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Il cellulare suona in piena notte, destandomi da un sonno profondo. Sul display appare il nome di Adam. "Sto portando Laura in ospedale. Ha le contrazioni. Ci siamo" avverto il panico nella sua voce. "Sei già in auto?". "No, sto preparando la borsa per Laura. Tra poco parto". "Va bene, ti raggiungo all'ospedale. Hai avvertito Tom?". Lui dice che non è riuscito a rintracciarlo. "Ok, lo chiamo io. Ci vediamo tra poco". Chiedo a Tom di passarmi a prendere. Devo decisamente acquistare una macchina, anche una di seconda mano, con cinquantamila chilometri sulle spalle. Mi va bene. Tom è da solo, alla guida della sua Audi. "Allora ci siamo. È arrivato il momento".

"A quanto pare" commento, grattandomi il mento. Siamo in ospedale in venti minuti, e avvicinandoci all'infermiera chiediamo dove si trova Laura. Prima che possa risponderci, Adam avanza verso di noi dal corridoio nel reparto di ginecologia. "Non le restava una settimana?". "A quanto pare il bambino ha voluto anticipare i tempi..." ha le mani sui fianchi, il respiro affannoso "...non so se ce la faccio, ragazzi". "Ce la farai..." risponde Tom, mettendogli la mano sulla spalla "...devi farcela, perché tra sette mesi dovrai dare una mano a me". Tutti e tre sogghigniamo.

"Perché non sei dentro con lei?". "C'è sua madre. La conosco bene e non si sarebbe mai persa un momento simile. L'ostetrica non vuole altre persone" si siede di peso sulla sedia, portandosi le mani nei capelli. "Incredibile. Non posso nemmeno assistere alla nascita del mio primo figlio". Ci sediamo accanto a lui, confortandolo. "Dove sono le vostre donne?".

"Emma ha dovuto lavorare ieri pomeriggio, e non ho voluto svegliarla. Le ho lasciato un post-it". Adam guarda me. "E la mia non l'ho contattata. Non ci ho pensato". Loro due si guardano, rivolgendosi un'occhiata scettica. È vero, non ci ho pensato. Avevo altre cose per la testa, e alle tre di notte, quando il tuo migliore amico ti chiama nel più completo panico, non stai a pensare alla fidanzata strana. Aspettiamo in sala d'attesa, ansiosi e felici. Un dottore ci raggiunge, e sfilandosi la mascherina richiama Adam. "Lei è il marito?".

"Sì, mi dica se mia moglie e mio figlio stanno bene". "Stanno bene..." sorride, mostrando due fossette ai lati della bocca "...sono entrambi in perfetta salute. Vuole vederli?". Adam annuisce, seguendo il dottore nella sala parto. Tom resta immobile, al che gli domando come si sente. "Questo capiterà anche a me".

"Presto, sì" gli do una pacca sulla spalla, invitandolo a seguirmi al piano di sotto a prendere un caffè. Solo quando sono seduto al tavolo, decido di contattare la mia ragazza per dirgli che sono in ospedale. Lei mi risponde in pochi minuti, tanto che mi ritrovo a guardare che ore sono. Le cinque. "Sono davvero molto contenta per i tuoi amici. Vuoi che ti venga a prendere?".

"Sto con Tom, restiamo qui ancora per un po'...". "D'accordo. Avvertimi quando sei a casa". Clicco il pulsante destro del cellulare, lasciandolo spento. Ci scoliamo i due espressi per poi ritornare al reparto. Adam esce dalla stanza, un sorriso soddisfatto ed emozionato gli occupa tutta la faccia. "Volete vederlo?". Annuiamo, seguendolo nel reparto di neonatologia. Oltre il vetro, ritroviamo una decina di neonati nelle culle di vetro.

𝐕𝐎𝐘𝐄𝐔𝐑 | 𝙂𝙪𝙞𝙡𝙩𝙮 𝙋𝙡𝙚𝙖𝙨𝙪𝙧𝙚 (𝟏) 𝘾. 𝙀.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora