un mulo, sempre pronta a metterlo all’angolo con un paio di parole. Damiano non aveva mai davvero vinto un confronto con Vic, era come se di fronte a lei tutto il suo innato fascino non avesse alcun effetto e questo lo mandava fuori di testa. Damiano si prese un secondo per ragionare.
“Ok, che cazzo vuoi che ti dica? Che me fa schifo? Ovviamente no... Dovevo pur annà avanti, te nun me inculavi proprio… ma le cose so’ cambiate da quanno tu ed io… Lo sai, no?! Io ce posso pure stà pe’ mille anni… ma lei non sei te!!”
Era così frustrante doverlo ammettere ad alta voce, quando in realtà entrambi lo sapevano da sempre. Giulia lo aveva aiutato in un momento di gloria e di crisi insieme, era stata un porto sicuro al quale tornare quando si sentiva sopraffatto da ciò che gli stava capitando nel mondo esterno. E poi era stato un diversivo, qualcosa per cui lottare per non rimanere legato ad una relazione così totalizzante, irrealizzabile e a tratti morbosa come quella che aveva con Vic. Perché ormai si sapeva, Vic era una bambina del cazzo, Vic aveva un carattere troppo forte, Vic era solo lavoro e di sicuro non era la donna giusta per lui, nonostante il mondo insistesse per fargli ammettere il contrario. E lei lo sapeva, anche Victoria era consapevole che Giulia era stata la loro unica possibilità di far funzionare le cose, un bellissimo alibi per non cadere in tentazione. In più di un’occasione le era stata persino grata, perché altrimenti non sarebbero mai riusciti a resistere così a lungo. Nonostante ciò, decise di non mollare e rimanere fedele alla sua linea. In qualche assurdo schema della sua testa, Victoria aveva la sensazione che se il ragazzo fosse arrivato ad odiarla almeno un centesimo di quanto si odiava lei stessa in quel momento, allora sarebbe stato tutto più facile.
“So’ cazzate e lo sai, sono tutte cazzate! Ci sono sempre state altre persone tra di noi… Avevamo altro per la testa.”
“Tu forse. Tu avevi altro per la testa! Persino un muro se sarebbe accorto che pendevo dalle tue labbra come un fottuto burattino! Tutti se ne sono accorti là fuori. Tutti!”
Stava alzando la voce, incapace di trattenersi. Victoria alzò gli occhi al cielo. Non avevano mai fatto quel discorso così apertamente ma era come se lo avessero fatto milioni di volte dentro loro stessi.
“E che altro avremmo dovuto fare secondo te? Nasconderci per sempre?”
“Provare, vedere dove saremmo potuti arrivare.”
“Oh ma certo… come ho fatto a non pensarci!?” La ragazza scoppiò a ridere. Una risata stanca e colma di sarcasmo, che sapeva lo avrebbe ferito. “Continuare a nasconderci ma per quanto? Giocare??  Fingere? E quanto avremmo resistito secondo te? Potevamo litigare e lasciarci nel bel mezzo di un tour e mandare tutto a puttane! Perché è così che succede, vuoi che ti elenchi tutta la gente che non ha retto il colpo?”
“No te prego, risparmiami…”
“E tutte quelle cazzate allora? Tutte le volte che dicevi che mi vedevi come una sorella?”
“Guarda che sei stata tu a tirare fuori fin da subito questa cosa dei fratellini quando ancora stavi con quer cojone del tú ex… Perché te lo sai che nun me poteva vedé! Io me so’ sempre fatto li cazzi mia, rimanendo lì e guardandoti passare da un errore all’altro come se me la volessi fà pagà…”
A quel punto la vide mettere da parte il basso ed alzarsi di nuovo dal letto.
Aveva esagerato, Damiano questo lo sapeva e si sentiva in colpa per non riuscire ad essere il compagno fedele e protettivo, che la situazione avrebbe richiesto ma era sempre stato geloso marcio delle sue storie. Odiava pensarla con altri, pensare alle loro mani su di lei.
“A te!? Volevo farla pagare a te?? ” Victoria era fuori di sé. “E per che cosa, sentiamo? Per il tuo essere così fottutamente irresistibile?”
Lo colpiva sempre nella sua vanità e, se da una parte questo lo infastidita, dall’altra era come liberatorio. Con lei non era mai dovuto essere schiavo del personaggio.
La vide camminare nervosamente dall’altro capo della stanza, le gambe nude e i piedi scalzi come sempre. Ora che la osservava bene, così dimagrita ed infuriata com’era, realizzò che non c’era una sola parte di lei che non amasse.
Vic non fece caso al suo sguardo rapito e continuò con rabbia crescente.
“E poi anche se fosse? Anche se mi fossi fatta una tipa diversa tutte le sere? Se mi fossi scopata uno a caso o due o cento, pensi che lo avrei fatto per te? Per infastidirti? Non eri tu quello del siamo liberi di essere quello che siamo? Non era questo il messaggio? O vale solo per gli altri? Per la stampa?”
Damiano si alzò a sua volta con maggiore calma, nonostante in lui sentisse montare la tempesta. Quel discorso, quel cazzo di discorso la faceva diventare matto. Si allontanò misurando la stanza a lunghi passi nervosi. Avrebbe solo voluto accendersi una sigaretta e mettersi a piangere. Perché? Perché quella ragazza doveva sempre essere così cocciuta e pungente? Perché gli faceva perdere la pazienza in quel modo? Si fermò nel mezzo della camera e cercò di calmarsi, passandosi una mano tra i capelli, l’altra ferma su di un fianco e lo sguardo puntato dritto a terra. Era così stanco di tutta quella storia, dei messaggi positivi da dare al pubblico, era stanco delle scelte artistiche e delle responsabilità sociali. Sapeva che era il prezzo da pagare per fare ciò che aveva sempre sognato ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivato il momento, in cui tutto ciò gli sarebbe andato troppo stretto.
Vic rimaneva lontana in un angolo, come se con la lontananza potesse stupidamente rimediare a ciò che era successo tra di loro.
L’uomo inspirò a fondo, cercando di riprendere il controllo, per sputare infine le uniche parole che gli sembravano avere un senso in quel momento.
“Mò basta... Basta, basta… lo vòi sapé che messaggio c’ho, Victò? Che me so’ proprio rotto ‘r cazzo de’ messaggi! Qui l’unica cosa chiara che dovevamo dí a tutti fin dall’inizio è che noi ci amiamo. Cazzo, se vede che c’amiamo! Non permettere che rovinino anche questo!”
Aveva sollevato lo sguardo, pur non volendo davvero intercettare quello di lei. Ma i loro occhi si incontrarono per una frazione di secondo, prima che fosse Victoria a distoglierlo imbarazzata; non era pronta a tutto questo, non riusciva a sostenere la sincerità di quelle parole. Mentre lui si sentiva ferito per quello che vedeva come l’ennesimo rifiuto ma anche incredibilmente più leggero per aver dato finalmente voce a ciò che stava lì, sepolto dentro di lui da anni.
“Lo sai meglio di me che non avrebbe mai funzionato! Abbiamo due caratteri troppo forti. Saremmo scoppiati dopo qualche mese, ci saremmo odiati e addio musica, addio gruppo… Addio tutto quanto!”
“Perché adesso invece? A cosa è servito evitarci per anni, se ora ci ritroviamo a questo punto? Questa cosa c’è, Victò. C’è sempre stata. Per quanto cerchiamo di combatterla o nasconderla, dobbiamo affrontarla, non la possiamo estirpare!"
Damiano era profondamente convinto dell’autenticità dei propri sentimenti, solo ora si rendeva conto di quanto aveva dovuto sacrificare per raggiungere il suo sogno. Il loro sogno.
“Non è vero. Abbiamo raggiunto un equilibrio invece…”
“E ti sembra un equilibrio? Vivere insieme giorno e notte, fingendo di essere qualcosa che non siamo. Ma me vedi? Non t’accorgi di come te guardo? Non ti accorgi di chi sono? Tutto il resto del mondo lo sa, cazzo! Solo tu fingi di non vederlo.”
La ragazza alzò gli occhi al cielo come se non sopportasse nemmeno più il suono della sua voce.
“Smettila, Dem! Parli come se fossi la vittima del mondo intero! Come se ti avessi rifiutato, lasciandoti in un angolo solo a guardare mentre io me la spassavo con tutti. Perché mi devi far passare per quella che non sono? Anche tu sapevi che era l’unica soluzione e l’hai accettato fin dal primo istante per ottenere ciò che volevi. Ciò che volevamo entrambi. Ci hai giocato, lo hai fatto per anni e ti piaceva l’ambiguità. Ti piaceva che gli altri impazzissero e credessero nel cliché che fa tanto rock’n’roll del leader e della bassista insieme. Ma non è mai esistito, non siamo mai stati io e te!”
Damiano avrebbe voluto rispondere che si era sentito esattamente così: rifiutato, ma sapeva che non era tutta la verità. Lui era stato il primo a godere di quella situazione, non era mai rimasto in un angolo ma esattamente al centro del palco, al centro dell’attenzione, sotto il calore soffocante dei riflettori e aveva giocato, aveva sofferto, aveva attirato tutti gli sguardi su di sé, facendosi vedere onnipotente e vulnerabile al tempo stesso. Vic gli aveva cucito addosso un personaggio, lo aveva fatto con intelligenza, sensibilità e sì, anche con amore. In quel momento si rese conto che anche lei non aveva mai smesso di amarlo, semplicemente aveva scelto di amarlo da lontano, di amarlo così tanto da volerlo solo vedere brillare.
Maledizione! Sentiva le lacrime lì pronte a stringergli quel fottuto nodo in gola.
“Io non giocavo…”
Si limitò a dire con un filo di voce senza saper ribattere.
“Ma certo che lo facevi e ti piaceva pure… Volevi che la gente lo pensasse. Volevi dare loro ciò che chiedevano per attirare l’attenzione. Ogni sguardo, ogni gesto era sempre studiato a tavolino! Ed ora vuoi davvero dare tutta la colpa a me? Quando riuscirai a far sgonfiare un pochino quel tuo ego smisurato?”
Affondato.
Lo aveva affondato in un sol colpo, mirando nel suo punto più debole. L’espressione che Damiano le restituì era quella del ragazzino dal viso pulito che provava in camera sua, lo stesso che lottava per gestire quel magico dono che la natura gli aveva dato, senza ancora riuscire a capire davvero il suo posto nel mondo. Era così ingiusta. Quello era stato il rapporto più autentico di tutta la sua vita, Victoria non poteva pensare davvero che fosse tutto un bluff.
Non aveva le parole, si limitò a negare con il capo, sperando che la smettesse ma lei continuò con convinzione.
“Pensi che non lo sappia? Non c’è un gesto o una parola che lasci al caso quando si tratta del personaggio. Siamo degli attori là sopra, lontani dalla vita di tutti i giorni. Siamo quello che vogliamo far vedere di noi stessi. Lo hai detto tu.”
La voce della ragazza si incrinò appena, lasciandogli intravedere dietro alla corazza di impassibilità e orgoglio. Cercò di controllarsi a sua volta, anche se sentiva le emozioni in tumulto pronte per scoppiare. Non sapeva più cosa aspettarsi da lei, era così fragile, così diversa dalla sua Vic di sempre. Si avvicinò, sfiorandole le braccia incrociate al petto e cercando con insistenza i suoi occhi.
“Ok. Ascoltami ora… e fallo bene perché non lo ripeterò una seconda volta: io non ho mai, mai, mai finto interesse per te. Mai! Mi hai capito bene? È importante che tu lo sappia, che tu sappia che ho cercato in tutti i modi di tenermi lontano ma non ho mai giocato con te.”
Damiano era proprio lì davanti ma Vic non riusciva a fissare gli occhi nei suoi. La vide alzarli al cielo, nel vano tentativo di trattenere le nuove lacrime, che però la tradirono iniziando a scendere silenziose sul viso arrossato, nonostante lei ora cercasse di asciugarle goffamente con l’orlo della manica sgualcita. Non voleva che la vedesse così, non voleva sentirsi in quel modo, così nuda di fronte a lui, così spaventata.
A quel punto le sorrise, intenerito da quella scena. L’amava così tanto, che aveva l’impressione che il cuore gli sarebbe scoppiato nel petto. Si decise ad  accarezzarle i capelli per poi scendere alla guancia umida. Lei non si ritrasse ma poggiò una mano sulla sua, aggrappandosi quasi a lui e a quel contatto, del quale aveva così bisogno. Damiano inspirò il suo profumo così fresco e dolce, sempre lo stesso da che lui ricordasse. Lo inspirò avidamente, avvicinando la tempia a quella di lei come aveva fatto tante altre volte in passato.
“Non so che fare…"
La sentì mormorare, tirando su con il naso.
“Neanch’io.”
Si sentì rispondere con una voce che non riconobbe.
A quel punto lei si sciolse appena e Damiano non poté resistere all’impulso di stringerla forte a sé, baciandole la fronte.
“Io ci sono, mi hai capito? Ci sarò sempre.”
Finalmente lo aveva detto. Era stato solo un sussurro il suo, prima di sentirla crollare in mille singhiozzi ed era come se quel pianto gli sgretolasse il cuore. Le prese il volto tra le mani, asciugando le lacrime con i pollici.
“Lo so che sei spaventata a morte ma proviamoci questa volta. Facciamolo!”
Vic scosse la testa tra le sue mani, tentando di parlare tra i singhiozzi.
“Ma come? Come? Abbiamo commesso un errore gravissimo… Abbiamo tradito la fiducia di… di un sacco di persone…  Di Fabri, di Lello… e… e di tutti quanti. Li deluderemo. E Giulia?? Come farai? Siete appena usciti allo scoperto, hai aspettato per anni… E poi Joy? Lu… Oddio, Lú, non l’ho nemmeno richiamato dopo quella sera…”
Si staccò bruscamente da lui, nascondendo il volto tra le mani. Si vergognava profondamente per quel momento di debolezza. Da una parte si diceva che lo meritava, doveva pagare per ciò che aveva fatto, dall’altra però si sentiva così piccola, così spaventata. Erano settimane che cercava di evitare Luigi, si sentiva sporca nei suoi confronti, un vero mostro. “Come ho potuto? Come abbiamo fatto ad essere così stronzi? Proprio ora che avevo trovato qualcuno che mi amava … una persona normale, che…”
“Perché, io non sono normale? Non ti amo abbastanza?”
Damiano non aveva nemmeno pensato prima di parlare, sentendosi ferito e messo da parte. “Da quanto ve rivedete? Dú minuti? Non ti ricordi come ti ha trattata? Quella sera in cui sono venuto a riprenderti al… ”
“Non adesso, ti prego!”
Victoria cercò di svincolarsi, quasi si sentisse in trappola e lui fu costretto ad allontanarsi. Tutta la dolcezza di poco prima sembrava svanita nel nulla e Damiano perse di nuovo la pazienza.
“Credi davvero che eliminando il problema, allora tutto tornerà come prima? Che io possa rientrare a casa da Giulia e tu da lui e continuare con le nostre vite come se niente fosse successo?”
Vic non rispose ma si accucciò a terra accanto al mobile e per un attimo Damiano ebbe paura che si stesse sentendo male.
“Ehi, che c’hai adesso?”
Si accovacciò subito accanto a lei, cercando di scrutarne l’espressione.
“Nulla.”
Rispose asciutta senza guardarlo. Ma l’uomo la conosceva troppo bene per non rendersi conto di ciò che stava succedendo.
“Hai la nausea?”
Le chiese subito, riconoscendo la smorfia impercettibile sul quel viso, che ormai non aveva segreti.
Vic negò appena. Cercando di mettersi più comoda.
“Allora è la schiena…?!”
Concluse quindi il cantante con sicurezza. Erano anni che Vic aveva quel problema, come più o meno tutti i musicisti che conoscesse. Il fatto che suonasse giorno e notte da quando era una bambina, di sicuro aveva influito molto sulla sua postura, così come le molte cadute dallo skate. Era per questo che provava sempre seduta sulla sua sedia, sugli amplificatori o sui gradini di ogni palco d’Europa. Erano i segni della sua passione, così come i calli lasciati dalle corde ruvide e taglienti del basso sulle sue mani ancora così giovani. Ed erano proprio quei piccoli dettagli, di cui lei non parlava mai, che lui conosceva e che amava tanto di lei.
“Dai stenditi, te faccio un massaggio?”
Lo disse come se non fosse successo niente, come se fosse la loro solita routine. La vide però scuotere la testa e decise di non insistere. Si sedette lì accanto a lei, cercando di farsi vedere più sicuro di quanto non fosse in realtà.
“Hai preso qualcosa almeno?” Si riferiva chiaramente agli antidolorifici, suoi fedeli compagni di tournée.
“No… non posso. Ho appena fatto la puntura per il vomito…” Rispose lei con un sospiro stanco.
“Da sola??” Chiese l’uomo senza nascondere quanto lo sconvolgesse la sola idea.
Vic si limitò ad annuire, stirandosi appena per cercare di alleviare il dolore.
Era assurdo, cazzo. Assurdo che quella svitata avesse vissuto tutte quelle settimane senza dirgli nulla. Dovette fare un enorme sforzo per trattenersi dal farle una nuova ramanzina.
“E che dicono i dottori?” Avrebbe tanto voluto suonare meno apprensivo ma era nella sua natura, come diceva sempre Leo per prenderlo in giro: era lo spirito da crocerossina che era in lui.
La vide rispondere con una leggera alzata di spalle, che lo fece innervosire ancora di più.
“Ce sei annata, vero??” Ora il suo tono era decisamente allarmato. Poteva essere davvero così incosciente?
“Che vuoi che mi dicano? Che la nausea è normale...”
“No Victò… non è normale… lo sai anche te che non stai bene… Te sei vista? Non se dimagrisce così pe’n fijo!”
“Pare che possa capitare… Devo resistere ancora qualche settimana e poi forse andrà meglio.”
“E allora la schiena? Non credo che dovresti sonà così.”
“Cosa proponi? Che me ne stia seduta in un angolo? La schiena stà qua e me la tengo… il dottore dice che pó succede co’ i miei problemi… e che dipende dalla posizione… vabbè, non importa adesso…”
Chiuse la frase in modo sbrigativo con una lieve alzata di spalle. Non ne voleva parlare, si vedeva. Non voleva dirgli che doveva cercare di non zoppicare per il dolore che arrivava fino alla gamba, così come non voleva confessare che il suo primo colloquio con il ginecologo era stato un momento imbarazzante e traumatico, che l’aveva fatta sentire sbagliata e giudicata.
“E allora, che vuol dire? Annamo da n’artro… da uno specializzato … ho letto che ce stanno dei massaggi, della ginnastica apposta… ”
“Non ce stà niente, ok?! Non me serve niente… Nun ne vojo parlà. Qui il punto non è manco er mal de schiena o la nausea… il punto è che non ho più molto tempo, devo decidere e basta… Non so perché cazzo… Non avrei dovuto aspettare così tanto… ”
Vic nascose il viso tra le mani e ricominciò a piangere. Damiano si rese conto di quanto doveva essere stata paralizzante tutta quella situazione per lei, non riusciva nemmeno a pensarci. Sospirò, chiudendo gli occhi ed appoggiando a sua volta la testa contro il muro dietro di loro, per poi sbatterla di nuovo piano contro di esso.
Che cazzo di situazione!? Qualsiasi scelta sarebbe stata sbagliata e l’avrebbe fatta soffrire troppo e, se c’era una cosa che lui davvero odiava, era proprio vederla soffrire.
Si schiarì la voce, cercando lo sguardo della ragazza.
“Victó, ascoltame… Non esiste una soluzione facile lo so…  se solo… “ Si interruppe alla ricerca delle parole adatte. “Se solo potessi accollarmi io tutto quanto, credimi che prenderei su di me tutta la responsabilità. Però qui semo in due e…  Ok, provamo a ragionà solo per un secondo. Prova a spostare l’attenzione su di noi. Non sul contorno ma su di noi. Su quello che vogliamo io e te soli. Cos’è il resto alla fine? È per il gruppo? Beh, non si scioglierà certo per un bambino, se è ciò che temi. Semo più forti di quanto immagini... E poi… Per il tour? Ok, hai ragione. È un azzardo ma è lavoro, Vic... Un cazzo di lavoro che non può competere con questo!” Superò tutte le titubanze e le posò una mano sul ventre ancora invisibile sotto al maglione. Con sua sorpresa, Vic non protestò e non si ritrasse, spingendolo così a continuare. “Potremmo spostare solo qualche data… Esauriremo la promozione nelle radio e posticiperemo il resto in estate.”
La ragazza sorrise con espressione più disillusa, tirandosi indietro una ciocca ribelle.
“Ma che dici… ?"
“La verità.”
“No, non potremmo mai… E se qualcosa dovesse andare storto? Non ci hai pensato? Se io per esempio… Se non potessi più viaggiare? E poi cosa diremo alla gente, se ne accorgeranno subito!”
“E allora?? Dì che parlino…"
“No!! Non voglio! È la mia vita privata, cazzo! Abbiamo sempre detto che avremmo tenuto separate le due cose.”
Doveva immaginarlo, in fondo Damiano lo aveva sempre saputo: Victoria era un portento sul palco e con la stampa, era estroversa, giocherellona, pazza ma non avrebbe mai, mai lasciato che toccassero la sua privacy. Si mordicchiò le labbra, abbassando lo sguardo: quello era uno scoglio pressoché insormontabile. Non sarebbero mai riusciti a nascondere un simile segreto.
La ragazza continuò, certa delle proprie posizioni.
“E poi come puoi pensare di portare in giro per il mondo un neonato? Dovrei fermarmi, lo sai. Dovreste avere un bassista di riserva, mi rimpiazzereste in men che non si dica…”
L’uomo sorrise, intenerito da quelle insicurezze senza senso. Il gruppo non esisteva nemmeno senza Vic.
“Non ti rimpiazzerà proprio nessuno! Te ricordi che te diceva Marta? Tu sei la spina dorsale, senza quella nun se cammina. E poi ce sarò anch’io con te. Prenderemo una tata… E magari un pediatra, che ci segua durante gli spostamenti. Sarà tutto a spese mie, non graveremo minimamente sul resto del gruppo.”
Victoria si sentí sprofondare. Ma come poteva anche solo immaginare che avrebbe funzionato? Come poteva essere così ingenuo? E dire che lo aveva sempre reputato un tipo intelligente.
“Damiano…”
“No, prova… Prova a pensarci!”
“Io non voglio pensarci. Non lo voglio un bambino! Non ora! Quello che voglio è concentrarmi sul gruppo, su ciò che abbiamo già. Non voglio che cambi nulla, ok?!”
Ok.
Certo che era ok.
La decisione ultima spettava solo a lei e come poteva non capirla? Era ancora giovanissima per la maternità e, sebbene Damiano accarezzasse il pensiero di diventare padre, si rendeva perfettamente conto che un bambino avrebbe avuto bisogno di molto altro, oltre che al dottore e alla baby sitter: avrebbe avuto bisogno di una casa, di una routine, di una scuola e magari di un campetto, in cui trovarsi con gli amici a giocare a calcio o a cadere dallo skate. Eppure dentro di sé non riusciva a darsi pace alla sola idea di potersi sbarazzare di lui. Era loro figlio, un miracolo creato dalla loro unione, un po’ come lo era il gruppo stesso. Dovevano davvero liberarsi di un figlio per permettere all’altro di crescere? Era giusto? Era necessario? Se ne sarebbero pentiti? Il suo sesto senso gli diceva di sì.
“Nemmeno io voglio che cambi nulla ma guardaci… è già cambiato tutto quanto!” Victoria scosse la testa, continuando a tenere lo sguardo basso e lui proseguì con più comprensione. “C’è sempre una soluzione. Forse un tempo no, forse eravamo costretti a seguire le regole altrui ma ora basta… Guarda dove siamo arrivati. Ora le regole le dettiamo noi.”
“E allora??”
Vic odiava quello sguardo tronfio di chi pensava di avercela fatta. Lo odiava in quel momento, in cui si sentiva l’unica a dover rinunciare a tutto. Ma Damiano continuò, conscio di avere da perdere tanto quanto lei.
“E allora nessuno potrà mai dirci che è giusto o sbagliato. Siamo noi che ci gestiamo, noi che scegliamo, noi i produttori di noi stessi. Ok, siamo giovani lo so ma siamo abbastanza maturi; abbiamo vissuto più esperienze noi in questi dieci anni, di quante una persona normale riuscirà a viverne in una vita intera. E… abbiamo più soldi di quanti i nostri genitori abbiano mai garantito a noi e ai nostri fratelli.”
“Non sono i soldi…” Protestò la bassista con disprezzo.
“Lo so ma abbiamo anche un team enorme, c’è la tua famiglia e anche la mia impazzirebbe di gioia se solo sapesse. Te li immagini? Farebbero a gara per aiutarci…” Vic sorrise appena a quel pensiero e Damiano capì di avere una possibilità. “Abbiamo i ragazzi, Vic… Ma tu credi davvero che Ethan e Thomas siano così stupidi da non aver capito nulla?? Sono solo troppo educati ed intelligenti per dirci qualcosa. E poi c’è Chili… anche lei ne sarebbe felice!”
Victoria era confusa. Tutto ciò a cui non aveva voluto pensare ora era lì davanti, in un enorme calderone di speranze ed insicurezze.
“Io davvero… non…”
“Certo che lo sai. In fondo, lo sai come lo so io. Tu saresti un’ottima madre, Vic!”
E ne era convinto. Forse per la prima volta Damiano si rendeva conto che non c’era nessun’altra donna al mondo che avrebbe scelto come madre dei suoi figli.
Victoria fu come colpita da una freccia invisibile. Quelle parole erano pesanti per lei, che stava lottando da giorni contro se stessa per prendere la decisione più difficile della sua vita.
L’uomo parve leggerle nel pensiero e un po’ si pentì di aver dato libero sfogo alle proprie speranze. Si spostò appena per mettersi di fronte a lei, cercando le sue mani per fermare il suo sguardo sfuggente.
“Va bene ascolta, basta così. Non voglio farti pressioni. Ok… forse un pochino. Ma le mie carte sono tutte scoperte qui sul tavolo: io lo voglio, voglio stare con te, non faccio altro che pensarci da… beh da sempre! E ci sarò… qualunque sia la tua scelta, io sarò lì, non mi perderai… ma te prego: pensace. Famme ‘sto favore, non dare per scontato che sia impossibile, che non abbiamo alcuna possibilità, perché ce l’abbiamo. E se dentro di te, anche solo una minuscola parte lo desidera come lo desidero io, allora ascoltala perché rischiamo di pentircene per il resto della nostra vita.”
Ecco, lo aveva detto finalmente e sapeva che sì, le stava facendo pressioni, le stava chiedendo di stravolgere la loro intera esistenza e di mandare in fumo anni e anni di lavoro. Vic non lo avrebbe permesso, lei era così fedele alle sue scelte e ai suoi obiettivi, era una cazzo di macchina da guerra, che non si sarebbe fatta fermare da un ostacolo come quello. Ma un bambino era un ostacolo? Lo era davvero?
“Sei ingiusto. Non puoi farlo. Non puoi venire qui a dirmi che tu lo desideri e scaricare tutta la colpa su di me… E poi che vuol dire che lo desideri? Da quando? Fino all’altro giorno ti saresti gettato da questa finestra, piuttosto che avere un figlio ed ora? Come puoi chiedermi questo?"
“Perché è importante, cazzo! Perché siamo tu ed io e questa è la nostra ultima possibilità. Lo capisci di cosa stiamo parlando? È un figlio, Vic… è come il nostro album più bello! È la nostra famiglia!”
Damiano sentiva un groppo in gola. Stava per cedere.
“Non basta un bambino per fare una famiglia!”
La sentì ribattere con una nota rabbiosa nella voce.
“Certo che non basta. Ma noi siamo già una famiglia… Tu ed io. Sei sempre stata la mia famiglia.”
Si bloccò, vedendola chiudersi come se non volesse ascoltarlo. Se ne stava lì davanti a lui, chiusa in se stessa come se fosse un riccio. Evitava ostinatamente il suo sguardo, quegli occhi profondi e indagatori che avevano il potere di scavarle nel profondo dell’anima. Non voleva cedere, farsi vedere debole e vinta come in realtà si sentiva in quel preciso momento.
“… E guardami almeno quando ti parlo!” La rimproverò bonariamente, avvicinandosi al suo viso come a volerle impedire di fuggire.
“Ti sto guardando.”
La sentì ribattere con quel tono di sfida, che in realtà tradiva un turbine di emozioni sepolte. Alzò su di lui uno sguardo carico di astio ma entrambi sapevano che quegli occhi blu come i mari del nord non avevano segreti per Damiano. C’era cresciuto dentro quello sguardo, lo amava più d’ogni altra cosa e sapeva leggerne le più intime sfumature.
Si sentiva ferito da lei, dal suo raccontarsi bugie per la paura di provare ad amarlo. Tutto ciò che desiderava era stringerla a sé e piangere. Lui che aveva lottato tutta la vita per uscire da quello stereotipo dell’uomo che non deve chiedere mai, l’uomo tutto d’un pezzo, che non deve farsi vedere debole di fronte alla gente, si ritrovava a dover ricacciare indietro la voce e le proprie fragilità per non ferirla ulteriormente.
Si avvicinò di qualche centimetro, sfiorandola appena. Sentiva la forza di attrazione dei loro corpi, sempre la stessa, sempre elettrica ed impalpabile. Perché doveva essere tutto così difficile? Perché non potevano essere semplicemente felici per una notizia così bella?
Come previsto lei si ritirò, senza colmare il piccolo spazio che separava le loro labbra. Distolse il suo sguardo e slegò le mani dalle sue, spezzando la magia.
Damiano si abbandonò di nuovo accanto a lei, come svuotato di ogni emozione. Perché non poteva amarla? Poi la sentì tirare su con il naso e la vide nascondere il viso, prima che il suo corpo fosse scosso di nuovo dai singhiozzi. Che poteva farci? Che doveva fare con lei?
“Vie’ qua…” Sussurrò, cingendola con un braccio intorno alle spalle. Non poteva vederla in quello stato, l’amava ancora troppo. Controllò l’orologio, erano quasi le undici di sera, troppo tardi per rimettersi in macchina e sicuramente troppo presto per prendere una decisione così importante e sofferta. Infine si tolse le scarpe, sistemandosi meglio contro la parete dietro di lui e avvicinò il suo volto ai capelli di lei, inspirandone il profumo come se fosse una sorta di droga. Era lì che voleva stare, proprio lì di fianco a lei per tutta la notte. Per sempre.
“Shhh… nun piagne, principé… sistemeremo tutto, vedrai…”


Spazio autore

Ecco, ci ho messo tutto direi. Lo so, è lunghissimo e pesante ma poteva essere una one shot nella mia testa. Ditemi se è troppo e ricordo sempre che è tutto immaginato e tutto frutto della mia fantasia, anche se è scritto in modo che sembri verosimile. Sono ben consapevole che sono persone reali e che hanno una vita e delle relazioni vere, quindi non è mia intenzione offendere nessuno e sarò pronta a cancellare qualsiasi cosa riteniate eccessiva o offensiva.
I prossimi capitoli saranno gli ultimi, non ho idea di cosa vi aspettiate, spero che mi farete sapere.
A presto.

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