Capitolo 9

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Qualcuno riconoscerà la situazione che sta alla base di questo capitolo. Ci tengo a sottolineare come altre volte che è solo uno spunto per la trama della storia, che è assolutamente frutto della mia fantasia. Grazie per chi sta leggendo e soprattutto grazie a chi mi fa sapere che ne pensa, mi aiuta a capire se è il caso di continuare o se è meglio che lasci perdere. Buona lettura.

Victoria era stravolta. Le lanciò un'occhiata apprensiva, vedendola sistemarsi il rimmel sbavato prima di mettersi in posa per l'ennesima foto. Ormai la conosceva abbastanza da distinguere il suo viso leggermente gonfio, gli occhi che le bruciavano per il troppo trucco e la mancanza di sonno ma lei continuava a sorridere e firmare autografi ad ognuno dei fan, accorsi per salutarli. Certo, erano tutti esausti ma lei lo sembrava di più quella sera e poteva ben capirla, il tour de force per la promozione del nuovo album era diventato estenuante. Non facevano altro che entrare ed uscire da stanze d'albergo, togliendo e mettendo trucco e cambiandosi outfit coordinati alla perfezione. Damiano non immaginava che sarebbe mai arrivato il giorno, in cui avrebbe smesso di divertirsi ma purtroppo si stava rendendo conto che la magia si stava esaurendo. Era quella fottuta mancanza di riposo, unita alla costante necessità di essere gentili, lucidi, presentabili, performanti a tutte le ore del giorno e della notte. Anche le interviste, ormai tutte così uguali e noiose, stavano diventando un problema: lui e Vic si destreggiavano nelle solite risposte di sempre, saltandosi sulla voce con il loro inglese sempre più accurato. Lei aveva quel brutto vizio di intervenire sempre, interrompendolo e prendendo tutta l'attenzione su di sé; l'uomo odiava quando ciò accadeva ma al tempo stesso non poteva fare a meno di pensare che nessuno avrebbe saputo rispondere meglio di lei.
Sorrise all'ennesima ragazza, che si stava scattando un selfie con lui e d'un tratto la sua attenzione fu attirata da alcuni schiamazzi indistinti. Non potevano essere le urla dei fans, i quali erano accalcati tutti intorno a loro, eccitati ma composti. In un primo momento non era riuscito a distinguere le parole ma presto si rese conto che si trattava di goffe e alquanto maleducate avance indirizzate alla collega, la quale cercava di ignorare la situazione nel suo modo compassato ed elegante. Fu allora che li vide: due uomini biondi di mezza età e visibilmente ubriachi si erano avvicinati pericolosamente per attirare l'attenzione di Vic. Erano parole straniere, che Damiano non riusciva a comprendere ma era chiaro che non erano complimenti lusinghieri. Uno di loro le aveva chiesto un autografo, approfittando della vicinanza per sfiorare il viso della bassista con il dorso della mano.
Si innervosì all'istante: come si permetteva di toccarla? Che cazzo aspettavano i ragazzi della crew ad allontanarli? Era una mancanza di rispetto, un'invasione di campo.
Vic rimaneva impassibile ma Damiano poteva riconoscere tutto il disagio e l'imbarazzo nel suo sguardo fiero e questa era la vera molla che lo faceva sempre scattare. Anche Thomas lì accanto si mosse con nervosismo, forse senza riuscire a capire appieno ciò che stava accadendo. Il cantante tentò di resistere, si morse le labbra, voleva trattenersi mentre le fans lì intorno cercavano di intervenire per mandare via i due malcapitati. Cercò con tutto se stesso di controllarsi ma il guizzo della mascella non riusciva a mentire a chi osservava la scena. Infine scoppiò e sbottò in un inglese molto meno british del solito.
"That's enough, guys..."
Non voleva suonare così minaccioso ma le sue parole furono accompagnate da uno sguardo di fuoco, che non avrebbe permesso repliche. Chiunque lì intorno sapeva che se c'era una cosa da non fare in sua presenza, era proprio provocarlo, mancando di rispetto ad una donna. Soprattutto se questa donna era Victoria.
I due uomini parvero leggermente sconcertati dal suo avvertimento ma continuarono con le loro oscenità e furono subito subissati dagli insulti dei fan presenti, prima che i ragazzi della crew li scortassero gentilmente lontano da lì.
Damiano era sicuro che il fumo gli uscisse dalle orecchie, lo sguardo preoccupato di Thomas gli diceva di calmarsi: non poteva certo dare in escandescenze di fronte a tutta quella gente. Ma come potevano pensare che continuasse a sorridere e baciare dei perfetti sconosciuti, che potevano permettersi di fare ciò che volevano in qualsiasi momento? Aveva bisogno di calmarsi, di allontanarsi per una sigaretta. Doveva prendere un po' d'aria lontano da lì ma la sola idea di abbandonare il suo posto al fianco di Vic lo faceva sentire male. Fu allora che il tocco leggero della ragazza riuscì ad attirare la sua attenzione. Il suo sguardo supplichevole, gli chiedeva di fermarsi. Doveva gestire la rabbia, doveva rimanere calmo per lei, per i fan e per i ragazzi, che ora sembravano agitati quanto lui. Era come un linguaggio in codice tra due genitori, che volevano solo il bene dei loro figli e cercavano di proteggerli dalle brutture del mondo e spesso era proprio così che si sentiva Damiano: un padre putativo, un leader, un uomo in grado di proteggere il suo branco e di sacrificarsi per esso. Mentre lei, beh... Vic era mamma Maneskin e su questo non c'erano mai stati dubbi.
Avevano terminato le foto non senza fatica ed avevano finalmente raggiunto l'ingresso dell'hotel. Damiano aveva un sonno tremendo ma si rendeva conto di rimanere nella hall in attesa che lei si decidesse a salire. La stava aspettando quasi inconsciamente, voleva solo assicurarsi che stesse bene, che entrasse nella sua camera sana e salva. Erano saliti lentamente, trascinando i piedi sulle rampe di scale e l'aveva scortata fino alla porta della sua stanza con finta nonchalance.
"332...È questa? Me stavo a sbajà tanto so tutte uguali!" Scherzò lei con quella voce un po' roca, che le veniva sempre quando era stanca. "Ma te nun stavi co' gli altri al piano fumatori?"
Victoria non voleva farsi vedere provata o solo stanca ma questa volta l'uomo non era incline a fingere che andasse tutto bene. La guardò con insistenza, costringendola a contraccambiarlo e parlò.
"Voglio solo essere sicuro che vada tutto bene."
"Ma va tutto bene...".
Gli rispose lei, con un gesto della mano, come a voler dire che non era successo nulla di male.
"Non va tutto bene..." Questa volta Damiano non le permise di scherzare, né di allontanarsi ma la affrontò a muso duro, seguendo l'istinto che gli diceva di non mentire più. Era troppo importante. "Non devi per forza essere sempre quella forte." Le aveva sfiorato un braccio, senza nemmeno accorgersene e quel breve contatto gli diede come una inaspettata scarica elettrica lungo la schiena.
"Ma smettila..." Vic alzò gli occhi al cielo e si liberò con una leggera scrollata di spalle. Era pronta per scappare dentro la stanza, Damiano poteva sentire quanto fosse sulle spine.
Senza nemmeno sapere come le tolse la mano dalla maniglia e la strinse delicatamente. Era fredda e leggermente sudata, così piccola in confronto alla sua. Abbassò la voce, convinto che non avrebbe mai avuto il coraggio di pronunciare di nuovo quelle parole. "Lo pensavo davvero quello che ho detto oggi nell'intervista. Te sei una forte... Anzi sei la persona più forte che io abbia mai conosciuto. Ma non devi esserlo per forza, non devi incassare ogni colpo e trattenere tutto quanto. Ti vedo che ci stai male per quello che è successo... e c'hai ragione, cazzo è stata una mancanza di rispetto... ehi no..." La trattenne, intuendo che stava scalpitando per andarsene. "... Non puoi scappare sempre. Devi saperlo che non sei sola, che non devi affrontare tutto da sola. Che stiamo combattendo insieme questa battaglia e ogni battaglia che vorrai... Non ti devi vergognare mai con me. Mai..."
Ora Vic sarebbe potuta scappare per davvero ma i suoi occhi di cristallo rimanevano ancorati a quelli di lui ed erano colmi di lacrime, che non avrebbe mai lasciato sfogare. Damiano non riusciva a muovere un muscolo, si sentiva così combattuto tra la voglia atavica di baciarla e la consapevolezza di non voler rovinare un momento tanto delicato.
Fu lei a distogliere lo sguardo per prima, abbassandolo dai suoi occhi alle sue labbra. Bastò solo una frazione di secondo prima di sentire il tocco leggero e morbido su di esse. Era un bacio così inaspettato che l'uomo aveva la sensazione di essersi dimenticato come funzionava. Che fare? Si sentiva sull'orlo di un precipizio e sapeva che, se avesse lasciato libero l'istinto, questa volta non sarebbe più riuscito a fermarsi. Poi sentì l'inaspettato sapore salato di una lacrima infilarsi tra le loro labbra e capì che tutto era perduto. La strinse a sé, affondando le mani nei suoi capelli di miele, mentre i loro corpi rispondevano all'unisono senza la possibilità di arrestarli. La porta si spalancò alle loro spalle e scivolarono dentro la stanza, rischiando di cadere ad ogni passo di quella danza sconnessa e forsennata. Era come una enorme, prorompente, impensabile catarsi arrivata al momento di massima tensione emotiva per entrambi. Avevano cercato di resistere all'attrazione per così tanto, che pensavano di aver sopito quell'istinto magico. Ma ora Damiano era lì e sentiva forte l'urgenza di liberarla da quegli abiti firmati, scelti con tanta cura. Aveva bisogno di sentire il contatto della sua pelle morbida e calda, di esplorare le linee della sua schiena fino ad arrivare all'incavo del collo, che sapeva di buono; voleva indugiare su quel seno sodo e perfetto, accarezzarlo, baciarlo, pizzicarlo e poi perdersi nei suoi capelli selvaggi, che ora gli oscuravano la visuale e si infilavano in bocca mentre continuava a baciare ogni centimetro del suo corpo.
Quanto aveva atteso quel momento e quanto stava correndo tutto troppo veloce? Era così eccitato ma aveva paura di rovinare tutto con lei. Cercò di staccarsi e di riprendere il controllo per ammirarla, per assaporare ogni istante.
Voleva davvero farlo? Se ne sarebbe pentita?
"No, Vic..."
Si sentì dire, con la voce resa roca dal desiderio.
Lei si fermò, sorpresa. Lo sguardo felino, pericoloso ed eccitato.
"No...?!"
Gli chiese, incerta di aver udito davvero quelle parole. Dovevano fermarsi? Dovevano fare un passo indietro per non rovinare di nuovo tutto? Stavano facendo un errore enorme. Un errore dal quale non si poteva tornare indietro.
Damiano rimase immobile per qualche secondo: lei era nuda, una valchiria bionda a cavalcioni su di lui. Sentiva il cuore pulsargli forte nelle orecchie ed il proprio respiro incontrollato.
Si sarebbe fermata, sarebbe bastata una sua parola e lei si sarebbe alzata, gli avrebbe passato la sua camicia e se ne sarebbe andata. La vide scostarsi i capelli dal viso e per un attimo rivide la sua ragazzina con le gonne lunghe e gli occhialoni da diva, la sua bimba sullo skate e allora tutta la paura e le incertezze svanirono. L'attirò di nuovo a sé, baciandola avidamente, assaporandola con un desiderio ormai incontrollabile. Non era sicuro che lei volesse farlo o forse era lui ad aver accumulato negli anni una serie di paranoie a riguardo. Aveva il segreto terrore di farle del male, che lei non gli dicesse ciò che voleva da lui, aveva paura di non soddisfarla o di essere troppo irruento. Voleva che fosse perfetto, voleva essere delicato ed attento, avrebbe rispettato i suoi tempi e le sue regole. Ed invece fu lei che a quel punto prese l'iniziativa, sorprendendolo ancora una volta. Era così bella lì sopra di lui, i loro corpi finalmente uniti sembravano rispondere allo stesso richiamo, come se aspettassero quel momento dalla nascita.
Era stato un amplesso breve, urgente, forsennato, selvatico ed era stato diverso da come lo immaginava, diverso da tutto il resto. Era stato come una detonazione, come un salto nel vuoto, una iniezione di adrenalina pura.
Ora che erano lì esausti, stretti ancora l'uno sopra l'altro, mentre cercava di normalizzare il proprio respiro e riprendersi con un minimo di dignità, Damiano si rese conto che Vic era diventata una vera donna, una donna magnifica, che lui non aveva mai pensato di riuscire a vivere completamente come in quel momento di massima perfezione.
La sentì muoversi piano per spostarsi al suo fianco e finalmente la guardò negli occhi. Aveva ancora i resti delle lacrime di poco prima, mescolati al rimmel sbavato. Le scostò i capelli umidi con la paura che qualsiasi parola avrebbe rovinato quel momento.
"Abbiamo fatto una cazzata, vero?!"
Disse lei con un filo di voce, cercando conferma negli occhi di lui.
L'uomo sorrise appena, perdendosi nel suo sguardo ed annuì, continuando ad accarezzarle i capelli.
"Me sa de sì... viè qua..."
Le baciò la tempia, stringendola poi forte a sé.
Quante conseguenze avrebbe avuto quel singolo momento di follia? Tante che non riusciva nemmeno a metterle in fila: il gruppo, il tour, le loro fidanzate, le loro famiglie e i loro cuori distrutti.
Cercò di dire una cosa qualsiasi per farla sentire meglio, senza avere il coraggio di lasciar andare la stretta per paura di perderla, come un sogno che evapora al mattino. E così disse l'unica cosa che in quel momento aveva un senso per lui. L'unica che gli veniva dritta dal cuore.
"Quanto te amo, Victò..."

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