Capitolo 35

518 24 17
                                    

Lanciò l'ennesima occhiata al display con ansia crescente. Perché nessuno gli diceva nulla?
Controllò di nuovo l'ultimo messaggio che aveva mandato a Leo, la spunta era blu, quindi doveva averlo visualizzato. E allora perché non rispondeva??
Si accese quella che doveva essere la millesima sigaretta, cercando di distrarsi con la piccola Chili, che se ne stava lì accanto a lui, tutta intenta a masticare il suo osso. Meglio quello che le sue scarpe da ginnastica, era già il terzo paio che gli rovinava con i suoi dentini da piranha. Sbuffò appena, buttando fuori lentamente una nuvola di fumo. Che cazzo, tutti i suoi buoni propositi con le sigarette erano già andati in fumo, appunto ma come poteva stare calmo in un momento del genere?
Erano passate già tre ore da quando l'aveva salutata davanti a casa di lei e se n'era tornato nel suo appartamento. Aveva cercato in tutti i modi di convincerla, voleva che lei gli permettesse di accompagnarla all'appuntamento ma Victoria non aveva voluto sentire ragioni. Sarebbe stato troppo pericoloso farsi vedere insieme; nonostante la clinica privata fosse in un posto lontano e il personale altamente professionale e molto discreto, sapeva che gli obiettivi erano sempre in agguato quando si trattava di lui. Ricordava ancora le schiere di paparazzi appostati giorno e notte fuori dal suo appartamento, solo per carpire le immagini della sua fidanzata segreta.
Ma di che si lamentava poi? Non era forse quella la vita da rockstar che aveva sempre sognato? Se c'era una cosa che Damiano sapeva di se stesso fin da bambino, era che non voleva essere uno qualsiasi, un ragazzo come tanti. Ma ora, ora avrebbe tanto voluto essere un perfetto sconosciuto libero di muoversi indisturbato, libero di scendere da un'auto qualsiasi per entrare in un palazzo qualsiasi. Libero di starle accanto solo per un giorno. Anche ad Amburgo si era dovuto nascondere, anche allora aveva dovuto scappare come un ladro da un'uscita secondaria, lasciandola sola con il peso della sua decisione nel cuore. Era stato difficile nascondersi e ancora di più lo era stato nascondere le reali condizioni di Vic, che gli aveva imposto di mentire non solo con la stampa ma anche con le loro famiglie. Del resto che senso aveva dire la verità a quel punto? Tanto valeva dare la colpa allo stress, alla stanchezza, a un'indigestione... a qualsiasi cosa di abbastanza vago da giustificare quello che avevano dichiarato essere stato solo un calo di pressione.
Solo Thomas ed Ethan sapevano. Lo avevano accolto con le espressioni più preoccupate e tristi che avesse mai visto. Erano mortificati per non aver capito, per essere stati tenuti lontani dall'amica ed anche ora si sentivano persi, vedendo il loro leader così visibilmente distrutto per ciò che era successo e ciò che sarebbe stato. Thomas aveva cercato di mettersi in contatto con lei, nonostante Damiano gli avesse chiesto di lasciar perdere, ma Victoria aveva il telefono spento e lo aveva tenuto così per ore, rifiutando qualsiasi interazione con il mondo esterno.
Da allora Damiano aveva ricominciato ad avere gli incubi. Il suo sonno era agitato e senza riposo. Mille domande si intrecciavano, mille pensieri e paure.
E se fosse stato diverso? Se fosse stato tutto un errore? Se lui fosse stato più convincente? Forse aveva avuto troppa paura delle complicazioni, forse Vic aveva solo bisogno di qualcuno che l'affrontasse a muso duro e le dicesse in faccia che il gruppo non aveva alcuna importanza di fronte a quella decisone e che ne avrebbe risentito comunque e per sempre. O forse era anche lui in bilico, forse la sua incredibile fame di successo gli aveva fatto perdere di vista ciò che era veramente importante? Se si fosse accontentato di meno, di una popolarità meno internazionale, le cose sarebbero andate diversamente? Forse non si sarebbero mai amati. O forse sì, forse non lo avrebbero potuto evitare nemmeno se fossero stati due ragazzi qualsiasi in una Roma qualsiasi, perché ormai aveva la sensazione che il suo destino fosse indissolubilmente legato a quell'angelo biondo.
Si tormentava Damiano, rimuginando sugli stessi pensieri da giorni. Victoria lo aveva tenuto lontano, costringendolo a tornare in Italia con gli altri per evitare facili gossip. E lui lo aveva fatto con il cuore gonfio di angoscia e senso di colpa. Se n'era andato, lasciandola sola con Gaia.
Era assurdo come il destino si stesse accanendo contro di loro. Proprio quando pensava di averla convinta, quando si era deciso ad uscire allo scoperto e ad affrontare gli ostacoli di quella nuova ed eccitante avventura insieme, ecco che tutto veniva spazzato via.
Vic era così spaventata, a nulla erano servite le sue parole, né quelle della dottoressa: lei aveva firmato per le dimissioni un paio di giorni dopo e aveva preso il primo volo per rientrare a Roma. Avevano già perso una data per colpa sua, non avrebbe permesso che tutto andasse a rotoli solo perché lei era una stupida irresponsabile. Damiano non aveva potuto nascondere la propria collera ma allo stesso tempo era così preoccupato per la sua salute, che avrebbe preferito che tutto finisse il più in fretta possibile.
Era rientrata in tarda serata, accompagnata solo dall'assistente e da un autista. Damiano l'aveva aspettata sotto casa con il cuore in gola, sperando forse che avesse cambiato idea ma si era scontrato con un muro, che cercava di tenerlo lontano per non vederlo soffrire ma soprattutto per non dargli la possibilità di instillare in lei il dubbio. Le aveva preso la valigia e l'aveva accompagnata di sopra in silenzio. Le aveva fatto quelle dannate e ormai inutili punture e le aveva preparato la pasta che piaceva tanto a lei. Vic non aveva mangiato granché, si era messa subito a letto e gli aveva dato le spalle. Damiano non le aveva nemmeno chiesto se poteva rimanere, era implicito che non l'avrebbe lasciata sola in quel momento. A notte inoltrata si era svegliato per uno dei suoi incubi e l'aveva sentita piangere in silenzio; non aveva avuto il coraggio di dirle niente, l'aveva solo abbracciata e aveva pianto insieme a lei fino che non si erano riaddormentati.
La capiva, capiva che non aveva senso rischiare di portare a termine una gravidanza già così difficile e potenzialmente pericolosa. E capiva anche che non era solo egoismo il suo; Damiano sapeva che era tutt'altro: era la paura di distruggere tutto per un suo desiderio, benché questo fosse il più umano dei desideri. Come era solita fare in ogni situazione, Vic voleva rimanere forte e fedele a se stessa; in tutta coscienza non poteva dire di biasimarla ma in fondo al proprio cuore Damiano sapeva che le stava permettendo di commettere un grave errore. Lui lo desiderava quel bambino ma ancora di più desiderava che lei fosse felice e forse quello era il primo atto di vero amore, che aveva fatto nei suoi confronti: accettarla così, accettare le sue scelte. Non poteva forzarla ad amarlo o a condurre una vita che non sentiva sua ma lui l'amava, di questo ormai era assolutamente certo, così come era certo che i suoi problemi non sarebbero finiti con quella giornata terribile. Sì perché, che Victoria lo volesse o no, lui non avrebbe continuato a tacere, vivendo in una menzogna.
Il giorno successivo Vic era andata in clinica da sola e sempre da sola aveva affrontato la visita di controllo prima di decidere se procedere con l'interruzione di gravidanza. Era stato allora che il ginecologo aveva constatato l'assenza del battito fetale. Poteva essere accaduto in qualsiasi momento dopo le dimissioni, anche se lei non aveva avuto sintomi forse per via delle medicine. Victoria non aveva reagito, era rimasta fredda, come se si aspettasse quell'esito infausto. Aveva rifiutato il colloquio con la psicologa, limitandosi a fissare l'appuntamento per il raschiamento, necessario in questi casi. La verità era che pensava di meritarlo, perché in fondo lei non lo aveva mai voluto quel bambino e non aveva fatto nulla per proteggerlo come avrebbe dovuto. Aveva camminato fino alla macchina come un automa, senza guardare in faccia nessuno per paura di essere riconosciuta. Una volta arrivata gli aveva mandato un semplice messaggio, poi era rientrata a casa, per spogliarsi e buttarsi sotto la doccia. Damiano era corso subito nel suo appartamento e l'aveva trovata così, immobile sotto il gettò dell'acqua, proprio come pochi giorni prima in quel residence di montagna. Era entrato anche lui nella doccia completamente vestito ed era rimasto lì, abbracciato a lei, per un tempo imprecisato. Victoria non piangeva. Non ci riusciva nemmeno, era come sotto shock. Si sentiva in colpa per aver desiderato di interrompere la gravidanza e soprattutto di non aver seguito le istruzioni della dottoressa. Erano sensazioni così contrastanti, erano i desideri, le delusioni, dolore e rabbia per aver sfiorato la felicità solo per una frazione di secondo.
Avevano passato insieme la notte più lunga della loro vita, senza chiudere occhio, con la sicurezza di aver perso ogni cosa e la voglia di trattenerlo ancora per un po'. Quella mattina Vic era tornata in clinica per procedere con l'intervento e lui era rimasto così, solo, con il rimorso di non avere fatto di più ed il ricordo di quegli occhi azzurri quasi liquidi, due occhi terribili che gli lanciavano uno sguardo vuoto attraverso il finestrino dell'auto, prima di sparire alla sua vista.
Il telefono suonò improvvisamente, facendolo trasalire.
"Sì!!"
Rispose a bruciapelo, senza lasciare terminare il primo squillo. Si accorse che aveva la voce particolarmente bassa, forse aveva fumato troppo.
"È andato tutto bene."
La voce di Leo lo sollevò di qualche centimetro, come se gli avesse tolto un enorme masso da sopra le spalle.
"Sì... Oddio, grazie... Grazie al cielo!" Si sentì dire in un unico sospiro. "E lei? Lei dov'è? L'hai vista?"
"No, non mi hanno fatto entrare. Sono in macchina, nel parcheggio... Credo che debba rimanere in osservazione per qualche ora, poi te la riporto a casa sana e salva."
"Cazzo, scusa... Scusa Lé, non pensavo che ti lasciassero fuori... io..."
Si sentiva così in colpa, aveva chiesto all'amico di accompagnarla, dal momento che lui non poteva farsi vedere in giro. Si fidava di quel ragazzo come di se stesso e sapeva che la sua fiducia non era mal riposta.
"Non dirlo nemmeno... lo sai..."
"Lo so. Vorrei solo esserci io lì... Era agitata?"
"Mah no, non direi... Lo sai com'è fatta Vic, ha sdrammatizzato fino all'ultimo."
Già, chi lo sapeva meglio di lui? Era così quella matta di Vic, anche quando si cagava sotto dalla paura, cercava sempre di mascherarla con quel suo modo unico di buttarla in caciara. Damiano aveva però la terribile sensazione che qualcosa si fosse rotto irrimediabilmente in lei dopo quell'esperienza.
"Mi fai chiamare non appena esce? O magari se senti Fra, dille di chiamarmi prima. Ho bisogno di sentire la sua voce..."
"La voce di chi?"
Il sangue gli si gelò nelle vene. Non ebbe il coraggio di voltarsi subito, ben sapendo che l'avrebbe trovata lì, stupenda nel suo abitino bianco, che le lasciava scoperte le gambe tatuate e le metteva in mostra il seno prorompente.
"Scusa Lé, adesso te devo salutà... ti chiamo dopo... ciao... ciao... "
Giulia aveva già posato la borsetta sul divano ed ora stava armeggiando in cucina.
"Aiuto, c'era un caldo infernale oggi sul set. Se non bevo subito mi scioglierò qui sul pavimento..." Disse, aprendo il frigorifero e versandosi un bicchiere d'acqua.
"Non pensavo tornassi prima di domani..." Non voleva sembrare così scortese ma era la verità, sperava di rimanere solo ancora per quella notte, forse solo per raggiungere Vic ed assicurarsi che stesse bene, prima di compiere il grande passo ed affrontare la fidanzata.
"Perché ti dispiace? Sono riuscita a spostare uno shooting così da tornare in tempo per passare la serata insieme. E gli altri, scusa? Oggi non provate?"
"No, oggi pausa..." L'uomo rimase volutamente sul vago. Ormai non si vedevano quasi più, si evitavano educatamente cercando di rimandare un confronto ormai inevitabile. Che le cose non andassero bene era risaputo ma avevano mantenuto in piedi quella situazione, forse per quieto vivere o forse solo per codardia.
"Pausa? Ma se manca pochissimo alla partenza. Non vi starete ammosciando un po' troppo?" Giulia si sedette accanto a lui, levandosi gli stivali ed accucciandosi con la testa sulla sua spalla. Era un gesto normale, che un tempo faceva parte della loro quotidianità ma che a Damiano sembrò quasi una invasione di campo. Si irrigidì all'istante.
"Avevano tutti da fare... devono, beh... sistemare le ultime cose. Lello e Thom stanno cercando quel pezzo della pedaliera da secoli...."
Diceva cose senza senso, solo per distogliere l'attenzione da sé e dalla sua espressione visibilmente sconvolta.
"Ah, quindi anche Vic è con loro?"
Perché? Perché parlare di Vic? Loro non parlavano più di Vic. D'un tratto Damiano ebbe la sicurezza che lei sapesse ogni cosa. Si alzò dal divano per avvicinarsi al bancone della cucina quasi al rallentatore, solo per mettere un po'di distanza tra di loro. Si sentiva come se gli avessero appena lanciato un gavettone di acqua ghiacciata.
"No... aveva un impegno."
Prese a sua volta un sorso dal bicchiere abbandonato dalla ragazza. Porca puttana quanto era difficile! Odiava quella situazione, odiava che lei fosse lì proprio in quel momento e odiava mentire e fingere ancora. E aveva paura. Una paura fottuta di gettare al vento quattro anni della sua vita in un istante ma si sentiva un verme, fermo lì dentro, come nascosto in una tana mentre il suo posto era altrove.
Ma poi, era davvero sicuro di volerlo fare? In fondo Vic gli aveva già detto più volte che tra di loro non sarebbe cambiato nulla. E come avrebbe potuto? Aveva deciso di rinunciare a loro figlio e di mettere la parola fine a qualsiasi possibilità di stare insieme. Poi lei era così impulsiva, sguaiata, così bambina, così diversa da Giulia. Ma non era forse per quello che gli piaceva così tanto? Perché Vic era lei, era un uragano, un mare profondo, era forte e pragmatica, non si piangeva addosso ma conservava il suo animo puro.
"Quindi ti tocca fare il baby sitter anche oggi?" Gli chiese la ragazza con aria fintamente scocciata, accennando alla piccola Chili, che ora se la stava prendendo con le frange del tappeto proprio lì accanto.
Damiano non avrebbe saputo dire il perché ma quel tono lo infastidì un poco.
"Sì, non poteva portarla con sé e Joy aveva già un lavoro importante."
"Strano... Pensavo si fossero lasciate da un pezzo per Luigi..."
"Non si sono lasciate..." Il suo tono monocorde riusciva a stento a mascherare l'agitazione.
"Ok... E comunque non ha una famiglia, a cui lasciarla? Nica? Suo padre? Forse doveva pensarci prima di prendere un cane, gli animali non sono dei pacchi che puoi prendere e lasciare a chiunque. Si deve essere responsabili... ma poi, di che stiamo parlando? Si sa com'è fatta Victoria!"
Lo diceva così, tanto per dire. O forse no, forse era il suo ennesimo modo di marcare il territorio, che diventava impellente quando si nominava la bassista. Thomas gli diceva sempre che secondo lui la sua ragazza era manipolativa. Che cazzo voleva dire poi manipolativa? Che lo comandava senza che lui se ne accorgesse? Beh, forse a lui piaceva farsi comandare da Giulia, non in quel momento però, quando il solo nome di Vic pronunciato dalle sue labbra rosse gli procurava il voltastomaco.
"Se avesse potuto, l'avrebbe portata, non trovi? E poi mi sono proposto io di occuparmi di lei... tra poco gliela riporto..."
Si accorse di essere stato acido senza motivo.
"Ok... ma non scaldarti."
Rispose lei, prendendolo un po' in giro mentre si avviava verso la camera da letto.
"Non mi scaldo. È che sembra ti dia fastidio..."
"Non mi dà fastidio. Eh... piccoletta. Allora dopo vengo anch'io, così ci facciamo una passeggiata insieme, ok?!" Questo era assolutamente fuori questione. Ora glielo avrebbe detto. Ora l'avrebbe guardata in faccia e le avrebbe detto che era finita. "Adesso vado a farmi una doccia veloce e poi avrei un mezzo impegno con Chiara, sai quella mia amica... Quella che ha comprato quel negozietto... Se ti va possiamo lasciare il cane da Vic e poi uscire insieme per un aperitivo con lei e il suo ragazzo, che ne dici?!"
Damiano annuì ma non stava nemmeno ascoltando. Quando la vide sparire dietro alla porta della camera da letto, si accasciò su uno degli sgabelli lì accanto. Si sentiva svuotato, colpevole. Giulia sembrava sempre così vivace, accomodante con quel cazzo di carattere perfetto e questo rendeva tutto ancora più difficile. Perché aveva aspettato così tanto? Si era dato scuse su scuse per non affrontarla e non capiva se perché l'amava davvero così tanto o forse perché aveva paura della sua reazione. Era brava Giulia a farlo sentire in colpa, la più brava che avesse mai incontrato.
Che fare?
Ora se ne stava lì immobile, spettinato e in mutande. Avrebbe dovuto almeno fare una doccia e vestirsi, così da potersi rendere presentabile ma l'unica cosa che riusciva a fare era fissare quel maledetto display in attesa di una telefonata. Se fosse stato l'uomo sincero che diceva di essere, avrebbe aspettato che lei uscisse e le avrebbe detto tutta la verità. Le avrebbe parlato con franchezza del tradimento, del bambino e dell'aborto e poi le avrebbe parlato dei sentimenti che lo legavano ad un'altra donna, la quale in realtà non lo aveva mai voluto e ancora non lo voleva. Le avrebbe detto che in fondo aveva ragione lei, che si era ingannato da solo per tutti quegli anni. Che le loro non erano solo esigenze di scena, che quel legame era puro e profondo e indissolubile e lui aveva provato, provato e riprovato a soffocare i suoi sentimenti ma aveva fallito.
Tutti quei pensieri furono spazzati via in un solo istante dalla vibrazione improvvisa del telefono.
Vic.
Eccola. Era proprio lei.
Respirò a fondo prima di rispondere, sapeva di doversi mostrare calmo e invece stava tremando.
"Pronto."
"Ciao..."
La voce era la sua ma non sembrava lei. Per un attimo fu catapultato indietro di anni, quando lui e Victoria si erano appena conosciuti e lei tentava a tutti i costi di mascherare la propria ansia davanti agli altri. Le loro anime si parlavano già allora e non c'era nulla che potessero fare per zittirle.
"Ehi... " Era come se qualcosa si fosse sciolto in lui: la tensione o forse il suo stesso cuore. Si sforzò di mettere insieme almeno due parole. "Come ti senti?"
Era una domanda così stupida ma che altro avrebbe potuto dire?
"Bene..."
Non era un bene credibile. Vic aveva pianto o forse era ancora sotto l'effetto dell'anestesia.
"Fra è con te?"
"Sì, tra poco la cacceranno per tutto il baccano che fa."
Damiano sorrise senza sapere il perché. Era triste che lei cercasse di farlo sorridere in un momento simile. Si sentiva incredibilmente inutile e sbagliato. Era tutto finito. Non poteva ancora crederci.
"Quando ti dimettono?"
Si accorse di parlare sottovoce, aveva paura che Giulia potesse sentirlo e si sentì ancora più un verme.
"Non lo so... Tra poco, spero..."
"Ascolta, faccio ancora in tempo a raggiungerti. Vengo lì e tornamo a casa insieme!"
Non sapeva nemmeno lui perché lo aveva detto. Tutto ciò che sapeva era che non ce la faceva più a starsene lì dentro ad aspettare. Aveva questa urgenza irrefrenabile di vederla, di stringerla, di guardarla negli occhi e dirle che lo sapeva, che la capiva e che con lui non doveva nascondersi mai. Si era alzato di scatto in cerca delle chiavi della macchina, come se fosse una decisione già presa e anche Chili si era alzata, pensando che probabilmente l'avrebbe portata fuori.
"No, eravamo d'accordo... e poi penso che non tornerò a casa. Magari rimarrò da Fra. Non voglio che nessuno mi veda o faccia troppe domande..."
Damiano protestò, non poteva pensare davvero di stare fuori quella notte. Lui aveva bisogno di vederla.
"Ma chi se ne frega degli altri?? Ora te vengo a prenne e te riporto dritta a casa co' me!"
Farfugliò lui, incespicando nelle parole.
"Non puoi venire. Lo sai... Stai tranquillo, ti telefonerò non appena sarò uscita..."
"Certo... tranquillo... " La interruppe l'uomo forse con troppo impeto. "Come fai a dirmi di stare tranquillo? Tu sei lì, sola..."
"Non sono sola." Puntualizzò subito la ragazza proprio come si sarebbe aspettato.
"A Victò, io sto a sbroccà qui dentro!! Hai sempre fatto tutto de testa tua fin dall'inizio... E mi sta bene, mi va bene, ok!? Non voglio incolparti di nulla adesso ma non puoi continuare ad escludermi da tutto quanto! Non puoi pretendere che io me ne stia qui, zitto e buono come se non c'entrassi un cazzo di niente! M'hai cacciato via dall'ospedale come se fossi un cazzo di sconosciuto. Hai la più vaga idea di come mi sia sentito? Di come me sentivo mentre stavi su quer fottuto aereo ed io ero qui??"
"Avresti preferito che rimanessi ad Amburgo? Forse se..." Sembrava decisa ma lui non riusciva più a fermarsi e le saltò sulla voce.
"Lo sai benissimo cosa avrei preferito!!"
Silenzio. Calò un silenzio assordante, che racchiudeva tutto quanto, tutte le speranze e le rinunce.
Damiano continuò, certo di aver esagerato. "E Mò nun me venì a dì che nun è vero, che tu nun lo volevi quanto me... Che adesso non c'hai bisogno de nessuno e tutte le tú solite cazzate. Lo sai chi dovrebbe esserci lì con te adesso? Io! Io cazzo... Non Fra, non Leo... Io!!"
Stava gridando davanti alla porta di casa pronto ad aprirla per andarsene.
"Che fai, esci già?"
La voce di Giulia lo immobilizzò. Non si era nemmeno accorto di essersi infilato un paio di pantaloncini da basket e una giacca di pelle, per recuperare le chiavi della macchina e macinare quei pochi chilometri che lo separavano dalla clinica.
Damiano alzò sulla ragazza uno sguardo colpevole, chiunque avrebbe capito che stava succedendo qualcosa di grave, figuriamoci lei, che lo conosceva da una vita.
"Sì..." Rispose serio e pronto a vuotare il sacco.
"No!!!"
La voce disperata dall'altro capo del telefono, non lasciava spazio a repliche.
L'uomo si ritrovò fermo sulla porta, come preso tra due fuochi. Che doveva fare? Seguire l'istinto o cercare di recuperare un barlume di lucidità. La sua risposta era palese, gli rimbombava forte nella testa. Il suo posto non era lì, aveva già rinunciato a troppe cose.
"Solo un attimo..."
Fece un cenno alla fidanzata, cercando di appartarsi verso il giardino, mentre Vic continuava a parlargli dall'altro capo del telefono. La sua voce sembrava impastata, come se non fosse del tutto lucida ma conservava ugualmente il suo piglio autoritario.
"No Damiano. Non verrai. Non voglio! Mi hai sentito bene? Non farlo! Non ti permetterò di fare una simile cazzata proprio adesso che... che..."
L'uomo si richiuse la porta del terrazzo alle spalle e si rese immediatamente conto che Vic tratteneva a stento le lacrime.
"Devo dirglielo prima o poi!"
"Dirle cosa? Cosa?? Tanto è tutto finito... è finita! Basta! Te prego, lasciame stà..."
Ora stava piangendo ed era un pianto silenzioso e carico di dolore e vergogna. Damiano sentì una fitta al cuore, non avrebbe mai voluto arrivare a quel punto. Forse non si rendeva conto di quanto Victoria potesse essere vulnerabile in quel preciso momento. La riusciva ad immaginare perfettamente, lontana e così piccola in un letto d'ospedale proprio come in Germania.
"Ok... ascolta... ok, ora calmati. Amò... ce sei?"
Il pianto dall'altro capo del telefono era così sommesso da non essere quasi udibile. "Vic!?"
Silenzio.
"Te prego, dimme quarcosa, Vic..." Ora si sarebbe messo a piangere anche lui. Sentiva come se tutti i suoi nervi fossero pronti a cedere.
"Damiano scusa, sono Fra. Vic non vuole più parlare." Francesca doveva aver preso in mano il telefono dell'amica ed ora gli parlava sottovoce, quasi non volesse farsi udire proprio da lei. "Cerca di capire... è appena successo, è ancora molto dolorante e a dire la verità, non è tanto in sé in questo momento. Lo sai com'è fatta..."
Certo che lo sapeva.
"È proprio perché la conosco che so che ha bisogno de me. Devo vederla, Fra." Si limitò a dire lui, senza riuscire a formulare nessun altro pensiero.
"Ci siamo noi con lei. E poi... mettiti nei suoi panni, tu sei lì con chi sai tu... Come puoi pensare che ti voglia vedere?"
"Parlerò con Giulia."
"Sé... vabbé... Mò le parli... "
Fu la risposta sarcastica di Francesca, come a voler sottolineare che avrebbe dovuto farlo molto tempo prima.
"Davvero, ora. Lo farò ora. Dammi il tuo indirizzo e mi faccio trovare lì in quanto... un'ora? Due?"
Era deciso, nessuno l'avrebbe smosso dalle sue convinzioni.
Francesca sospirò con rassegnazione.
"Dobbiamo aspettare il medico per la lettera, ti faccio sapere tra poco."
Si salutarono in un bisbiglio complice. Francesca lo odiava apertamente, non aveva mai fatto mistero di non tollerare l'ambiguità del suo rapporto con Victoria. Lei che la conosceva fin da bambina, spesso diventava iperprotettiva nei confronti dell'amica e tendeva a non apprezzare le gioie della popolarità. Diversamente da Gaia, che invece li seguiva e poteva osservare le loro dinamiche da vicino, Fra aveva preferito mantenere sempre un certo distacco dal frontman. Ora però l'uomo aveva la tacita sensazione che qualcosa fosse cambiato, che si fosse instaurata una sorta di alleanza tra di loro per il solo bene di Vic.
Riagganciò il telefono e prese un profondo respiro. Era arrivato il momento, doveva parlare. Aprì la portafinestra con una lentezza incredibile e si fermò al centro del grande salone. La signora delle pulizie aveva appena riordinato il casino che aveva lasciato la sera prima quando aveva mollato tutto per correre da Vic, sperava solo che non scendesse e non assistesse a quella scena patetica.
"Amore allora, sei pronto?"
Giulia si stava infilando i suoi orecchini di fronte al grande specchio. Odiava quando glieli rubava senza chiedere il permesso. Per un attimo si fermò a pensare che tutte le cose importanti gli succedevano sempre davanti agli specchi, forse per metterlo di fronte a se stesso.
"Beh... ma non vorrai uscire così?"
La ragazza lo squadrò da capo a piedi con un mezzo sorriso dolce, come a voler criticare il suo outfit strampalato.
"Giu, dobbiamo parlare."

Spazio autore

Lo so che mi odierete perché ho rovinato tutto ma purtroppo ho pensato che fosse il prezzo da pagare per una storia verosimile. Non pensate male, anche per me sono bellissime le ff in cui i protagonisti stanno insieme e vivono per sempre felici e contenti ma nella realtà sono molto più comuni queste situazioni. Ovviamente devo sempre specificare che è tutto frutto della mia fantasia e che se ho offeso qualcuno o urtato la sua sensibilità, basterà dirmelo anche in privato e provvederò a cancellare tutto. Forse adesso si capisce perché non sapevo se pubblicare o no. Spero di non essere stata indelicata.
A domani con il nuovo capitolo, che vi avverto già, sarà anche l'ultimo.
Grazie grazie grazie per aver scelto di leggere fino a qui.



AmandotiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora